Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 459 - pubb. 01/07/2007

Onere della prova dell'investitore nel conflitto di interessi e nesso di causalità

Tribunale Milano, 10 Gennaio 2007. Est. Silvia Brat.


Intermediazione finanziaria – Rifiuto dell’investitore di fornire informazioni sulla propria propensione al rischio e situazione finanziaria – Obbligo dell’intermediario di valutazione ed eventuale disincentivazione dell’investimento – Sussistenza.

Intermediazione finanziaria – Compilazione della scheda-cliente – Dovere del mandatario di verificare la congruità dell’operazione – Sussistenza.

Intermediazione finanziaria – Giudizio risarcitorio – Inversione dell’onere della prova – Onere probatorio del cliente – Nesso di causalità.

Intermediazione finanziaria – Conflitto di interessi – Onere della prova – Contenuto.



L’obbligo di valutazione e di eventuale disincentivazione dall’investimento non viene meno, né è attenuato nell’ipotesi di rifiuto del cliente di fornire informazioni circa la propensione al rischio e la situazione finanziaria, prima della stipulazione del contratto quadro, come previsto dall’art. 28, reg. CONSOB n. 11522/98. A tale proposito, va ricordato che la CONSOB, pur avendo sottolineato che il regolamento non impone alcuna specifica modalità di assolvimento dell’obbligo, con comunicazione n. 30396 del 21 aprile 2000, ha raccomandato agli intermediari di “non sollecitare in alcun modo il rifiuto dell’investitore di fornire le informazioni richieste”. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La mera compilazione della scheda-cliente non esonera l’intermediario dal dovere di verificare pur sempre la congruità dell’investimento in rapporto al profilo patrimoniale e finanziario del cliente ed il dovere del mandatario è ben lungi dall’esaurirsi nella sottoposizione, al cliente, di tutta una serie di moduli. Tuttavia l’investitore che decida di mutare il proprio profilo di rischio da medio-alto a elevato, che fornisca l’ulteriore indicazione di voler porre in essere una speculazione in titoli Argentina e che abbia effettuato operazioni in swap per l’importo di due milioni di dollari USA, non può fondatamente sostenere che sia inadeguata al proprio profilo di rischio l’operazione di acquisto di obbligazioni Parmalat per l’importo di circa €.110.000 e che la banca non abbia assolto ai propri doveri informativi. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L’art. 23 del T.U.F. ha introdotto la nota inversione dell’onere probatorio in ordine al profilo della diligenza e della professionalità richieste, cosicché nei giudizi risarcitori spetta all’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza esigibile dall’operatore professionale qualificato. Compete, invece, al cliente, in assenza di espressa deroga normativa, provare il nesso causale tra l’informazione non correttamente fornita e la propria determinazione a procedere all’investimento contestato. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L’investitore che alleghi l’esistenza di un conflitto di interessi dell’intermediario, deve dimostrare i seguenti profili incidenti sul nesso causale, tra loro strettamente correlati: a) che la corretta spiegazione circa il conflitto di interesse l’avrebbe distolto dall’operazione de qua ; b) che tale operazione, effettuata in conflitto di interesse, gli ha procurato un danno collegato, appunto, alla specifica condizione della banca. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Doveri informativi dell’intermediario, adeguatezza dell’operazione

Doveri informativi dell’intermediario, adeguatezza dell’operazione, casi

Doveri informativi dell’intermediario, rimedi, onere della prova e nesso di causalità

Conflitto di interessi


n. 75980/05 R.G.

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, E. P. conveniva davanti al Tribunale di Milano Banca *** s.p.a. in persona del legale rappresentante, ciò assumendo: che, in data 19 giugno 2003, aveva acquistato obbligazioni Parmalat emesse dalla Parmalat Finance Corporation BV per un controvalore di € 110.601,85; che detta sottoscrizione era avvenuta in difetto della stipula del contatto quadro e, quindi, in violazione dell’art. 23 III comma del T.U.F.; che, inoltre, la banca aveva posto in essere comportamenti in manifesta violazione dell’art. 21 T.U.F., in quanto non gli aveva fornito informazioni adeguate circa la tipologia e la rischiosità dei titoli de quibus ed, in particolare, non aveva adottato le opportune cautele previste dall’art. 29 del regolamento CONSOB n. 11522/1998, in spregio al dovere di diligenza qualificata di cui all’art. 1176, II comma c.c.; che, inoltre, non lo aveva reso edotto circa il conflitto di interesse in cui essa banca versava.

