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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 175 - pubb. 01/07/2007.

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Tribunale di Napoli, 12 Maggio 2004. Est. Pica.

Nuovo diritto societario – Società a responsabilità limitata – Azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori – Legittimazione della società – Sussistenza.

Nuovo diritto societario – Società a responsabilità limitata – Azione sociale di responsabilità – Legittimazione del curatore fallimentare – Sussistenza.

Nuovo diritto societario – Società a responsabilità limitata – Azione di responsabilità dei creditori sociali – Applicazione dell’art. 2043 c.c. – Sussistenza.

Nuovo diritto societario – Società a responsabilità limitata – Fallimento – Legittimazione del curatore all’esercizio d dell’azione dei creditori e dell’azione sociale di responsabilità – Sussistenza.


Anche dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 5/2003, le cui modifiche di carattere processuale si applicano anche ai giudizi pendenti, la società a responsabilità limitata continua ad essere legittimata a promuovere direttamente l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, desumendosi ciò dai principi generali e dal fatto che quella promossa dai singoli soci non è altro che l’azione sociale. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Anche dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 5/2003, le cui modifiche di carattere processuale si applicano anche ai giudizi pendenti, permane in capo al curatore fallimentare la legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e ciò in virtù di quanto dispone l’art. 146 l. fall. e gli artt. 42 e 43, secondo i quali il curatore subentra nell’amministrazione del patrimonio sociale ed è l’unico legittimato a stare in giudizio nelle controversie relative ai rapporti compresi nel fallimento. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Non è condivisibile l’opinione secondo la quale l’omessa previsione nella riforma del diritto societario dell’azione di responsabilità dei creditori sociali delle s.r.l. ha comportato l’eliminazione di tale rimedio dall’ordinamento. La legittimazione dei creditori sociali a promuovere l’azione per i danni derivanti dalla mancata conservazione del patrimonio sociale discende, infatti, dall’applicazione della norma generale di cui all’art. 2043 c.c., della quale l’art. 2394 costituisce solo uno dei riconoscimenti legislativi della cd. tutela aquiliana dei diritti di credito e della risarcibilità dei danni riflessi; la rilevanza giuridica del “bene della vita” rappresentato dall’interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale può desumersi anche da altri dati normativi e dai principi generali. Deve quindi concludersi che, anche in mancanza di una espressa previsione di legge, la legittimazione dei creditori sociali a promuovere l’azione di responsabilità per i danni derivanti dalla mancata conservazione del patrimonio sociale (danni cd. Riflessi causati dalle condotte sanzionate dall’art. 2394 c.c.) discende dall’applicazione della norma generale di cui all’art. 2043 c.c. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Il fatto che, con la riforma del diritto societario, non sia stata prevista, per le s.r.l., una norma che richiami la disciplina delle s.p.a. (così come avveniva con il previdente art. 2487 c.c.), non significa che sia venuta meno la legittimazione sostitutiva del curatore, dovendosi valorizzare le disposizioni della legge fallimentare con particolare riferimento all’art. 146 co. 1° e 240 l. fall.. L’art. 146 deve essere letto nel senso che lo stesso richiami, per relationem, le vigenti disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori delle s.r.l., ossia l’art. 2476 c.c. (per l’azione sociale) e l’art. 2043 c.c. ovvero l’art. 2394 c.c. (per l’azione dei creditori per i danni riflessi), nonché gli artt. 2485 co. 1° c.c., 2486 c.c. e 2497, co. 2° c.c. novellati. L’art. 240 l. fall., non novellato, prevede, poi, la legittimazione sclusiva del curatore a costituirsi parte civile nel processo penale, salvo che per il risarcimento dei danni arrecati direttamente a singoli creditori (i quali rimangono, in detti limiti, unici legittimati a costituirsi parte civile). Dal combinato disposto di cui agli artt. 146 e 2401. fall. si desume, quindi, che sia in sede civile, sia in sede penale il curatore rimane legittimato in via esclusiva ad esercitare le azioni per il risarcimento dei danni arrecati alla società e per il risarcimento dei danni riflessi subiti dai creditori sociali. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

Il Tribunale

Preliminarmente, però, va esaminata una questione pregiudiziale sulla quale le parti non si sono soffermate neanche negli scritti difensivi finali, ma che rientra tra quelle che, anche d'ufficio, il giudice deve risolvere.

