Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1012 - pubb. 29/10/2007

Privilegi e rapporto di agenzia

Tribunale Roma, 19 Settembre 2007. Est. La Malfa.


Privilegi – Contratto di agenzia – Limitazione del privilegio all’ultimo anno di effettivo svolgimento delle prestazioni.

Privilegi – Contratto di agenzia – Limitazione del privilegio all’ultimo anno di effettivo svolgimento delle prestazioni – Indennità di cessazione del rapporto, di mancato preavviso e suppletiva di clientela – Distinzione.



L’ultimo anno di prestazione cui si deve avere riguardo ai fini dell’applicazione del privilegio alle somme dovute all’agente a titolo di indennità per la cessazione del rapporto di agenzia, non è quello che precede la dichiarazione di insolvenza, bensì quello di effettivo svolgimento delle prestazioni. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La limitazione del privilegio all’ultimo anno delle prestazioni svolte dall’agente riguarda unicamente le provvigioni e non anche l’indennità per la cessazione del rapporto d’agenzia e quella di mancato preavviso, mentre tale limite è operante con riferimento alla indennità suppletiva di clientela. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 98 l. fall. il sig. F. S. esponeva che, essendo creditore quale agente della Cirio Del Monte Italia Spa in AS della somma di €. 45.068,52 ed avendo tempestivamente proposto domanda d’ammissione al passivo privilegiato per tale importo, era stato ammesso al passivo per l’intero credito con esclusione del privilegio con la motivazione: perché il credito sarebbe anteriore al biennio.

Contestava tale conclusione e sosteneva la sussistenza dei presupposti del privilegio, in base anche a quanto precisato dalla giurisprudenza, secondo cui il biennio previsto dalla norma sarebbe da computare a partire dall’ultima prestazione e non invece dalla dichiarazione di fallimento, e chiedeva l’ammissione al passivo dell’intera somma richiesta.

I commissari non si costituivano in giudizio ed erano dichiarati contumaci.

Senza alcuna istruttoria orale, sulla base dei soli documenti prodotti ed acquisiti dopo la remissione in istruttoria, la causa era trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLE DECISIONE

Oggetto dell’opposizione non è l’ammontare dell’importo ammesso al passivo, ma solamente la richiesta del riconoscimento sulla somma ammessa del privilegio riconosciuto in favore dell’agente per le provvigioni e le indennità di risoluzione.

La ragione dell’esclusione del privilegio richiesto dal F., soggetto sicuramente qualificabile quale agente con deposito per conto della Cirio Del Monte Italia Spa, in base a quanto risultante dalla comunicazione fatta dai Commissari all’opponente, è quella secondo cui il credito in parola sarebbe antecedente al biennio. Il riferimento, ovviamente, è a quanto previsto dal n. 3 dell’art. 2751 bis cc, secondo cui hanno privilegio sui beni mobili i crediti riguardanti “le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo.”

Si tratta dunque non di un termine biennale, ma di un termine annuale che sulla base della lettera della norma è riferibile, peraltro, alle provvigioni, e non invece alle altre voci indennitarie oggetto di domanda.

Partendo quindi dalle provvigioni, devesi anzitutto ritenere che la decorrenza a ritroso di tale ultimo anno non parte dalla data di dichiarazione dell’insolvenza, ma dalla cessazione del rapporto. Tale conclusione, peraltro già in qualche modo rinvenibile nella giurisprudenza di merito (Trib Perugia, 30.12.1991), trova conforto non solamente nell’esplicita lettera della norma, che parla di “ultimo anno di prestazione” e non di ultimo anno rispetto al fallimento, ma anche nel rilievo che analoga interpretazione è data dalla giurisprudenza consolidata a proposito del caso parallelo del privilegio dei professionisti. L’analogia tra le due fattispecie risalta in relazione alla funzione della norma di fornire adeguata tutela ai crediti che nascono dallo svolgimento dell’attività lavorativa non subordinata, siano essi crediti per attività professionale, siano anche crediti derivanti dal rapporto d’agenzia.

Poiché si evince dalla documentazione prodotta dal ricorrente che quelle riconosciute dal giudice nella sentenza che funge da titolo del credito sono riferibili all’ultimo anno di prestazione sul punto l’opposizione deve quindi essere accolta.

Prescinde da qualsiasi riferimento o limitazione temporale il riconoscimento che l’art. 2751 bis n. 3 fa del privilegio relativo all’indennità di risoluzione del rapporto, come è reso evidente, anche in questo caso, dalla semplice lettura della norma che, utilizzando la congiunzione “e” tra la previsione relativa alle provvigioni e quella relativa all’indennità, rende evidente che la limitazione del privilegio all’ultimo anno di prestazione, posta prima della congiunzione, vale solamente per le provvigioni e non anche per l’indennità che è posta dopo. La ragione del trattamento migliorativo relativamente a questa voce è da ricercarsi nella funzione tipica dell’indennità di risoluzione che è quella di far fronte ad un’emergenza e ad un momento di grave crisi nell’attività lavorativa, ciò che rende maggiormente forte l’esigenza di salvaguardia delle ragioni creditorie.

