Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 10684 - pubb. 30/06/2014

Gli atti di frode possono comportare la revoca del concordato anche se portati a conoscenza dei creditori

Cassazione civile, sez. I, 26 Giugno 2014, n. 14552. Pres. Rordorf. Est. Bernabai.


Concordato preventivo - Atti di frode - Inganno portato a conoscenza dei creditori - Irrilevanza - Potere-dovere del giudice di revocare il concordato indipendentemente dalla presa di posizione dei creditori

Concordato preventivo - Atti di frode - Revoca del concordato - Voto favorevole dei creditori - Irrilevanza

Concordato preventivo - Rilevanza del compimento di atti di frode indipendentemente dalla disponibilità dei creditori ad approvare il concordato - Reintroduzione del giudizio di meritevolezza



La rilevanza, ai fini e per gli effetti di cui all’articolo 173 LF, della natura fraudolenta degli atti posti in essere dal debitore e potenzialmente decettivi nei riguardi dei creditori, è ravvisabile anche nell’ipotesi in cui l’inganno effettivamente realizzato sia stato reso noto ai creditori prima del voto. Se, infatti, così non fosse, se cioè l’accertamento degli atti fraudolenti ad opera del commissario potesse essere superato dal voto dei creditori che, informati della frode, siano ugualmente disposti ad approvare la proposta concordataria, non si capirebbe perché il legislatore ricollega, invece, immediatamente alla scoperta degli atti in frode il potere-dovere del giudice di revocare l’ammissione al concordato e ciò senza la necessità di alcuna presa di posizione sul punto da parte dei creditori. Questo significa che il legislatore ha inteso sbarrare la via del concordato al debitore il quale abbia posto dolosamente in essere gli atti contemplati dal citato articolo 173, individuando in essi una ragione di radicale non affidabilità del debitore medesimo e, quindi, nel loro accertamento, un ostacolo obiettivo ed insuperabile alla prosecuzione della procedura. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L’accertamento, ad opera del commissario giudiziale, di atti di occultamento o dissimulazione dell’attivo, della dolosa omissione della denuncia di uno o più creditori, dell’esposizione di passività insussistenti o della commissione di altri atti di frode da parte del debitore, determina la revoca dell’ammissione al concordato, a norma dell’articolo 173 L.F., indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e quindi anche nell’ipotesi in cui i creditori medesimi siano stati resi edotti di quell’accertamento. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Il fatto che l’accertamento da parte del commissario di atti di frode possa determinare la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, a norma dell’articolo 173 L.F., indipendentemente dalla circostanza che i creditori, debitamente informati di tali atti di frode, abbiano espresso voto favorevole, non vale ad reintrodurre il giudizio di meritevolezza che la riforma della legge fallimentare ha espunto dal novero dei presupposti per l’ammissione al concordato preventivo. La meritevolezza era, infatti, un requisito positivo di carattere generale, che implicava la necessità di un apprezzamento favorevole della pregressa condotta dell’imprenditore (sfortunato, ma onesto), nell’ottica di una procedura prevalentemente concepita come beneficio premiale. Era, quindi, nozione ben più ampia dell’assenza di atti di frode, non solo genericamente pregiudizievoli, ma che devono essere direttamente finalizzati, in esecuzione di un disegno preordinato, a trarre in inganno i creditori in vista dell’accesso alla procedura concordataria. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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