La questione è quella dell'incidenza della disciplina di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la cd. riforma del diritto societario, sulla legittimazione del curatore fallimentare a promuovere l'azione sociale e quella dei creditori sociali nei confronti degli amministratori delle società a responsabilità limitata.

La nuova normativa è entrata in vigore a far data dal 1 gennaio 2004, ossia dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni (tenutasi il 1 dicembre 2003), ma è evidente che le eventuali modifiche di carattere processuale, concernenti una condizione dell'azione (la legittimazione ad agire), rilevano anche nei giudizi pendenti (mancando una apposita disciplina transitoria), per cui delle stesse il giudice deve tener conto al momento della decisione.

E' noto che, a seguito della riforma, la disciplina dell'azione sociale e dei creditori sociali della s.p.a. non è mutata, mentre il novellato art. 2476 c.c., nel regolare la responsabilità degli amministratori delle s.r.l., sembra occuparsi solo dell'azione promossa dai singoli soci e non richiama (come prima faceva l'art. 2487 c.c.) la disciplina della responsabilità verso la società e verso i creditori sociali degli amministratori delle s.p.a.

a)      Anche alla luce del nuovo testo normativo, però, nessun dubbio può sussistere in ordine al fatto che la società (a responsabilità limitata) continua ad essere legittimata a promuovere direttamente l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, in quanto ciò si desume dai principi generali (secondo cui ogni soggetto ha il libero esercizio dei diritti che gli spettano) ed in quanto quella promossa dai singoli soci non è altro che l'azione sociale (cfr. in tal senso anche la relazione al d.lgs. di riforma), tant'è che la causa instaurata dai so-ci può poi essere rinunziata o transatta dalla società (cfr. art. 2476, comma 5, c.c. novellato).

b)      Parimenti, nessun dubbio può sussistere in ordine al fatto che, pur in assenza di specifiche previsioni (esistenti, invece, per le s.p.a.: cfr. l'art. 2394 bis c.c. ), in caso di fallimento della società il curatore continua ad essere legittimato ad esercitare l'azione sociale di responsabilità, in virtù di quanto ancora oggi dispone l'art. 146 I. fall. e poiché certamente ciò discende dagli artt. 42 e 43 L fall. (secondo cui il curatore subentra nell'amministrazione del patrimonio sociale ed è l'unico legittimato a stare in giudizio nelle controversie relative ai rapporti compresi nel fallimento).

c)      Nel silenzio del legislatore della novella, è controverso, invece, se permanga l'azione di responsabilità dei creditori sociali (espressamente regolata solo per le s.p.a.). Premesso che quella dei creditori sociali va qualificata come un'azione diretta e non surrogatoria, autonoma (rispetto a quella sociale) e di natura extracontrattuale (cfr., amplius Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488), ad avviso del collegio non può condividersi l'opinione, espressa da alcuni tra i primi commentatori della nuova disciplina, secondo cui l'omessa previsione dell'azione di responsabilità dei creditori sociali delle s.r.l. ha comportato l'eliminazione della stessa dall'ordinamento.

Deve, invece, ritenersi che il silenzio del legislatore dipenda da un mero difetto di coordinamento tra la disciplina delle s.p.a. e quella delle s.r.l. e che, comunque, sia irrilevante.

Invero, dall'ermeticità dei nuovi dati normativi non può certo desumersi l'inequivoca volontà del legislatore di escludere l'azione dei creditori sociali per i danni riflessi ed, infatti, nulla a riguardo si legge nella relazione di accompagnamento al d.lgs. di riforma, in cui pure vengono evidenziate tutte le «novità» introdotte.

In ogni caso, va condivisa la tesi, già sostenuta da autorevole dottrina, secondo cui l'art. 2394 c.c. costituisce solo uno dei riconoscimenti legislativi della cd. tutela aquiliana dei diritti di credito e della risarcibilità dei danni riflessi, ma che la rilevanza giuridica del «bene della vita» rappresentato dall'interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale può desumersi anche da altri dati normativi e dai principi generali (arg. ex artt. 2740 ss. c.c., 2043 ss. c.c., etc.). In buona sostanza, anche in mancanza di un'espressa previsione di legge, la legittimazione dei creditori sociali a promuovere l'azione di responsabilità per i danni derivanti dalla mancata conservazione del patrimonio sociale discende dall'applicazione della norma generale di cui all'art. 2043 c.c.

