Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23765 - pubb. 23/06/2020

Rilevanza della natura professionale del creditore bancario ai fini della prova per presunzioni della conoscenza dello stato di insolvenza

Cassazione civile, sez. VI, 17 Giugno 2020, n. 11696. Pres. Bisogni. Est. Dolmetta.


Azione revocatoria fallimentare – Scientia decoctionis – Prova per presunzioni



In tema di prova per presunzioni, il giudice di merito deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultante probatorie e del proprio convincimento; in particolare, valutando dapprima analiticamente gli elementi indiziari, poi effettuando una valutazione complessiva degli stessi per accertare la loro concordanza ai fini del convincimento sulla prova presuntiva.

In sede di sindacato sul ragionamento presuntivo ex art. 2729 c.c., occorre verificare che l’apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza sia stato ricavato dal complesso degli indizi, sia pure previamente individuati per la loro idoneità a fondare il ragionamento presuntivo, e che non sia stato omesso l’esame di un fatto secondario dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto noto principale, purché decisivo.

La qualità di operatore economico qualificato del creditore bancario, pur non potendo costituire autonomamente prova della scientia decoctionis, costituisce uno degli elementi su cui il giudice deve fondare il proprio ragionamento presuntivo e non può che rilevare, ai fini della conoscenza dello stato di insolvenza, rispetto alla valutazione da parte della banca di altri elementi di fatto quali l’ingente esposizione debitoria della società poi fallita, l’esistenza di perdite di bilancio rilevanti, e lo stato di liquidazione della società stessa.

In tema di revocatoria di pagamenti, la valutazione dello stato di insolvenza dev’essere operata con riferimento al tempo in cui il pagamento risulta realmente effettuato e, quindi, ricevuto dal creditore, non potendo che rilevare il momento in cui si realizza lo spostamento patrimoniale dal debitore al creditore, e, dunque, il depauperamento del primo, cui la revocatoria intende porre rimedio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato




Fatto

1.- Il Fallimento della s.r.l. (*) (in precedenza, s.r.l. (*)) ha promosso avanti al Tribunale di Milano azione revocatoria di pagamenti normali, come avvenuti nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento e per un ammontare superiore al milione di Euro, nei confronti della s.c.p.a. Banca Popolare di Sondrio.

Nel dettaglio, l'azione ha riguardato delle rimesse in conto corrente "derivanti da pagamenti effettuate da debitori" della società poi fallita, che nel concreto hanno "determinato l'azzeramento del saldo debitore" del conto "sino a farlo giungere alla evidenziazione di un saldo a credito".

2.- Nel corso del giudizio al fallimento è succeduto nell'azione il Comune di Milano, a seguito di sopravvenuto concordato fallimentare (omologato con decreto del Tribunale di Milano del 12 luglio 2012) della s.r.l. (*), tale concordato comportando, tra l'altro, il trasferimento al Comune assuntore delle azioni di pertinenza della massa L. Fall. ex art. 124, comma 4.

3.- Con sentenza depositata nel maggio 2014, il Tribunale di Milano ha accolto la pretesa attorea.

La Banca ha presentato appello avanti alla Corte di Milano che ha accolto l'impugnazione con sentenza depositata in data 3 novembre 2017.

4.- Accertata la concreta sussistenza del presupposto oggettivo dell'azione, la Corte territoriale ha escluso che, nella specie, ricorressero invece gli estremi del presupposto soggettivo della stessa.

In proposito, la sentenza ha affermato che gli "elementi più significativi circa la condizione della s.r.l. (*) resa manifesta ai terzi rimangono la partecipazione al capitale (di essa) del Comune di Milano e i pagamenti all'epoca effettuati dal Comune di Milano dei corrispettivi per l'attività svolta dalla s.r.l. (*), elementi i quali devono ritenersi idonei ad avere costituito conferma del regolare svolgimento della attività di tale società e del sostegno a essa destinato a essere dato dal Comune di Milano".

5.- Per contro, il bilancio dell'esercizio al 31 dicembre 2007, "non risulta manifestare" - ha proseguito la pronuncia "quell'affermata compromissione del patrimonio" che è stata riscontrata dal giudice del primo grado: "da esso risultano evidenziate perdite per Euro 471.616,00 a fronte però di una riserva di complessivi Euro 566.460,00, di una riserva legale di Euro 20.000,00 e di un capitale di Euro 100.000,00: le perdite risultano di conseguenza assorbite per intero dalla riserva di Euro 566.460,00 e non risultano perciò avere intaccato nè la riserva legale, nè il capitale così da essere rimasto pari a Euro 214.844,00 il patrimonio netto della società e da non avere subito alcuno squilibrio strutturale".

Non possono, poi, essere considerate sufficienti a manifestare lo stato di insolvenza della s.r.l. le notizie di stampa apparse all'epoca: si tratta di notizie "pubblicate comunque nel periodo successivo al momento di inizio dell'operazione conclusasi con il compimento delle rimesse", che fanno riferimento a un "non meglio precisato "buco" nel patrimonio peraltro oggetto di polemiche".

