Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16502 - pubb. 12/01/2017

Surplus derivante dalla continuazione dell’attività o dalla liquidazione concordataria e rispetto dell’ordine delle cause di prelazione

Tribunale Milano, 15 Dicembre 2016. Est. D'Aquino.


Concordato preventivo – Finanza esterna “allargata” – Surplus derivante dalla continuità aziendale e dalla liquidazione in sede concordataria – Rispetto dell’ordine delle cause di prelazione – Necessità



Non è condivisibile l’opinione secondo la quale, nel concordato con continuità aziendale, il surplus concordatario consisterebbe nella maggiore utilità ricavabile dalla prosecuzione dell’attività aziendale rispetto all’alternativa liquidatoria che, conseguentemente, costituirebbe il limite all’operare della garanzia dei creditori (cd. miglior soddisfacimento dei creditori), così come nel concordato con cessione dei beni il surplus concordatario consisterebbe nel differenziale di valore rinvenibile dalla prosecuzione dell’attività liquidatoria in sede concordataria rispetto alla liquidazione operata in sede fallimentare (o esecutiva individuale).

Secondo detta tesi, nel primo caso, tale surplus è costituito dal vantaggio che deriverebbe ai creditori dalla cessazione della discontinuità imposta dalla perdita dei mezzi propri (turnaround), conseguente a una revoca della liquidazione successiva alla omologazione della proposta di concordato; nel secondo caso sarebbe dato da una liquidazione ottimale operata non in sede negoziale, né in sede fallimentare, ma dal liquidatore giudiziale in sede concordataria a valori più elevati di quelli ritraibili dalla liquidazione fallimentare.

Senonché, la prosecuzione dell’attività di impresa in sede concordataria non può comportare il venir meno della garanzia patrimoniale del debitore, che risponde dei suoi debiti con tutti i beni, presenti e futuri (art. 2740 c.c.), non creando la prosecuzione dell’attività di impresa un patrimonio separato o riservato in favore di alcune categorie di creditori (anteriori o posteriori alla domanda di concordato). Né pare, consentito azzerare in sede concordataria il rispetto delle cause legittime di prelazione (art. 2741 c.c.), che è un corollario della responsabilità patrimoniale, principio che viene meno solo a seguito delle attività liquidatorie poste in essere in sede di esecuzione forzata o, comunque, per effetto di vendite coattive (purgative).

Non è, pertanto, normativamente prospettabile una distribuzione del ricavato delle procedure competitive di liquidazione concordataria diverso da quello conseguibile in sede fallimentare, stante in entrambi i casi il vincolo del rispetto della cause legittime di prelazione. Può, quindi, affermarsi che sia doveroso che nel concordato con cessione dei beni i beni vengano collocati al prezzo offerto dal mercato, ancorché auspicabilmente superiore al valore stimato ex ante, quale effetto del meccanismo incrementale tipico del procedimento competitivo. Non può, pertanto, prospettarsi ex post alcun surplus derivante dalla liquidazione dei beni (ove questa venga operata in sede concorsuale), quale che sia la sede della liquidazione (concordato preventivo o fallimento), non essendo tale ricavato liberamente destinabile dal proponente con alterazione dell’ordine legale delle cause di prelazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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