Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19750 - pubb. 25/05/2018

Il credito del professionista attestatore va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento senza valutazione ex post dell'utilità della prestazione per la massa dei creditori

Cassazione civile, sez. I, 16 Maggio 2018, n. 12017. Est. Pazzi.


Fallimento - Credito del professionista attestatore - Crediti sorto in funzione della procedura - Prededuzione - Valutazione ex post della utilità per la massa - Esclusione

Fallimento - Ammissione al passivo - Credito del professionista attestatore - Eccezione di inadempimento della prestazione - Deduzione - Modalità



In altri termini la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità del credito di cui all'art. 111, comma 2, l.fall. deve essere compiuta controllando se l'attività professionale prestata possa essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sè sola e pena la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludere il ricorso all'istituto.

La funzionalità è dunque ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest' ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all'iniziativa assunta. Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un'utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità.

La collocazione in prededuzione prevista dalla L. Fall., art. 111, comma 2, costituisce infatti un'eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola.

L'utilità concreta per la massa dei creditori - a prescindere dal fatto che l'accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sè un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento della revocatoria fallimentare, non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata.

Non vi è dubbio quindi che il credito del professionista che abbia predisposto l'attestazione prevista dalla L. Fall., art. 161, comma 3, rientri tra i crediti sorti "in funzione" di quest'ultima procedura e, come tale, a norma della L. Fall., art. 111, comma 2, vada soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L'eccezione di inadempimento della prestazione deve essere eccepita e contestata dal curatore mediante opposizione al decreto di ammissione del credito e non può essere sollevata per la prima volta in sede di ricorso per cassazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



Segnalazione del Dott. Marcello Pollio


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. FERRO Massimo - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - rel. Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -

Dott. FICHERA Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Rilevato che:

1. il Giudice delegato al fallimento di (*) s.r.l. in liquidazione, con provvedimento del 3 agosto 2012, ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dal Dott. Pollio Marcello, il quale aveva curato la predisposizione della relazione di cui alla L. Fall., art. 161, comma 3, in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, rispetto a onorari e oneri previdenziali e per il resto in chirografo, escludendo la natura prededucibile dello stesso.

2. Con decreto in data 20 dicembre 2012 il Tribunale di Casale Monferrato, in riforma della statuizione del Giudice delegato, disponeva l'ammissione del credito del ricorrente in prededuzione L. Fall., ex art. 182 quater, dopo aver sottolineato che la relazione dell'attestatore, imprescindibile per l'apertura del concordato, era stata valutata come idonea e conforme ai principi di legge al momento dell'apertura della procedura concordataria; una simile valutazione rendeva poi irrilevante, ai fini della collocazione in prededuzione del credito, il fatto che l'ammissione fosse stata in seguito revocata a causa del mancato versamento della cauzione fissata all'interno del decreto di apertura.

3. Ha proposto ricorso per cassazione contro tale pronuncia il fallimento (*) s.r.l. in liquidazione, onde far valere tre motivi di impugnazione.

Ha resistito con controricorso il Dott. P.M. proponendo anche ricorso incidentale.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, con cui ha sollecitato il rigetto del ricorso principale.

 

Considerato che:

3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 111, comma 2, e art. 182 quater, con riferimento all'art. 12 preleggi e alla L. Fall., art. 161, comma 3, sia perchè il decreto di apertura nulla prevedeva in ordine alla collocazione in prededuzione delle spese dell'attestatore, sia perchè la funzionalità alla procedura si identificava nel concetto di effettiva utilità per la massa concorsuale e non con l'imprescindibilità dell'attestazione per l'apertura del procedimento.

Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 161, comma 3, artt. 162 e 163, con riferimento alla L. Fall., art. 111, comma 2, e art. 182 quater, e art. 12 preleggi: in tesi di parte ricorrente il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che la valutazione di ammissibilità della domanda si fondasse anche sull'idoneità e sulla conformità ai principi di legge della relazione attestatrice, in quanto la verifica a cui il Tribunale era chiamato in sede di apertura della procedura consisteva in una mera valutazione di non manifesta inadeguatezza prima facie della relazione del professionista e non si estendeva certo alla sua utilità per la massa dei creditori, aspetto che solo lo sviluppo della procedura avrebbe consentito di apprezzare. Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, poichè il collegio dell'opposizione aveva omesso di esaminare fatti e documenti decisivi al fine del disconoscimento della prededucibilità, costituiti dalla relazione dell'attestatore, dalla relazione L. Fall., ex art. 173, dei commissari giudiziali, dalla relazione L. Fall., ex art. 33, dei curatori fallimentari e dalla successiva integrazione, dalla scheda elenco clienti della compagine fallita, dalle risultanze di apertura del bilancio 2008 e dalle chiusure dei bilanci 2008 e 2009; questi documenti, ove esaminati, avrebbero evidenziato l'errata attestazione effettuata dal Dott. P. in ordine alle rimanenze aziendali e ai crediti, dimostrando così l'assenza di alcuna utilità della prestazione per la massa dei creditori e la sua evidente inidoneità rispetto allo scopo che la stessa doveva perseguire.

4. Il controricorrente ha denunciato in via incidentale, per quanto occorrer possa, la violazione della L. Fall., art. 111, e la falsa applicazione della L. Fall., art. 182 quater, in quanto il Tribunale aveva disposto l'ammissione al passivo del suo credito ai sensi di quest' ultima norma anzichè, come da lui richiesto, L. Fall., ex art. 111, comma 2.

5. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

5.1 Il decreto impugnato attiene al credito di un professionista che aveva predisposto l'attestazione di cui alla L. Fall., art. 161, comma 3, per un concordato presentato nel vigore della L. Fall., art. 182 quater, comma 4, a mente del quale il carattere prededucibile del credito vantato dall'attestatore era condizionato a una espressa disposizione in tal senso all'interno del provvedimento con cui era accolta la domanda di ammissione al concordato preventivo.

