Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19411 - pubb. 29/03/2018

Domanda di auto-fallimento e assistenza alla preparazione del concordato preventivo: compenso spettante all'avvocato e produzione della procura alle liti

Cassazione civile, sez. I, 06 Marzo 2018, n. 5260. Est. Magda Cristiano.


Fallimento - Domanda di auto-fallimento - Preparazione del concordato preventivo - Compenso all'avvocato per l'assistenza - Prova - Produzione della procura alle liti - Irrilevanza



La produzione in giudizio della procura alle liti non è indispensabile ai fini della prova dello svolgimento dell'attività giudiziale prestata in favore di impresa in vista della proposizione della domanda di auto-fallimento, atteso che il debitore - imprenditore insolvente - che promuove il c.d. procedimento di istruttoria prefallimentare non è tenuto a stare dinanzi al giudice col ministero o l'assistenza di un difensore e che dunque il fatto che il relativo ricorso sia stato presentato da lui personalmente non esclude che si sia rivolto ad un legale per lo studio della pratica e la redazione dell'atto.

Allo stesso modo, la produzione in giudizio della procura alle liti non può essere richiesta quale prova per lo svolgimento di attività stragiudiziale consistita nell'analisi della situazione finanziaria dell'impresa e nella redazione di una bozza di ricorso per l'ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, non potendosi escludere, per il solo fatto della mancanza della procura, che tali prestazioni rientrino fra quelle di assistenza nella procedura concorsuale minore. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere -

omissis

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

omissis

Svolgimento del processo

La Corte d'appello di Potenza ha respinto l'appello proposto dall'avv. P.G. contro la sentenza del Tribunale di Matera che aveva a sua volta respinto l'opposizione allo stato passivo del Fallimento di (*) s.r.l. avanzata dall'avvocato per ottenere l'integrale ammissione dei crediti, riconosciutigli solo parzialmente, vantati in corrispettivo di prestazioni professionali effettuate in favore della società poi fallita.

La corte del merito, per ciò che in questa sede ancora interessa, premesso che l'appellante non aveva prodotto le procure alle liti conferitegli dal legale rappresentante di (*), ha escluso che la prova che egli avesse svolto una serie di prestazioni giudiziali in favore della società potesse trarsi dalle copie informi degli atti difensivi - relativi alle cause asseritamente officiate - che il legale aveva prodotto in giudizio o potesse essere fornita in via testimoniale; quanto ai compensi pretesi da P. in corrispettivo di prestazioni stragiudiziali, ha affermato: che l'analisi della situazione finanziaria della fallita non poteva essere valutata come attività di particolare rilevanza, tale da giustificare onorari superiori a quelli minimi riconosciuti dal G.D.; che la mera redazione di una "bozza di ricorso per ammissione al concordato preventivo" non implicava un'attività di assistenza nella procedura concorsuale proprio in ragione della mancanza di un mandato alle liti; che, comunque, il credito dell'avvocato per prestazioni stragiudiziali ammesso al passivo, determinato ai sensi della lettera F delle tariffe approvate col D.M. n. 585 del 1994, doveva ritenersi congruo anche tenuto conto di tale attività, stante il valore indeterminato della relativa pratica.

La sentenza, pubblicata il 7.5.012, è stata impugnata dall'avv. P. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria.

Il ricorrente ha provveduto a rinnovare la notificazione del ricorso, inizialmente non andata a buon fine, entro il termine concessogli da questa Corte ai sensi dell'art. 291 c.p.c..

Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, che denuncia violazione dell'art. 83 c.p.c., e art. 1703 c.c., oltre che vizio di motivazione, il ricorrente lamenta la mancata ammissione del credito richiesto in corrispettivo di prestazioni giudiziali. Contesta che l'avvenuto conferimento dei mandati professionali potesse essere provato solo attraverso la produzione delle relative procure alle liti e non anche in via testimoniale, rilevando che l'attività di assistenza tecnica, di redazione delle difese e di indirizzo della controversia, richiede unicamente la stipulazione di un negozio bilaterale (il c.d. "contratto di patrocinio"), che non necessita di forma scritta e che va tenuto distinto dalla procura ad litem, negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio. Assume, in particolare, che la presentazione da parte di (*) di un'istanza di fallimento in proprio, per la quale non era necessaria l'assistenza in giudizio di un legale, non escludeva che egli avesse prestato assistenza "giudiziale" alla società, svolgendo le prestazioni di studio della pratica, di consultazione con il cliente e di redazione dell'istanza, prodotta quale documento sub. 15. Lamenta, inoltre, la mancata ammissione della prova testimoniale dedotta a conferma dello svolgimento dell'attività.

