Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15402 - pubb. 05/07/2016

Responsabilità dell’amministratore verso il socio, attività di direzione e coordinamento e amministrazione di fatto

Tribunale Roma, 07 Aprile 2015. Est. Romano.


Società di capitali - Responsabilità degli amministratori - Diritto al risarcimento spettante al singolo socio o al terzo direttamente danneggiati - Distinzione rispetto all’azione sociale ed a quella dei creditori - Incidenza diretta del danno sul patrimonio del socio o del terzo

Società di capitali - Responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali - Azione autonoma rispetto all’azione sociale di responsabilità - Caratteristiche - Responsabilità diretta verso i creditori sociali - Insufficienza del patrimonio al soddisfacimento dei creditori sociali - Inidoneità del patrimonio ad assolvere la sua funzione di garanzia generica

Attività di direzione e coordinamento - Amministrazione di fatto - Distinzione - Attività atipica in forma orale o scritta consistente nella espressione di volontà dell’ente dirigente in ordine ad atti gestori che dovranno essere compiuti dagli amministratori della società diretta a violazione dei principi di corretta gestione societaria - Punto di equilibrio tra l’interesse della holding e quello delle società controllate - Direzione e coordinamento quali attività di fatto - Direzione: esercizio di una pluralità sistematiche costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa - Coordinamento: realizzazione di un sistema di sinergie tra diverse società del gruppo nel quadro di una politica strategica complessiva



A mente dell’art. 2395 c.c. - che costituisce la norma di chiusura del sistema codicistico della responsabilità civile degli amministratori di società di capitali - le disposizioni dei precedenti articoli che disciplinano la responsabilità degli amministratori verso la società ed i creditori sociali non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori.
La norma, quindi, delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi (tra i quali ovviamente anche i creditori sociali) che si fonda sul presupposto di un pregiudizio arrecato direttamente al patrimonio del singolo senza che da ciò derivi un danno per la società.

L’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale (art. 2393 c.c.) ed a quella dei creditori sociali (art. 2394 c.c.) è rappresentato dall’incidenza “diretta” del danno sul patrimonio del socio o del terzo: mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori (e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società), l’azione individuale in argomento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (in questi esatti termini, Cassazione civile sez. I, 23 giugno 2010, n. 15220; Cassazione civile sez. I, 22 marzo 2010; Cassazione civile, 25 luglio 2007, n. 16416; Cassazione civile, 3 aprile 2007, n. 8359; Cassazione civile, 5 agosto 2008, n. 21130). In altre parole, l'avverbio “direttamente” consente di delimitare l'ambito di esperibilità dell'azione ex art. 2395 c.c. chiarendo che se il danno lamentato costituisce solo il riflesso di quello cagionato al patrimonio sociale, si è al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 2395 c.c., in quanto tale norma richiede che il danno abbia investito direttamente il patrimonio del socio o del terzo. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

I precetti recati dall’art. 2394 c.c. configurano una azione autonoma rispetto all’azione sociale di responsabilità (non quindi surrogatoria, come invece ritenuto dalla più tradizionale interpretazione della giurisprudenza di legittimità: cfr. Cassazione civile, 14 dicembre 1991, n. 13498; Cassazione civile, 28 novembre 1984, n. 6187; Cassazione civile, 27 novembre 1982, n. 6431; Cassazione civile, 9 agosto 1977, n. 3652) e, quindi, una responsabilità diretta verso i creditori sociali degli amministratori che, con azioni ovvero omissioni costituenti violazione degli obblighi di cui all’art. 2392 c.c. quanto alla conservazione del patrimonio sociale, abbiano causalmente determinato l’insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei creditori sociali: essa presuppone comportamenti degli amministratori funzionali ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto dei creditori sociali di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere (in questo senso, anche seguendo l’avviso della prevalente dottrina, Cassazione civile, 22 ottobre 1998, n. 10488). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


L’attività di direzione e coordinamento (che può essere esercitata anche da una persona fisica) è differente dall’amministrazione di fatto della società controllata: l’ente dirigente non agisce compiendo esso stesso atti di gestione della società eterodiretta rilevanti verso i terzi e/o spendendo il nome di lei, così generando un effetto di imputazione ad essa dei suoi atti; l’ente dirigente, invece, influenza o determina le scelte gestorie operate dagli amministratori della società diretta, che si tradurranno in atti gestori rilevanti verso i terzi compiuti, in esecuzione delle direttive, dagli amministratori della società diretta. L’ente dirigente, dunque, non esercita “i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione” di amministratore (art. 2639 c.c., da cui si ricava una definizione paradigmatica e generale della figura dell’amministratore di fatto). L’attività di direzione e coordinamento è, pertanto, un’attività atipica, che può assumere forma orale o scritta e le modalità più svariate avente come soggetto attivo/mittente l’ente dirigente e come destinatari gli amministratori della società diretta, consistente nella espressione di volontà dell’ente dirigente in ordine ad atti gestori che dovranno essere compiuti dagli amministratori della società diretta (e poi di conseguenza imputati ad essa).

Al riguardo la giurisprudenza ha puntualizzato che i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale sono, nei gruppi di impresa, violati ogniqualvolta la holding, nel realizzare una determinata strategia od operazione, non abbia trovato il punto di equilibrio tra il proprio interesse e quello delle società controllate sicché la clausola generale contenuta nell’art. 2497, primo comma, c.c. varrebbe come formula che riassume in sé i criteri ai quali deve essere informata la direzione unitaria.

In questa prospettiva, risolvendosi la “direzione” ed il “coordinamento” in una attività di fatto, giova evidenziare che la direzione equivale all’esercizio di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa, cioé sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali; il coordinamento mira, invece, a realizzare un sistema di sinergie tra diverse società del gruppo nel quadro di una politica strategica complessiva, estesa all’insieme di società. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Il testo integrale


 


Testo Integrale