E' pacifico fra le parti che questa disposizione non fosse stata adottata all'interno del concordato di apertura; il che tuttavia non significa che per questo solo fatto possa essere negata la prededucibilità del credito in questione.

Infatti, mentre il provvedimento adottato ai sensi della L. Fall., art. 184 quater, comma 4, oramai abrogato costituiva un caso in cui la prededuzione era prevista espressamente dalla legge ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, la valutazione negativa formulata al medesimo riguardo in sede di ammissione del concordato ben poteva essere ridiscussa in sede di omologazione o riesaminata in caso di successivo fallimento alla luce dei generali principi previsti dalla L. Fall., medesimo art. 111, comma 2.

Il mancato riconoscimento del carattere prededucibile del credito non impediva quindi che la decisione venisse riesaminata in sede di ammissione al passivo secondo i generali canoni di cui alla L. Fall., art. 111, comma 2.

5.2 La giurisprudenza di questa Corte ha oramai da tempo intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità.

In questa prospettiva interpretativa è stato dapprima sottolineato (Cass. n. 5098/2014) che anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dalla L. Fall., art. 111, comma 2, quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale; ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell'intento di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali.

Atteso che la medesima ratio sta alla base del disposto della L. Fall., art. 67, lett. g), (che sottrae alla revocatoria fallimentare i pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall'imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura di concordato preventivo), si è di conseguenza ritenuto che il nesso funzionale che, in caso di mancato pagamento, giustifica la prededucibilità dei crediti derivanti dalle prestazioni stesse, pur se sorti prima dell'inizio della procedura, sia ravvisabile nella strumentalità di queste prestazioni rispetto all'accesso alla procedura concorsuale minore.

E' stato in seguito precisato (Cass. n. 6031/2014) che il disposto della L. Fall., art. 111, comma 2, deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto "per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali" L. Fall., ex art. 67, lett. g), quale l'attività prestata in favore dell'imprenditore poi dichiarato fallito in funzione dell'ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento; prova ne sia che la L. Fall., art. 182 quater, comma 2, individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell'apertura della procedura "in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo", rimanendo così confermato il significato dell'enunciato "in funzione", che richiama il concetto di "servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali" utilizzato dalla L. Fall., art. 67, lett. g), e della possibilità di intendere l'enunciato "strumentale a" come sinonimo di "funzionale" (valutazione condivisa da Cass. n. 19013/2014).

Dunque secondo l'orientamento sopra riassunto i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell'imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, poichè questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un' eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. n. 1765/2015).

In altri termini la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve essere compiuta controllando se l'attività professionale prestata possa essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sè sola e pena la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludere il ricorso all'istituto.

Dunque - secondo l'esemplificazione fatta da Cass. n. 280/2017 - la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest' ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all'iniziativa assunta.

Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un'utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità.

La collocazione in prededuzione prevista dalla L. Fall., art. 111, comma 2, costituisce infatti, come detto, un'eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola.

L'utilità concreta per la massa dei creditori - a prescindere dal fatto che l'accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sè un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento della revocatoria fallimentare, come ha ricordato Cass. n. 6031/2014 - non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata (Cass. n. 1182/2018).

Non vi è dubbio quindi che il credito del professionista che abbia predisposto l'attestazione prevista dalla L. Fall., art. 161, comma 3, rientri tra i crediti sorti "in funzione" di quest'ultima procedura e, come tale, a norma della L. Fall., art. 111, comma 2, vada soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti.

A questi principi si è correttamente ispirato il Tribunale laddove ha ritenuto - in sostanziale applicazione del disposto della L. Fall., art. 111, malgrado l'erroneo richiamo alla L. Fall., art. 182 quater, contenuto nel dispositivo - che l'attività professionale prestata dall'odierno controricorrente avesse fornito un supporto imprescindibile per l'apertura della procedura e potesse quindi essere ricondotta, secondo una valutazione ex ante, nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite, a prescindere dal successivo esito della stessa.

6. L'ultimo motivo di ricorso risulta inammissibile stante il carattere non decisivo del fatto storico di cui si denuncia il mancato esame.

La doglianza è tesa a lamentare la mancata valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall'erroneità dell'attestazione effettuata dal Dott. P. in ordine a rimanenze aziendali e ai crediti esigibili.

Una simile valutazione tuttavia non è affatto funzionale alla collocazione in prededuzione del credito in questione, da riconoscersi, come detto in precedenza, in ragione della funzionalità dell'opera professionale prestata agli intenti risanatori perseguiti dall'imprenditore.

Rimaneva invece preclusa al giudice di merito ogni valutazione circa le concrete modalità con cui il mandato professionale era stato adempiuto.

In vero il curatore, ove avesse inteso eccepire l'inesatto adempimento della prestazione compiuta dall'attestatore, era tenuto a proporre impugnazione nel termine di rito avverso l'ammissione al passivo disposta dal G.D., seppur in parziale accoglimento della domanda di insinuazione; risultano perciò irrilevanti le deduzioni che avrebbero giustificato un' eccezione di adempimento, che peraltro nel caso di specie non era stata neppure sollevata.

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

8. Il ricorso incidentale non deve invece essere esaminato, risultando assorbito dalla reiezione del ricorso principale.

Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale, nella specie, l'inesatta qualificazione della domanda) ha infatti natura di ricorso condizionato all'accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione implicita (stante la sostanziale applicazione del disposto dell'art. 111 legge fall.) da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale deve esaminato dalla Corte solo in presenza dell'attualità dell'interesse, ovvero unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass., Sez. U, n. 7381/2013).

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2018.