Il motivo, pur muovendo da un'esatta premessa di diritto, è nella sua prima parte inammissibile, in quanto non risulta che l'avv. P. abbia mai allegato (nè, tantomeno, provato od offerto di provare) che la (*) lo aveva incaricato di difenderla nei giudizi associandolo ad altro legale, cui era stata conferita la procura alle liti, non potendo altrimenti trovare spiegazione l'avvenuto deposito degli atti che il ricorrente assume di aver redatto (e per i quali il credito è preteso) in processi in cui la società doveva essere necessariamente rappresentata da un avvocato. E' invece fondato nella parte in cui lamenta che la produzione della procura sia stata ritenuta indispensabile anche ai fini della prova dello svolgimento dell'attività giudiziale prestata in favore di (*) in vista della proposizione della domanda di auto-fallimento, atteso che il debitore - imprenditore insolvente - che promuove il c.d. procedimento di istruttoria prefallimentare non è tenuto a stare dinanzi al giudice col ministero o l'assistenza di un difensore e che pertanto il fatto che il relativo ricorso sia stato presentato da lui personalmente non esclude che si sia rivolto ad un legale per lo studio della pratica e la redazione dell'atto: ne consegue l'erroneità della decisione assunta sul punto dalla corte territoriale, che avrebbe in primo luogo dovuto valutare se il documento prodotto sub. 15 dal ricorrente fosse di per se stesso sufficiente all'accoglimento della domanda di ammissione dello specifico credito in esame ed eventualmente, in caso di ritenuta sua inidoneità, ammettere la prova per testi articolata a conferma dello svolgimento delle prestazioni.

2) Col secondo motivo, che lamenta ulteriore violazione dell'art. 83 c.p.c., e art. 1703 c.c., nonchè vizio di motivazione, l'avv. P. si duole del mancato riconoscimento di un compenso per l'attività stragiudiziale di assistenza nella procedura di concordato preventivo, la cui prova aveva fornito in via documentale ed anche offerto in via testimoniale.

3) Con il terzo e con il quarto motivo, denunciando ulteriori vizi di motivazione della sentenza e violazione di plurimi articoli del D.M. n. 585 del 1994, il ricorrente deduce che l'attività di "valutazione della situazione finanziaria" della cliente, non contemplata da alcuna specifica voce della tariffa forense approvata col cit. D.M., rientrava a pieno titolo in quella di assistenza nella procedura concorsuale minore; assume inoltre che il compenso per detta attività avrebbe dovuto essere liquidato secondo i criteri previsti dal punto 4) della tabella stragiudiziale della tariffa, e non già dei criteri di cui al punto 2 lett. F), previa determinazione del valore della prestazione, ai sensi dell'art. 5, comma 3, delle norme generali dettate in materia, con riferimento all'ammontare del passivo.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati sotto tutti i profili dedotti.

La corte territoriale, dopo aver accertato che l'avv. P. aveva proceduto all'analisi della situazione finanziaria di (*) e persino redatto una bozza di ricorso per l'ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, ha, del tutto illogicamente, escluso che tali prestazioni rientrassero fra quelle di assistenza nella procedura concorsuale minore sulla scorta dell'unico rilievo della mancanza di un "mandato alle liti" - per definizione non richiesto e non richiedibile in materia di prestazioni stragiudiziali - e per la medesima, errata ragione, non ha neanche dato ingresso alla prova testimoniale (pienamente ammissibile ove ritenuta necessaria ad integrare quella fornita in via documentale) articolata dall'odierno ricorrente a conferma del ricevimento e dell'avvenuta esecuzione dell'incarico (che ben può essere conferito oralmente) avente ad oggetto lo studio di fattibilità del concordato.

Anche l'ulteriore ratio posta a fondamento del capo della decisione impugnato, secondo cui, pur a voler ritenere l'attività stragiudiziale in questione documentalmente provata, il credito ad essa relativo sarebbe stato comunque ricompreso in quello già ammesso dal G.D. allo stato passivo, è sorretta da due distinte affermazioni palesemente errate: il giudice d'appello ha infatti attribuito valore indeterminato alla pratica relativa all'assistenza in procedure concorsuali, laddove, ai sensi dell'art. 5 disp. gen., comma 3, in materia di tariffe per prestazioni stragiudiziali approvate col D.M. n. 585 del 1994, esso andava determinato con riguardo all'ammontare del passivo del cliente debitore, ed ha inoltre ritenuto che gli onorari per detta assistenza andassero liquidati facendo applicazione dei criteri di cui al n. 2, lett. F della tabella, anzichè di quelli di cui al successivo n. 4, che espressamente li contempla.

All'accoglimento parziale del primo motivo del ricorso ed all'accoglimento integrale dei successivi motivi conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d'appello di Potenza in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte d'appello di Potenza in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018