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Internet & Technology Law Review
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Ultime Pubblicate
Thursday 15 October 2020
Giudice di pace: No al deposito con PEC o con raccomandata on line.
Processo civile telematico - Giudice di pace - Deposito degli atti - Posta elettronica certificata o mediante invio di raccomandata on line - Esclusione.
Il deposito degli atti dinanzi gli uffici del Giudice di pace non può avvenire mediante posta elettronica certificata o mediante invio di raccomandata on line ai server delle poste italiane, non essendo per tali uffici intervenuta la normativa ministeriale previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione.
Nel giudizio dinanzi al giudice di pace non è ancora efficace la disciplina del processo telematico, sicché è necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformità, in virtù del potere appositamente conferito al difensore dalla L. n. 53 del 1994, art. 6 e art. 9, commi 1 bis e 1 ter. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. II, 29 September 2020, n. 20575.
Thursday 01 October 2020
Obbligo di rimozione dei contenuti lesivi del diritto alla reputazione commerciale.
Procedimento d’urgenza per recensioni di natura diffamatoria - Ordinanza cautelare - Ricorso ex art. 700 c.p.c. - Art. 15, 16, 17 D.lgs. n. 70 del 9.04.2003.
Il diritto alla reputazione commerciale prevale sul diritto alla critica nel momento in cui quest’ultima non si limita a semplici giudizi negativi, impressioni soggettive o sentimenti di disagio relative ad una attività commerciale, bensì si trasformi in accuse su fatti specifici di notevole gravità sul piano etico e giuridico. A fronte alla contestazione della parte ricorrente e della richiesta di rimozione dei suddetti commenti, si forma in capo al provider l’obbligo di intervento e di rimozione dei contenuti, così come configurato dall’art. 16 del D.lgs. n. 70 del 9.04.2003. (Paolo Maselli) (riproduzione riservata)
Tribunale Roma, 21 September 2020.
Thursday 24 September 2020
Nullo il deposito dell'atto processuale effettuato mediante PEC inviata alla cancelleria senza il rispetto delle prescritte regole tecniche.
Atti processuali introduttivi - Regime previgente al deposito telematico - Deposito dell'atto a mezzo PEC - Mancato rispetto delle regole tecniche - Nullità - Sanatoria per raggiungimento dello scopo - Esclusione.
Anche nel regime anteriore a quello che ha previsto la facoltà di deposito telematico degli atti introduttivi processuali, l'uso della PEC per detto deposito presuppone comunque l'impiego delle particolari modalità strumentali prescritte dalle regole tecniche per il processo civile telematico stabilite con il d.m. n. 44 del 2011, in quanto poste a garanzie del raggiungimento dello scopo dell'atto, sicché il deposito dell'atto processuale effettuato mediante PEC inviata alla cancelleria senza il rispetto delle prescritte regole tecniche, integra una nullità non sanabile ai sensi dell'art. 156 c.p.c.
[La Corte ha disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52]. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 23 July 2020, n. 15771.
Friday 11 September 2020
La Corte di giustizia annulla il Privacy Shield che disciplina il trasferimento di dati personali tra UE ed USA.
Rinvio pregiudiziale – Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7, 8 e 47 – Regolamento (UE) 2016/679 – Articolo 2, paragrafo 2 – Ambito di applicazione – Trasferimento a fini commerciali di dati personali verso paesi terzi – Articolo 45 – Decisione di adeguatezza della Commissione – Articolo 46 – Trasferimento soggetto a garanzie adeguate – Articolo 58 – Poteri delle autorità di controllo – Trattamento da parte delle pubbliche autorità di un paese terzo, a fini di sicurezza nazionale, dei dati trasferiti – Valutazione dell’adeguatezza del livello di protezione garantito in un paese terzo – Decisione 2010/87/UE – Clausole tipo di protezione per il trasferimento di dati personali verso paesi terzi – Garanzie appropriate offerte dal titolare del trattamento – Validità – Decisione di esecuzione (UE) 2016/1250 – Adeguatezza della protezione garantita dallo scudo Unione europea-Stati Uniti per la privacy – Validità – Denuncia di una persona fisica i cui dati sono stati trasferiti dall’Unione europea verso gli Stati Uniti.