Banca *** s.p.a, ritualmente costituitasi, eccepiva, in via pregiudiziale, che la causa non era stata introdotta con le modalità del cd. rito societario e per tale ragione instava per il mutamento del rito con conseguente cancellazione della causa dal ruolo; nel merito, osservava che in atti vi era il contratto quadro in data 29 luglio 1992 corredato dal documento sui rischi in generale collegati agli investimenti in strumenti finanziari; che il cliente, in data 8 febbraio 2001, aveva sottoscritto una scheda cliente in cui dava atto di avere una propensione al rischio medio – alta ed, in data 24 gennaio 2002, aveva indicato in elevata la propensione al rischio; che, con riferimento all’investimento in contestazione, il P. aveva apposto la sottoscrizione nonostante fosse espressamente indicato che l’operazione non era adeguata; che, infine, aveva proceduto anche nel passato ad investire in titoli ad alto rischio.

Disposti il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo con ordinanza del 28 febbraio 2006, con decreto in data 27 settembre 2006 veniva fissata udienza collegiale.

All’udienza del 10 gennaio 2007, data la mancata conciliazione della vertenza, dopo la discussione, la causa era ritenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In primo luogo, il Tribunale rileva che la Difesa di parte convenuta ha prodotto il contratto quadro di negoziazione datato 29 luglio 1992 che – oltre a non essere stato contestato dalla controparte – reca tutte le indicazioni necessarie al fine della sua validità. La relativa doglianza del P. va, dunque, disattesa.

In secondo luogo, la Difesa attorea lamenta la violazione, da parte dell’istituto bancario, del dovere di informativa ai sensi degli artt. 28, I e II comma, 29, I e II comma, reg. CONSOB n. 11522/1998, costituenti estrinsecazione del più generale dovere di informazione in favore del cliente sancito dall’art. 21 T.U.F.. Con particolare, riferimento all’art. 29 reg. CONSOB, essa fa divieto all’intermediario di effettuare, per conto dell’investitore, operazioni non adeguate “per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione”, tenendo conto, ai fini del giudizio di adeguatezza, delle informazioni ricevute dal cliente ai sensi dell’art. 28, I comma, lett. a) e di ogni altra informazione ricavabile dai servizi prestati (cd. suitability rule). Un simile obbligo deve certamente essere più penetrante e raggiungere in modo più incisivo la sfera cognitiva del cliente. Ne deriva che l’obbligo di valutazione e di eventuale disincentivazione dall’investimento non viene meno, né è attenuato nell’ipotesi di rifiuto del cliente di fornire informazioni circa la propensione al rischio e la situazione finanziaria, prima della stipulazione del contratto quadro, come previsto dall’art. 28, reg. CONSOB n. 11522/98. A tale proposito, la CONSOB, pur avendo sottolineato che il regolamento non impone alcuna specifica modalità di assolvimento dell’obbligo, con comunicazione n. 30396 del 21 aprile 2000, ha raccomandato agli intermediari di “non sollecitare in alcun modo il rifiuto dell’investitore di fornire le informazioni richieste”.

Con riferimento al caso in esame, decisamente significative sono le risultanze documentali. I documenti nn. 7 e 8 indicano, il primo (anteriore di oltre due anni all’operazione contestata) una propensione al rischio medio – alta, il secondo (di oltre un anno prima dell’acquisto per cui è causa), una propensione al rischio elevata, con specifica indicazione di speculazione su titoli Argentina. Ora, è vero che la mera compilazione della scheda - cliente non esonera l’istituto dal dovere di verificare pur sempre la congruità dell’investimento in rapporto al profilo patrimoniale e finanziario del cliente e che, in sostanza, il dovere del mandatario è ben lungi dall’esaurirsi nella sottoposizione, al cliente, di tutta una serie di moduli. Nel caso concreto, però, le due schede sono state compilate a distanza estremamente ravvicinata (11 mesi) ed il cliente ha operato un salto di qualità notevole nell’indicazione della classe di rischio,da medio – alta ad elevata; non solo, ma ha ritenuto di fornire un ulteriore, significativa indicazione, ossia la speculazione in titoli Argentina. Tali documenti denotano, quindi, non una compilazione effettuata in modo frettoloso, ma una precisa volontà di indicare la tipologia di investimento desiderata. A conferma di tale propensione al rischio, sono in atti il contratto di domestic currency swap in data 12 settembre 2001 per l’importo di un milione di dollari USA ed una richiesta del cliente in data 11 novembre 2002 in merito alle garanzie richieste dalla banca al fine di disporre una seconda operazione in swap per l’importo di due milioni di dollari USA (doc.ti n. 5 e 6 di parte convenuta). Dai documenti nn. 10, 11, 12 prodotti da Banca *** risulta l’operatività del portafoglio titoli dell’attore che, nello stesso mese di giugno 2003 (epoca dell’acquisto contestato), aveva posto in essere altre operazioni rischiose ed addirittura indicate come non adeguate, in Ford 6,85%, Gmac 6,125% e Fiat 6,75%.

