Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17339 - pubb. 26/05/2017

Applicabile la falcidia Iva anche all’accordo previsto dalla legge 3/2012 sul sovraindebitamento

Tribunale Pistoia, 26 Aprile 2017. Est. D'Amora.


Procedure concordate di composizione della crisi – Falcidia Iva – Ratio – Condizioni – Applicabilità all’accordo ex l. 3/2012



L'art. 7 della legge 3/2012 (così come l'art. 182-ter nella versione anteriore a quella ora vigente) si limita a replicare, in modo affatto neutrale, la regola eurocomunitaria espressa secondo la quale gli Stati membri hanno l'obbligo di garantire il prelievo integrale dell'IVA sul territorio ai sensi degli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA nonché dell'articolo 4, paragrafo 3, TUE.

Così come nella normativa comunitaria non è esplicitata la regola derivata (per l'appunto, implicita) secondo cui gli Stati membri, ove non sia possibile il prelievo integrale, possono/devono garantire il miglior prelievo possibile per come accertato nell'ambito di un procedimento sottoposto a controllo giurisdizionale e nell'ambito del quale sia garantita la possibilità di voto e di opposizione del creditore, ugualmente è a dirsi in riferimento alla regola sull'IVA contenuta nell'art. 7.

L'interpretazione conforme (alla luce della sentenza del 7 aprile 2016 della Corte di Giustizia UE) consente di ritenere che il divieto di falcidia dell'IVA previsto dalla norma la sull'accordo del sovraindebitato faccia implicitamente salva l'ipotesi che la proposta preveda un trattamento migliore rispetto a quello consentito dalla alternativa liquidatoria di cui all'art. 14-ter, esprimendo così la regola generale rispetto alla quale l'eccezione deve ritenersi non esclusa, ma implicita.

Ciò potrà verificarsi tutte le volte in cui intervenga per il pagamento di una quota del credito IVA (e dei creditori chirografari se esistenti) un apporto finanziario esterno, non ipotizzabile nel caso di liquidazione, per cui diventi possibile il giudizio positivo in ordine al trattamento migliore nell'ambito della procedura consensuale, in assenza di maggiori incrementi (o decrementi dell'indebitamento riconosciuto) tipicamente riconducibili alla fase liquidatoria.

Sotto altro profilo, si può notare che il terzo periodo del primo comma dell'art. 7 esordisce con l'espressione "in ogni caso" che si collega con la regola sul pagamento non integrale dei creditori privilegiati all'interno della quale pare espressa la previsione della sola dilazione dell'IVA, lasciando spazio operativo ad una diversa regola quale quella del trattamento migliore rispetto alla alternativa liquidatoria a seguito di apporto di finanza esterna.

Tale considerazione appare particolarmente significativa in tema di concordato preventivo e di valutazione dell'ambito applicativo del nuovo art. 182-ter che, per quanto prima osservato, adotta un criterio selettivo (la incapienza dei beni soggetti a prelazione) più angusto e dissonante rispetto a quello inteso dalla sentenza del 7 aprile 2016 della Corte di Giustizia UE.

Anche al fine di evitare nuove censure a livello comunitario, adottando una interpretazione conforme ai principi UE, sembra sostenibile ipotizzare il mantenimento di un doppio binario così strutturato:
a) la transazione fiscale sarebbe l'unica via percorribile dal debitore (con ciò dando significato all'avverbio "esclusivamente" di cui all'incipit dell'art. 182-ter) che intendesse proporre una falcidia dell'IVA nei limiti della capienza dei beni e cioè solo dimostrando che la falcidia proposta non è deteriore in relazione alla valutazione dei beni oggetto di prelazione;
b) ma anche nel concordato semplice (senza transazione fiscale) sarebbe sempre ammissibile una falcidia IVA, purché modulata in conformità con i principi comunitari e, dunque, da valutarsi in riferimento al diverso (e più severo) filtro della convenienza della proposta rispetto alla alternativa liquidatoria, come indicato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE del 7 aprile 2016.

Tale interpretazione riporterebbe la questione IVA all'interno della normale dinamica concordataria restaurando quel rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina del concordato semplice e la disciplina del concordato con transazione fiscale così, come delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione del 2016. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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