1) L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), deve essere interpretato nel senso che rientra nell’ambito di applicazione di tale regolamento un trasferimento di dati personali effettuato a fini commerciali da un operatore economico stabilito in uno Stato membro verso un altro operatore economico stabilito in un paese terzo, nonostante il fatto che, durante o in seguito a tale trasferimento, i suddetti dati possano essere sottoposti a trattamento da parte delle autorità del paese terzo considerato a fini di sicurezza pubblica, di difesa e sicurezza dello Stato.
2) L’articolo 46, paragrafo 1, e l’articolo 46, paragrafo 2, lettera c), del regolamento 2016/679 devono essere interpretati nel senso che le garanzie adeguate, i diritti azionabili e i mezzi di ricorso effettivi richiesti da tali disposizioni devono garantire che i diritti delle persone i cui dati personali sono trasferiti verso un paese terzo sul fondamento di clausole tipo di protezione dei dati godano di un livello di protezione sostanzialmente equivalente a quello garantito all’interno dell’Unione da tale regolamento, letto alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. A tal fine, la valutazione del livello di protezione garantito nel contesto di un trasferimento siffatto deve, in particolare, prendere in considerazione tanto le clausole contrattuali convenute tra il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento stabiliti nell’Unione e il destinatario del trasferimento stabilito nel paese terzo interessato quanto, per quel che riguarda un eventuale accesso delle autorità pubbliche di tale paese terzo ai dati personali così trasferiti, gli elementi rilevanti del sistema giuridico di quest’ultimo, in particolare quelli enunciati all’articolo 45, paragrafo 2, di detto regolamento.
3) L’articolo 58, paragrafo 2, lettere f) e j), del regolamento 2016/679 deve essere interpretato nel senso che, a meno che esista una decisione di adeguatezza validamente adottata dalla Commissione europea, l’autorità di controllo competente è tenuta a sospendere o a vietare un trasferimento di dati verso un paese terzo effettuato sulla base di clausole tipo di protezione dei dati adottate dalla Commissione, qualora detta autorità di controllo ritenga, alla luce del complesso delle circostanze proprie di tale trasferimento, che le suddette clausole non siano o non possano essere rispettate in tale paese terzo e che la protezione dei dati trasferiti richiesta dal diritto dell’Unione, segnatamente dagli articoli 45 e 46 di tale regolamento e dalla Carta dei diritti fondamentali, non possa essere garantita con altri mezzi, ove il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento stabiliti nell’Unione non abbiano essi stessi sospeso il trasferimento o messo fine a quest’ultimo.
4) Dall’esame della decisione 2010/87/UE della Commissione, del 5 febbraio 2010, relativa alle clausole contrattuali tipo per il trasferimento di dati personali a incaricati del trattamento stabiliti in paesi terzi a norma della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, come modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2016/2297 della Commissione, del 16 dicembre 2016, alla luce degli articoli 7, 8 e 47 della Carta dei diritti fondamentali non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiarne la validità.
5) La decisione di esecuzione (UE) 2016/1250 della Commissione, del 12 luglio 2016, a norma della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull’adeguatezza della protezione offerta dal regime dello scudo UE-USA per la privacy, è invalida. (Andrea Antognini) (riproduzione riservata)
Corte Giustizia UE, 16 July 2020, n. .
Friday 19 June 2020
In cosa consiste il diritto all'oblio.
Diritto all’oblio - Definizione - Persistente pubblicazione “on line” di notizia di cronaca - Diritto alla deindicizzazione - Condizioni - Fattispecie.
Il diritto all'oblio consiste nel non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, ma la tutela del menzionato diritto va posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica, sicchè nel caso di notizia pubblicata sul "web", il medesimo può trovare soddisfazione anche nella sola "deindicizzazione" dell'articolo dai motori di ricerca. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nel disporre senz'altro la cancellazione della notizia relativa ad una vicenda giudiziaria mantenuta "on line", non aveva operato il necessario bilanciamento tra il diritto all'oblio e quelli di cronaca giudiziaria e di documentazione ed archiviazione). (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 19 May 2020, n. 9147.
Saturday 11 April 2020
Protezione dei dati personali: distinzione dal diritto alla riservatezza e bilanciamento del diritto all’oblio con il diritto all’informazione.
Diritto alla protezione dei dati personali – Diritto all’autodeterminazione informativa – Distinzione rispetto al diritto alla riservatezza – Bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco
Diritto alla protezione dei dati personali – Diritto all’oblio – Bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco – Limitazioni al diritto all’oblio – Diritto alla conoscenza
Diritto alla protezione dei dati personali – Diritto all’oblio – Deindicizzazione – Aggiornamento dei dati – Bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco – Limitazioni al diritto all’oblio – Tutela della rilevanza storico-sociale della notizia.