Così come non può essere ritenuta sufficiente al riguardo la Delib. Consiglio Comunale 27 novembre 2008, posto che in questa "risulta stabilito non dovere essere mantenuta la partecipazione del Comune di Milano al capitale della s.r.l. (*) dopo il richiamo alle sopra specificate risultanze di bilancio". Del resto, "anche al deliberato avvio della messa in liquidazione della s.r.l. (*)" - si è concluso - "non risulta essere stata data pubblicità antecedentemente ai momenti in cui sono stati eseguiti i pagamenti a favore della Banca e tanto meno essere stata allora data pubblicità a documenti circa la situazione patrimoniale e finanziaria della s.r.l. (*)".

6.- Avverso questa pronuncia il Comune di Milano propone ricorso, articolando tre motivi di impugnazione per cassazione. Resiste, con controricorso, la Banca.

7.- Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.


Motivi della decisione

8.- I motivi di ricorso risultano intestati nei termini che vengono qui ritrascritti.

Primo motivo: violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, commi 2 e 3, lett. b); dell'art. 1176 c.c., comma 2, degli artt. 2727 e 2729 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c.; "violazione di principi in materia di prove".

Secondo motivo: violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, commi 2 e 3, lett. b); degli artt. 1842, 1843, 1852, 2727 e 2729 c.c.

Terzo motivo: violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; "motivazione illogica e apparente; omesso e insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti".

9.- I motivi di ricorso possono essere esaminati in modo congiunto, in quanto strettamente connessi tra loro.

Con gli stessi, il Comune ricorrente viene a muovere, in buona sostanza, tre ordini di censura alla sentenza impugnata.

10.- La prima censura assume che la Corte territoriale non ha preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti che pure presenta la fattispecie concreta; e, inoltre, che taluni di questi elementi sono stati presi in considerazione solo in modo parziale ovvero erroneo.

Così, in specie, il ricorrente segnala che la sentenza "non ha minimamente tenuto conto della qualità di operatore economico qualificato propria della Banca"; che il bilancio di esercizio al 31.12.2007 ha accertato una perdita pari a cinque volte il capitale, con "indici di redditività fortemente negativi"; che la Delib. Consiglio Comunale 27 novembre 2008 ha richiamato "anche le perdite successivamente (rispetto a quanto rilevato dal bilancio al 31.12.2007) accumulate nel 2008... tanto da fare azzerare interamente il capitale sociale" e si è riservata, nell'approvare l'indirizzo inteso allo scioglimento della società, di agire in responsabilità nei confronti di amministratori, sindaci e dirigenti; che il verbale della delibera sociale di messa in liquidazione è risultato iscritto nel registro delle imprese il 16 dicembre 2008; che le notizie di stampa, relative al tema delle difficoltà della s.r.l. (*), risultano circostanziate a fare tempo dal 12 ottobre 2008.

11.- La seconda censura si condensa nel rilievo che l'esame della Corte territoriale ha valutato gli elementi della fattispecie concreta in maniera "isolata e parziale", per di più soffermandosi su dati invece sostanzialmente neutri, quali la "partecipazione del Comune di Milano al capitale della società" e al "pagamento delle fatture", da parte di quest'ultimo.

12.- La terza censura lamenta, a sua volta, che il giudice del merito ha rapportato l'"efficacia probatoria di alcuni indizi di conoscenza dello stato di insolvenza" non già al periodo subito "antecedente alla data delle rimesse oggetto di causa (19 - 23 dicembre 2008), bensì alla data in cui la (*) ha presentato alla Banca le fatture in questione (22 settembre - 1 ottobre)".

13.- Il ricorso è fondato e merita quindi di essere accolto.

14.- I contenuti di base della giurisprudenza, che questa Corte è venuta a consolidare in tema di revocatoria fallimentare e di scientia decoctionis, sono stati opportunamente sintetizzati, di recente, dalle pronunce di Cass. n. 12 novembre 2019, n. 9257 e di Cass., 11 febbraio 2020, n. 3327.

Hanno dunque rilevato i detti provvedimenti che la "conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività. Orbene, se è vero che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (ex multis, Cass. n. 3845/2019; Cass., n. 3336/2015), è pur vero che, per giurisprudenza altrettanto consolidata in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento".

"Da tempo questa Corte segnala che il giudice è tenuto a seguire un procedimento articolato in due fasi logiche: dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi). In tal senso è stata ritenuta censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, atomisticamente considerati, senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero però in grado di acquisirla ove valutati secondo un giudizio complessivo di sintesi e di vicendevole completamento (ex multis, Cass. n. 18822/2018; Cass. n. 9059/2018; Cass., n. 5374/2017)".