D'altronde, anche se in modo frammentario e disorganico, il legislatore continua a prevedere espressamente casi in cui i creditori possono agire per i danni nei confronti dei titolari delle cariche sociali delle s.r.l. Invero, i creditori sociali delle s.r.l. (come quelli delle s.p.a.) rimangono tuttora legittimati ad agire nei confronti degli amministratori per il risarcimento dei danni connessi al ritardo o all'omissione dell'accertamento e della pubblicità di una causa di scioglimento (cfr. art. 2485, comma 1, c.c. novellato), per il risarcimento dei danni conseguenti all'indebito uso dei poteri di conservazione del patrimonio sociale dopo lo scioglimento della società (cfr. art. 2486 c.c. novellato), per il risarcimento dei danni cagionati all'integrità del patrimonio della società controllata nel caso di gruppo di società (cfr. art. 2497, comma 2, c.c. novellato). Né può negarsi la legittimazione ad agire dei creditori sociali nei confronti dei sindaci (nel caso in cui vi sia obbligo di nomina dell'organo di controllo), essendo in questo caso (cfr. l'art. 2477 c.c. novellato) integralmente richiamata la disciplina dettata per le società per azioni e quindi anche il disposto di cui all'art. 2407 c.c. (che in tema di responsabilità dei sindaci a sua volta rinvia agli artt. 2392 ss. c.c. ).

Pertanto, da tutti i suindicati dati normativi, interpretati in modo sistematico, deve trarsi la conclusione secondo cui tuttora sussiste la legittimazione dei creditori delle s.r.l. a richiedere il risarcimento di quei danni cd. riflessi causati dalle condotte sanzionate (per gli amministratori delle s.p.a.) dall'art. 2394 c.c.

Del resto quella suesposta appare l'unica interpretazione, per così dire, costituzionalmente orientata, posto che altrimenti le nuove disposizioni non sembrano sottrarsi a censure di illegittimità costituzionale per violazione del principio di eguaglianza, stante la disparità del trattamento riservato ai creditori a seconda della diversa tipologia della persona giuridica debitrice, pur in presenza di uguale limitazione della responsabilità dei soci.

Inoltre, ancor più stridente con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost. appare l'interpretazione non condivisa, se si pensa che la stessa, in mancanza di apposite disposizioni transitorie, comporta il venir meno della legittimazione dei creditori anche nei processi pendenti ed anche in relazione a fattispecie di danno risalenti ad epoca in cui la disciplina sostanziale della responsabilità degli amministratori delle s.r.l. e delle s.p.a. era del tutto identica.

Né può ritenersi che il legislatore delegato sia stato effettivamente «autorizzato» ad eliminare l'azione dei creditori sociali delle s.r.l., considerato che l'art. 3, lett. i), legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 impone di prevedere «norme inderogabili in materia di formazione e conservazione del capitale sociale, nonché in materia di liquidazione che siano idonee a tutelare i creditori sociali». Anche sotto questo profilo, pertanto, l'interpretazio­ne cui il collegio aderisce si rende preferibile, apparendo altrimenti la nuova disciplina in contrasto con i principi ed i criteri direttivi di cui alla legge-delega (e, di conseguenza, illegittima exart. 76 Cost.).

Del resto, l'azione dei creditori sociali appare funzionale rispetto alla tutela dell'interesse pubblico al corretto funzionamento dell'impresa, che rimane tuttora un limite a quella pur vasta autonomia che le nuove regole di funzionamento delle s.r.l. intendono riconoscere ai soci.

A quest'ultimo riguardo, peraltro, va osservato che, secondo l'opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, anche il creditore sociale di una società diverso ne può esercitare l'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore, essendo applicabile in via analogica l'art. 2394 c.c. (cfr., da ultimo, Trib. Milano 24 marzo 2003), per cui a maggior ragione ciò deve ritenersi ammissibile per le s.r.l., pur se caratterizzate come società personali che godono del beneficio della responsabilità limitata (cfr., per tale definizione, la relazione al d.lgs. di riforma).

d) Sulla scorta di analoghe considerazioni deve ritenersi che tuttora sussista anche la legittimazione del curatore fallimentare all'esercizio dell'azione dei creditori per i danni riflessi e che il silenzio del legislatore sia più apparente che reale.