Il diritto alla protezione dei dati personali deve essere inteso come diritto al potere dell’interessato di controllare i propri dati consapevolmente, secondo il principio dell’autodeterminazione informativa. Tale potere, che trova il suo fondamento primo, per diritto nazionale, nella norma dell’art. 2 della Costituzione, ha spazio concettuale e operativo distinto dal diritto alla riservatezza, che si collega invece alla tutela dell’intimità della propria vita contro ingerenze esterne.
Nel caso in cui la permanenza di una notizia in un archivio informatico di una testata giornalistica, -caratterizzato da un’accessibilità diffusa ed indifferenziata-, comporti un vulnus tale alla reputazione dell’interessato da minare in misura apprezzabile l’esercizio dei diritti fondamentali dello stesso in ambito relazionale, il diritto alla conoscenza, ad essere informato e ad informare di cui all’art. 21 della Costituzione, trova il limite del bilanciamento con il diritto all’oblio, quale forma di estrinsecazione del diritto alla protezione dei dati personali.
Può considerarsi misura idonea a bilanciare il diritto all’oblio con il diritto all’informazione la deindicizzazione della notizia unitamente all’aggiornamento della notizia stessa: il dato pubblicato, così, viene conservato, ma viene reso accessibile non più tramite gli usuali motori di ricerca, bensì esclusivamente nell’archivio storico della testata giornalistica. In questo modo, bilanciando i contrapposti interessi in gioco, vengono garantiti, altresì, la totale sovrapponibilità tra l’archivio cartaceo e quello informatico del medesimo quotidiano nonché il diritto della collettività a potere ricostruire vicende di rilevanza storico-sociale. (Maria Claudia Dolmetta) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 27 March 2020, n. 7559.
Saturday 25 April 2020
Persistente pubblicazione di notizia di cronaca risalente nel tempo e diritto all'oblio.
Archivio storico "on line" di un quotidiano - Persistente pubblicazione di notizia di cronaca risalente nel tempo - Diritto all'oblio - Condizioni - Fattispecie.
E' lecita la permanenza di un articolo di stampa nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria, che abbiano ancora un interesse pubblico di tipo storico o socio-economico, purché l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti e reperibile solo attraverso l'archivio storico del quotidiano, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda degli eredi di un imprenditore deceduto, tesa ad ottenere la cancellazione dall'archivio "on line" di un quotidiano, dell'articolo che si riferiva ad inchieste giudiziarie in ordine a fatti penalmente rilevanti commessi dal defunto). (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 27 March 2020, n. 7559.
Wednesday 29 January 2020
La consegna a terzi delle credenziali di accesso al conto corrente on line con omissione di qualunque successivo ulteriore controllo esclude la responsabilità della banca.
Conto corrente bancario – Consegna a terzo di credenziali di accesso – Omesso successivo controllo – Responsabilità della banca – Esclusione ex art. 1227, comma 2 cc.
Deve escludersi ai sensi dell’art. 1227, comma 2 cpc la responsabilità della banca per gli ammanchi sul conto corrente del cliente che, senza di ciò informare l’istituto di credito, abbia consegnato a un terzo le credenziali di accesso al proprio conto corrente on line, omettendo, poi, per anni qualunque verifica dell’andamento del conto. Ciò in quanto la verifica dell’andamento del conto corrente e la comunicazione degli ammanchi alla banca avrebbe del tutto evitato il danno. (massima ufficiale)
Tribunale Milano, 08 January 2020.
Wednesday 18 December 2019
Ricorso per cassazione: produzione di copia del provvedimento impugnato priva della attestazione della data di deposito della sentenza.
Ricorso per cassazione – Onere di produzione della copia autentica del provvedimento impugnato – Copia priva della attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza – Inammissibilità del ricorso.
E’ improcedibile il ricorso per cassazione ove, in luogo della copia autentica del provvedimento impugnato, sia stata depositata una copia analogica, munita di firma digitale, che reca nel testo la data di stesura del provvedimento indicata dall’estensore e certificata dall’avvocato come conforme alla copia informatica dell’atto presente nel fascicolo informatico del procedimento dal quale è stata estratta priva della attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza.
Occorre infatti distinguere nettamente, anche nel processo telematico, la formazione digitale del documento-sentenza da parte del giudice che, apposta la firma digitale, lo trasmette all’ufficio di cancelleria, e la successiva attività di deposito della sentenza che è rimessa al cancelliere: solo dal compimento di tale attività, che rende pubblicamente ostensibile la decisione, si determina gli altri effetti processuali, tra i quali la decorrenza del termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c.