"Ne consegue che, allorquando sia in contestazione il rigore del ragionamento presuntivo che il giudice deve operare ai sensi dell'art. 2729 c.c., occorre verificare che l'apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, sia stato ricavato dal complesso degli indizi, sia pure previamente individuati per la loro idoneità a produrre le inferenze che ne discendano secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit (Cass. n. 12002/2017) e che non sia stato omesso l'esame di un fatto secondario, dedotto come giustificativo dell'inferenza di un fatto ignoto principale, purchè decisivo (Cass., n. 17720/2018)".

15.- Nel caso di specie, il giudizio formulato dalla Corte territoriale non si è conformato ai principi appena richiamati, in quanto la pronuncia si è limitata a esaminare singolarmente e non complessivamente - taluni degli elementi proposti dalla fattispecie concreta.

16.- La Corte milanese ha del tutto trascurato - si deve osservare prima di tutto - la qualità di operatore qualificato del creditore, quale impresa autorizzata all'esercizio del credito.

Che è, per contro, aspetto il cui necessario riscontro, in punto di accertamento della sussistenza della scientia decoctionis, si trova da tempi lontani evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte. Si vedano, tra quelle più vicine, le decisioni di Cass., 27 ottobre 2017, n. 25635; di Cass., 8 febbraio 2018, n. 3081; di Cass., 2 novembre 2017, n. 26061, con la particolare sottolineatura che la "qualità di operatore economico qualificato della banca convenuta, pur non integrando da sola la prova dell'effettiva conoscenza dei sintomi dell'insolvenza, impone di considerare la professionalità e avvedutezza con cui normalmente gli istituti di credito esercitano la loro attività".

17.- Sul piano dell'id quod plerumque accidit, la peculiare "professionalità e avvedutezza" del creditore bancario viene nel caso in esame ad apprezzarsi particolarmente - va riscontrato inoltre - in relazione alla ragguardevole dimensione dell'esposizione concretamente in essere: sia in sè stessa, sia pure nel rapporto col capitale della società (la misura del debito risultando, in effetti, di dieci volte superiore a quella del capitale).

La stessa si lega, altresì, alla constatazione della criticità di un bilancio della società poi fallita, che espone una perdita di esercizio particolarmente elevata (sempre rispetto alla dimensione del capitale sociale) e segnala indici di redditività fortemente negativi. Come anche a quella per cui, pochi mesi dopo, il Consiglio comunale viene a verificare l'intervenuto azzeramento del capitale sociale e l'assemblea della (*) a deliberare la messa in liquidazione della società: in sostanziale concomitanza temporale - è da osservare - con l'effettuazione dei pagamenti della cui revoca si discute (dicembre 2012).

18.- La Corte territoriale, peraltro, non ha neppure letto in modo integrato, e continuativo, le risultanze del bilancio di esercizio con gli elementi della compiuta perdita del capitale e della messa in liquidazione della società. Nè ha congiunto le stesse alle notizie di stampa, per quanto provenienti da giornali non specializzati, ma di comune lettura.

La pronuncia impugnata, dunque, ha in toto trascurato di procedere a una valutazione intesa a collegare tra loro i vari elementi del quadro indiziario proposto dalla fattispecie concreta, com'è invece tratto necessario, costitutivo della prova per presunzioni.

19.- Ciò posto, va ancora rilevato che - trattandosi di revocatoria di pagamenti - la valutazione della conoscenza dello stato di insolvenza dev'essere operata con riferimento al tempo in cui il pagamento risulta realmente effettuato e, quindi, ricevuto dal creditore.

In proposito, non può non rilevare, difatti, il momento in cui si realizza lo spostamento patrimoniale dal debitore al creditore, con conseguente depauperamento del patrimonio del primo e arricchimento di quello del secondo. Che è proprio al verificarsi di tale depauperamento che lo strumento revocatorio intende porre rimedio. Così come, del resto, è rispetto a questo momento (di effettiva offerta del pagamento) che il creditore che non intenda correre il rischio di una futura revocatoria - può giustificatamente rifiutarsi di ricevere la prestazione (cfr. la norma dell'art. 1206 c.c.).

Ha quindi errato la Corte territoriale ad anticipare la valutazione al tempo in cui è avvenuta "l'utilizzazione da parte della s.r.l. (*) di somme corrispondenti a quello oggetto delle fatture quando delle somme ancora non aveva avuto luogo l'erogazione (scil.: il pagamento) da parte del Comune di Milano". Oltretutto, così facendo, la Corte milanese ha valutato la scientia decoctionis di pagamenti incidenti nel periodo sospetto con riferimento a un tempo precedente allo stesso avvio del periodo sospetto.

20. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza cassata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà a rivalutare la controversia applicando al caso in esame i principi giurisprudenziali ampiamente riportati sin qui e deciderà anche relativamente alle spese del giudizio di legittimità.


P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile - 1, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020.