Con riferimento, infine, all’acquisto delle obbligazioni Parmalat del giugno 2003, il Collegio osserva che nell’ordine (doc. n. 9 di parte convenuta) era espressamente inserita la dicitura “operazione non adeguata”, con indicazione della conferma, da parte del cliente, dell’ordine di procedere all’acquisto, nonostante non sussistesse alcuna garanzia di mantenere invariato il valore dell’investimento effettuato (espressione ulteriore contenuta nell’ordine).

Orbene, il Tribunale reputa che l’istituto bancario abbia assolto i propri doveri informativi, che devono essere calibrati sulla tipologia di cliente. Nel caso in esame, il modus operandi di E. P. era contraddistinto da un profilo non certo tranquillo, conservativo, attestato, in sostanza, esclusivamente su Titoli di Stato o similari; il cliente, invece, mirava ad una diversificazione degli investimenti, con preferenza per operazioni rischiose e non adeguate.

Ebbene, sulla base delle sopra descritte risultanze istruttorie, il profilo dell’adeguatezza delle operazioni è del tutto insussistente. In presenza di simili elementi, infatti, parte attorea non ha fornito una prova contraria, come era suo preciso onere probatorio, ossia che, ove la banca avesse fornito una maggiore informativa, si sarebbe astenuto dall’investimento de quo; risultando, invece, l’operazione del tutto in linea con il modus operandi del P.. A tale proposito, si osserva che l’art. 23 del T.U.F. ha introdotto la nota inversione dell’onere probatorio in ordine al profilo della diligenza e della professionalità richieste, cosicché nei giudizi risarcitori spetta all’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza esigibile dall’operatore professionale qualificato. Compete, invece, al cliente, in assenza di espressa deroga normativa, provare il nesso causale tra l’informazione non correttamente fornita e la propria determinazione a procedere all’investimento contestato.

Quanto alla violazione dell’art. 27 del regolamento CONSOB Intermediari, si rileva che vi è un assoluto difetto di allegazione, avendo parte attorea fatto riferimento alla predetta disposizione, senza specificare in concreto quale fosse la situazione di conflitto di interesse a carico della banca. In ogni caso, è onere dell’attore dimostrare i seguenti profili incidenti sul nesso causale, tra loro strettamente correlati: a) che la corretta spiegazione circa il conflitto di interesse l’avrebbe distolto dall’operazionede qua ; b) che tale operazione, effettuata in conflitto di interesse, gli ha procurato un danno collegato, appunto, alla specifica condizione della banca. L’assenza di tutti tali elementi comporta la reiezione della pretesa anche sotto tale profilo.

Sulla base delle sopra esposte considerazioni, la domanda deve essere respinta.

Le spese seguono la soccombenza e debbono essere liquidate nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

il Collegio, definitivamente decidendo sulla causa n. 75980/05 R.G., ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:

1)           respinge la domanda proposta da E. P. contro Banca *** s.p.a. in persona del legale rappresentante pro – tempore;

2)           condanna E. P. a rimborsare, in favore di Banca *** s.p.a. in persona del legale rappresentante pro – tempore, le spese processuali, che liquida in complessivi € 6.111,87 - di cui € 4.400,00 per onorari, € 1.542,00 per diritti, € 169,87 per spese, oltre accessori come per legge.

Così deciso dal Tribunale come sopra composto e riunito in Camera di Consiglio in data 10 gennaio 2007.

Il Presidente Dott. Salvatore Di Blasi

Il Giudice relatore  Dott. Silvia Brat