Deve pertanto essere condiviso il principio secondo cui in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. lungo di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati.
[Nella specie la ordinanza collegiale impugnata, depositata dal ricorrente reca soltanto la firma digitale del presidente del collegio e del consigliere estensore, senza la attestazione di deposito del Cancelliere e il numero identificativo della ordinanza che ne attesti la pubblicazione e l’inserimento nel relativo registro. Non viene peraltro in soccorso la disposizione del D.L. 18 ottobre 2010, n. 179, art. 16 bis, comma 9 bis, conv. in L. n. 221 del 2012 -introdotta dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 52, comma 1, lett. a), conv. con mod. in L. 11 agosto 2014, n. 114- che stabilisce la equivalenza all’originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del giudice "anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale", essendo appena il caso di osservare come la norma attribuisca al difensore il potere di certificazione pubblica delle "copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico") ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario di cancelleria relativa alla "pubblicazione" del provvedimento.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 29 November 2019, n. 31214.
Friday 11 October 2019
Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati che compaiono in pagine web.
Rinvio pregiudiziale – Dati personali – Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati che compaiono in pagine web – Direttiva 95/46/CE – Regolamento (UE) 2016/679 – Motori di ricerca su Internet – Trattamento dei dati contenuti nei siti web – Categorie di dati specifiche di cui all’articolo 8 di tale direttiva e agli articoli 9 e 10 di tale regolamento – Applicabilità dei suddetti articoli al gestore di un motore di ricerca – Portata degli obblighi di tale gestore alla luce dei suddetti articoli – Pubblicazione dei dati in siti web a soli fini di giornalismo o di espressione artistica o letteraria – Incidenza sul trattamento di una domanda di deindicizzazione – Articoli 7, 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea .
Le disposizioni dell’articolo 8, paragrafi 1 e 5, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, devono essere interpretate nel senso che i divieti o le restrizioni riguardanti il trattamento di categorie particolari di dati personali, di cui alle suddette disposizioni, si applicano, fatte salve le eccezioni previste dalla stessa direttiva, anche al gestore di un motore di ricerca nell’ambito delle sue responsabilità, competenze e possibilità, quale responsabile del trattamento effettuato durante l’attività di tale motore di ricerca, in occasione di una verifica compiuta da tale gestore, sotto il controllo delle autorità nazionali competenti, a seguito di una richiesta presentata dalla persona interessata.
Le disposizioni dell’articolo 8, paragrafi 1 e 5, della direttiva 95/46 devono essere interpretate nel senso che, in base ad esse, il gestore di un motore di ricerca, in linea di principio, è tenuto ad accogliere, fatte salve le eccezioni previste da tale direttiva, le richieste di deindicizzazione riguardanti link che rinviano a pagine web nelle quali compaiono dati personali rientranti nelle categorie particolari contemplate da tali disposizioni.
L’articolo 8, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che, in conformità di tale articolo, un gestore del genere può rifiutarsi di accogliere una richiesta di deindicizzazione ove constati che i link controversi dirigono verso contenuti che comprendono dati personali rientranti nelle categorie particolari di cui all’articolo 8, paragrafo 1, ma il cui trattamento è incluso nell’eccezione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera e), sempre che tale trattamento risponda a tutte le altre condizioni di liceità poste dalla suddetta direttiva e salvo che la persona interessata abbia, in forza dell’articolo 14, primo comma, lettera a), della medesima direttiva, il diritto di opporsi a detto trattamento per motivi preminenti e legittimi, derivanti dalla sua situazione particolare.
Le disposizioni della direttiva 95/46 devono essere interpretate nel senso che il gestore di un motore di ricerca, quando riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante un link verso una pagina web nella quale sono pubblicati dati personali rientranti nelle categorie particolari di cui all’articolo 8, paragrafi 1 o 5, di tale direttiva, deve – sulla base di tutti gli elementi pertinenti della fattispecie e tenuto conto della gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali della persona interessata al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – verificare, alla luce dei motivi di interesse pubblico rilevante di cui all’articolo 8, paragrafo 4, della suddetta direttiva e nel rispetto delle condizioni previste in quest’ultima disposizione, se l’inserimento di detto link nell’elenco dei risultati, visualizzato in esito ad una ricerca effettuata a partire dal nome della persona in questione, si riveli strettamente necessario per proteggere la libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tale pagina web mediante una ricerca siffatta, libertà che è sancita all’articolo 11 della Carta.