Ovviamente, nessuno dubita del fatto che il curatore non ha, in generale, un potere di rappresentanza dei diritti dei creditori e che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, il curatore non può far valere in nome dei creditori la responsabilità di terzi (cfr. amplius Trib. Milano 9 maggio 2001). Infatti, la legittimazione sostitutiva del curatore presuppone una espressa previsione di legge (cfr. art. 81 c.p.c.) ed effettivamente è stata finora il «frutto di una scelta del legislatore volta ad assicurare alla curatela un maggior livello di tutela» (così Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488, cit.).

E vero anche che, per le s.p.a., l'art. 2394 bis c.c. ribadisce che in caso di fallimento le azioni di responsabilità (quella sociale e quella dei creditori) spettano al curatore e che, per le s.r.l., nel codice civile non vi è più un'analoga disposizione.

Tuttavia, ad avviso del collegio, il fatto che nel codice civile non vi sia più, per le s.r.l., una norma che richiami la disciplina delle s.p.a. (come faceva il previgente art. 2487 c.c.), non basta a far ritenere che sia venuta meno la legittimazione sostitutiva del curatore, dovendosi valorizzare le disposizioni della legge fallimentare e, in particolare, quelle di cui agli artt. 146, comma 2, e 2401. fall., che non sono stati abrogati.

Invero, l'art. 146 cit. continua a rimanere applicabile in caso di fallimento delle società, senza distinzioni. In base a detta norma, le azioni di responsabilità esperibili nei confronti degli amministratori confluiscono nell'unica azione (di cui diviene titolare il curatore), che, cumulando i presupposti e gli scopi delle altre, risulta finalizzata al risultato di acquisire all'attivo fallimentare tutto quanto sottratto per fatti imputabili agli amministratori e che si caratterizza come azione dal carattere unitario e inscindibile (cfr. Cass. 24 marzo 1999, n. 2772, 8 febbraio 2000, n. 1375, 6 dicembre 2000, n. 15487, etc.), per cui è evidente che, non essendo stato abrogato, l'art. 146 cit. va interpretato estensivamente. Vero è che l'art. 146 cit. richiama solo gli artt. 2393 e 2394 c.c., ma è noto che detta disposizione è stata sempre interpretata nel senso che il rinvio contenuto nella norma fosse fatto tout court alla disciplina dell'azione sociale e a quella dell'azione dei creditori per i danni riflessi, tant'è che anche il riferimento all'art. 2393 c.c. (piuttosto che all'art. 2392 c.c.) non è mai apparso pertinente, né si è mai dubitato del fatto che la norma intendesse richiamare anche l'art. 2487 c.c. (per gli amministratori delle s.r.l.).

Pertanto, ancora oggi, non appare fuor di luogo «leggere» il citato art. 146 1. fall. nel senso che lo stesso richiami, per relationem, le vigenti disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori delle s.r.l., ossia l'art. 2476 c.c. (per l'azione sociale) e l'art. 2043 c.c. ovvero l'art. 2394 c.c., se applicabile per analogia (per l'azione dei creditori per i danni riflessi), nonché gli arti. 2485, comma 1, c.c., 2486 c.c. e 2497, comma 2, c.c. novellati.

In buona sostanza, è preferibile un'interpretazione sistematica, in virtù della quale il vero significato della norma appare essere quello di escludere la legittimazione esclusiva del curatore fallimentare solo per le azioni individuali dei terzi per i cd. danni diretti.

D'altronde, neanche l'art. 240 1. fall. è stato modificato e anche questa norma appare attribuire al curatore la legittimazione esclusiva a costituirsi parte civile nel processo penale, salvo che per il risarcimento dei danni arrecati direttamente a singoli creditori (i quali rimangono, in detti limiti, unici legittimati a costituirsi parte civile).

Dal combinato disposto di cui agli artt. 146 e 2401. fall. si desume, quindi, che sia in sede civile, sia in sede penale il curatore rimane legittimato in via esclusiva ad esercitare le azioni per il risarcimento dei danni arrecati alla società e per il risarcimento dei danni riflessi subiti dai creditori sociali.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il collegio ritiene che nel caso di specie il curatore del fallimento continui, anche in base ai mutati dati normativi, ad essere legittimato a coltivare le azioni originariamente promosse e, comunque, certamente l'azione sociale di responsabilità.