Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9161 - pubb. 24/06/2013

Pubblicità comparativa mediante criteri di confronto non obiettivi ed avente ad oggetto beni non omogenei

Tribunale Milano, 03 Maggio 2013. Est. Silvia Giani.


Pubblicità comparativa - Strumento d’informazione che consente al consumatore una migliore valutazione del prodotto - Pubblicità comparativa ingannevole - Effetti distorsivi del mercato - Utilizzo di criteri di confronto obiettivi - Comparazione tra beni omogenei.

Pubblicità comparativa - Affermazioni false circa qualità essenziali del prodotto - Pubblicità comparativa relativa a prodotti non omogenei - Discredito dei prodotti altrui - Illegittimità.

Provvedimento di urgenza - Richiesta di cessazione di condotte illegittime - Cessazione di una delle condotte successivamente alla notifica del ricorso - Cessazione del pericolum in mora - Esclusione - Fattispecie.



La pubblicità comparativa non è di per sé illecita. Essa può essere uno strumento d’informazione che consente al consumatore una migliore valutazione dei meriti di ciascun operatore, della qualità delle loro prestazioni e del loro costo e, quindi, una scelta più consapevole. In questa ottica può, quindi, costituire uno stimolo della concorrenza nell’interesse dei consumatori. Per tale ragione un divieto assoluto della pubblicità comparativa sarebbe un ostacolo alla libera concorrenza. Tuttavia, la pubblicità comparativa, se ingannevole e illegittimamente comparativa, può causare effetti distorsivi per la concorrenza e incidere negativamente sulle scelte dei consumatori. Essa, pertanto, per costituire un mezzo legittimo d’informazione dei consumatori ed essere lecita, oltre a non essere ingannevole, deve confrontare beni o servizi secondo criteri obiettivi. La direttiva comunitaria n 2006/114/CE, che ha sostituito la Direttiva n 97/55/CE, ed è stata attuata nel nostro ordinamento nel Dlgs n 145/2007, prevede quali siano le condizioni di liceità della pubblicità comparativa e quali siano i criteri di confronto obiettivo delle caratteristiche dei beni o servizi. La pubblicità non deve essere ingannevole, deve operare una comparazione tra beni omogenei, caratteristiche essenziali e verificabili, non deve ingenerare confusione sul mercato, non deve creare discredito o denigrazione ad un concorrente e non deve procurare all’autore della pubblicità un indebito vantaggio tratto dalla notorietà connessa al marchio o ad altro segno distintivo. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La pubblicità comparativa costituisce atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n 2 e n 3 c.c., qualora consista in affermazioni false circa qualità essenziali del prodotto, idonee a trarre in inganno i consumatori, sviandoli nel giudizio comparativo (nel caso di specie relativo a beni non omogenei, perché dotati di caratteristiche essenziali diverse) e nelle scelte offerte dal mercato e comportando altresì discredito dei prodotti altrui. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La cessazione, avvenuta successivamente alla notifica del ricorso, di una delle condotte contestate in via cautelare d'urgenza non fa venire meno, neppure con riferimento a tale condotta, il periculum in mora, essendovi la possibilità che tale condotta venga reiterata, qualora la condotta sia stata posta in essere anche con mezzi differenti ed il soggetto responsabile non ne riconosca la illiceità. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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