Le disposizioni della direttiva 95/46 devono essere interpretate nel senso che
– da un lato, le informazioni relative a un procedimento giudiziario di cui è stata oggetto una persona fisica e, se del caso, quelle relative alla condanna che ne è conseguita costituiscono dati relativi alle «infrazioni» e alle «condanne penali» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, della suddetta direttiva, e
– d’altro lato, il gestore di un motore di ricerca è tenuto ad accogliere una richiesta di deindicizzazione vertente su link verso pagine web, nelle quali compaiono le suddette informazioni, quando queste ultime si riferiscono ad una fase precedente del procedimento giudiziario considerato e non corrispondono più, tenuto conto dello svolgimento di quest’ultimo, alla situazione attuale, nei limiti in cui si constati, nell’ambito della verifica dei motivi di interesse pubblico rilevante di cui all’articolo 8, paragrafo 4, della stessa direttiva, che, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti della fattispecie, i diritti fondamentali della persona interessata, garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, prevalgono su quelli degli utenti di Internet potenzialmente interessati, protetti dall’articolo 11 di tale Carta. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Corte Giustizia UE, 24 September 2019, n. .
Friday 24 May 2019
La diffida o la domanda giudiziale non sono sufficienti per obbligare alla rimozione dei contenuti illeciti dalla rete.
Servizi delle società dell’informazione - Responsabilità in materia di c.d. “caching” - Art. 15 del d.lgs. n. 70 del 2003 - Obbligo di rimozione di contenuti - Condizioni.
Nell'ambito dei servizi delle società dell'informazione, la responsabilità in materia di eliminazione dei contenuti nell'ambito del c.d. "caching", attività consistente nel trasmettere su una rete di comunicazione informazioni fornite da un destinatario del servizio, disciplinata dall'art. 15 del d.lgs. n. 70 del 2003, sussiste in capo al prestatore di servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, quando l'autorità amministrativa o giurisdizionale gli abbiano intimato di procedervi; diversamente, al prestatore del servizio che fornisca una mera attività neutrale di "caching", la legge non richiede di rimuovere spontaneamente determinati contenuti sol perché reso edotto della loro natura illecita mediante una diffida extragiudiziale o la proposizione di una domanda giudiziale. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 19 March 2019, n. 7709.
Tuesday 22 January 2019
PCT: nulla la riassunzione cartacea, la costituzione nella prima fase del processo esclude però la contumacia.
Processo telematico - Comparsa di riassunzione - Deposito - Modalità cartacea - Inammissibilità - Contumacia - Esclusione.
La comparsa di riassunzione che si inserisce all’interno di un processo già avviato, rispetto al quale le parti risultano costituite in precedenza, deve sottostare, come tutti gli atti endoprocessuali, all’obbligo del deposito telematico a pena di inammissibilità della stessa, analogamente a quanto si prevede per tutti gli atti endoprocessuali non depositati telematicamente. (Claudio Pirola) (riproduzione riservata)
Tale inammissibilità della comparsa non determina la contumacia della parte atteso che il processo, tempestivamente riassunto in seguito a declaratoria di incompetenza territoriale, continua dinanzi al giudice dichiarato competente, e pertanto la costituzione della parte, avvenuta nella prima fase del processo, conserva la sua efficacia. (Claudio Pirola) (riproduzione riservata)
Tribunale Cremona, 08 January 2019.
Saturday 16 March 2019
Notifica telematica dopo le ore 21 e scissione degli effetti tra notificante e destinatario.
Processo civile – Notificazioni telematiche – Scissione degli effetti tra notificante e destinatario – Notifica eseguita dopo le ore 21.00.
Il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 septies, conv. con modif. dalla L. n. 221 del 2012, non prevede la scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il destinatario, espressamente disposta, invece, ad altri fini, dall'art. 16 quater dello stesso D.L., ritenendosi quindi tardiva la notifica del ricorso per cassazione affermando che si era perfezionata, sia per il notificante che per il notificato, il giorno successivo a quello di scadenza del termine per l'impugnazione, poichè eseguita dopo le ore 21 di quest'ultimo giorno.
In tema di notificazione con modalità telematica, il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 septies, conv. con modif. nella L. n. 221 del 2012, si interpreta nel senso che la notificazione richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 3, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo, secondo la chiara disposizione normativa, intesa a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica senza condizionare irragionevolmente quello del mittente.