Altrettanto è da dirsi riguardo all’indennità di mancato preavviso, istituto di natura contrattuale che, seppure non espressamente menzionato nella norma sopra richiamata, è inscindibilmente legato alla cessazione del rapporto, prevedendo la debenza di un emolumento derivante dal fatto genetico della risoluzione, appunto la mancanza del preavviso in caso di recesso del preponente. Non v’è dubbio, infatti, che - pur se tale indennità è in qualche modo diversa dall’indennità di risoluzione, poichè garantisce e rafforza anch’essa la stabilità del rapporto e tutela l’agente rispetto alla possibilità che la controparte receda “ad nutum” dal contratto attribuendogli un importo utile per superare l’imprevista cessazione e la fase di ricerca di una nuova attività, mentre l’altra ha carattere eminentemente previdenziale e, prescindendo dalla causa della cessazione, attribuisce all’agente un emolumento in relazione al fatto in sé della cessazione del rapporto – vi è tra di essere qualcosa di più di una mera affinità, una vera e propria identità genetica derivante dalla cessazione del rapporto, che è sufficiente a legare sul piano funzionale, sostanziale e lessicale, l’indennità di mancato preavviso al privilegio in questione.

Secondo la ricostruzione della Corte di Cassazione, il denominatore comune della tutela apprestata dall’art. 2751 bis n.5 "è lo svolgimento di determinate attività caratterizzate non da prestazioni isolate di opera o di servizi in genere, bensì da una situazione di prestazioni continuativa, in funzione o della particolare fonte contrattuale delle prestazioni stesse o del carattere (se non esclusivo) dell'attività espletata quale fonte di reddito"; sotto tale denominatore riconoscendo "sia i rapporti di lavoro subordinato, sia le prestazioni professionali e intellettuali, sia i redditi dei coltivatori, sia quelli delle imprese artigiane e delle società", nonché "il rapporto di agenzia", anche quando la prestazione sia svolta da una persona giuridica” (Cass. 12054/98; Cass.10 gennaio 1986, n.75; vedi anche Cass. 20 luglio 1992, n. 8756 e Cass. 5 settembre 1992, n. 10241). Sarebbe pertanto incongruo escludere l’indennità di preavviso, che ha lo scopo di sostenere economicamente l’agente proprio di fronte all’improvvisa cessazione dell’attività, che costituisce uno dei massimi rischi per coloro il cui sostentamento dipende dalla sola attività lavorativa, dalla tutela apprestata propriamente per i crediti nascenti dalla risoluzione del rapporto.

Diversamente è da dirsi, invece, per ciò che riguarda l’indennità suppletiva di clientela. Anch’essa costituisce un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e non dalla legge, ma riferendosi alla fisiologia del rapporto non contiene alcuna attinenza o collegamento con la risoluzione e con la relativa tutela, né con la maturazione delle provvigioni. E’ chiaro che l’art. 2751 bis n. 3, nello stabilire che il privilegio si estende solo alle provvigioni dell’ultimo anno, implicitamente nega l’estensione di tale beneficio ad istituti diversi dalla provvigione, che costituisce la principale fonte di remunerazione dell’agente e il naturale compenso del lavoro prestato. Il bilanciamento degli interessi in gioco ha indotto il legislatore a limitare la tutela ai due istituti delle provvigioni (solo dell’ultimo anno) e delle indennità collegate alla risoluzione, sicchè sarebbe ingiustificata l’applicazione estensiva ad istituti diversi.

Rimangono fuori dal privilegio inoltre le spese giudiziali d’accertamento del credito, che non trovano riconoscimento nella norma, né in altre norme.

Deve essere rigettata la domanda di prededuzione relativamente alle spese per il riconoscimento del credito in sede giudiziale, che non trovano riconoscimento nell’art. 111 l. f., che prevede le spese prededucibili.

Pertanto, la domanda del F. trova accoglimento limitatamente ad €. 17.518,54, oltre agli interessi legali ex art. 2749 cc sino alla vendita ed alla rivalutazione monetaria.

Le spese processuali, vanno dichiarate irripetibili in misura di metà, in proporzione al parziale accoglimento dell’opposizione. La curatela deve essere condannata alla refusione alla controparte della rimanente metà, liquidata come in dispositivo in mancanza di nota spese.

P.Q.M

il Tribunale, definitivamente pronunziando nella causa di opposizione allo stato passivo proposta da F. S. contro la Cirio Del Monte NV in AS, così provvede:

ammette il credito del ricorrente al passivo privilegiato della procedura ex art. 2751 bis, n. 3 cc per l’importo di €. 17.518,54, oltre alla rivalutazione monetaria sino alla definitività dello stato passivo e agli interessi legali, ex art. 2749 cc, dell’ultimo anno antecedente la dichiarazione di fallimento e sino alla vendita calcolati su tale somma;

dichiara irripetibili le spese giudiziali in misura di metà e condanna la curatela al pagamento in favore del ricorrente della rimanente metà, che liquida in €. 2.500,00, di cui €. 100,00 per spese vive ed €. 1.000,00 per diritti, oltre spese gen. IVA e CP di legge.