[Nella specie, la S.C. ha ritenuto tardiva la notifica del ricorso per cassazione perchè la ricevuta di accettazione recava un orario successivo alle ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l'impugnazione]. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 04 December 2018, n. 31257.
Saturday 01 December 2018
Produzione di materiale pedopornografico e reato di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p..
Produzione di materiale pedopornografico - Reato di cui all'art. 600-ter, comma 1 c.p. - Accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale - Necessità - Esclusione.
Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600-ter, primo comma, n. 1), cod. pen., con riferimento alla condotta di produzione di materiale pedopornografico, non è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, l'accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione Sez. Un. Penali, 15 November 2018, n. 51815.
Friday 01 February 2019
La non fallibilità della start up innovativa anche a seguito della cancellazione dal Registro delle Imprese.
Fallimento – Assoggettabilità a fallimento della Start Up innovative – Start up innovativa – Esenzione – Cancellazione dal Registro delle Imprese – Applicabilità dell’art. 31 del D.L. 179/2012.
La perdita del beneficio dell’esenzione dalle procedure concorsuali di cui all’art. 31 del D.L. 179/2012 non viene meno con la cancellazione tout court della start up innovativa dal Registro delle Imprese. (Andrea Corbelli) (Cesare Codecà) (riproduzione riservata)
Appello Bologna, 24 October 2018.
Thursday 20 September 2018
I messaggi sui social destinati a gruppi chiusi devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile.
Chat pubbliche e private – Messaggi destinati ad un gruppo ristretto – Corrispondenza privata, chiusa e inviolabile.
I messaggi che circolano attraverso le nuove "forme di comunicazione", ove inoltrati non ad una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come appunto nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile e tale caratteristica è logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria, ove anche intesa in senso lato, che presuppone la destinazione delle comunicazioni alla divulgazione nell'ambiente sociale
[Nel caso di specie, la conversazione tra gli iscritti al sindacato era da essi stessi intesa e voluta come privata e riservata, uno sfogo in un ambiente ad accesso limitato, con esclusione della possibilità che quanto detto in quella sede potesse essere veicolato all'esterno (tanto che ciò è avvenuto per mano di un anonimo), il che porta ad escludere qualsiasi intento o idonea modalità di diffusione denigratoria.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 10 September 2018, n. 21965.
Wednesday 20 June 2018
Siti pirata: l’internet provider è tenuto a impedire l’accesso ai contenuti illeciti segnalati dall’avente diritto.
Proprietà intellettuale – Illecita divulgazione online di pubblicazioni oggetto di altrui diritto esclusivo di sfruttamento economico – Procedimento cautelare – Legittimazione passiva dell’internet service provider – Necessità di specifica segnalazione delle singole violazioni da parte del titolare del diritto.
È compatibile con il divieto dell’obbligo generale di sorveglianza, proporzionata e allo stesso tempo efficace, una misura che ordini agli internet service provider di impedire l’accesso ai contenuti già accertati illeciti - perché relativi alla comunicazione al pubblico, senza autorizzazione dell’avente diritto, dei diritti esclusivi sulla proprietà intellettuale.
Tale ordine, per essere compatibile con il divieto di un obbligo generale di sorveglianza, deve però essere subordinato a una specifica segnalazione del titolare dei diritti, con indicazione specifica dei siti ove sono riscontrate le violazioni relative agli illeciti che sono già stati accertati dal giudice nelle loro modalità estrinseche. Solo successivamente alla specifica segnalazione della violazione agli ISP, questi, compiute le verifiche del caso, saranno tenuti ad adottare le misure tecniche, volta a volta necessarie a impedire la reiterazione degli illeciti. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Tribunale Milano, 18 June 2018.
Thursday 26 July 2018
L’e-mail fa piena prova se colui contro cui è prodotta non ne contesta la conformità ai fatti in essa rappresentati.
Prova civile – E-mail – Non contestata quanto alla conformità ai fatti rappresentati – Valore probatorio – Affermazione.
L’e-mail, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’art.2712 c.c., e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. [Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza d’appello che ha riconosciuto l’esistenza di un contratto di fornitura e del conseguente credito azionato in sede monitoria sulla base di uno scambio di mail tra i rappresentanti di due società, mail non contestate quanto alla loro provenienza e testuale contenuto.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 14 May 2018, n. 11606.
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