ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23062 - pubb. 11/01/2019.

Definizione di impresa collettiva ai fini previsti dall'art. 10 legge fall.


Cassazione civile, sez. VI, 26 Settembre 2014, n. 20394. Pres. Di Palma. Est. De Chiara.

Imprenditore ritirato - Art. 10 legge fall. - Imprese collettive - Interpretazione - Fondamento


Le società, con o senza limitazione della responsabilità dei soci, abbiano o meno la personalità giuridica, sono tutte forme di esercizio collettivo dell'impresa, sicchè ad esse, senza distinzione alcuna, deve intendersi riferita, ai fini previsti dall'art. 10 legge fall., l'espressione "impresa collettiva", ivi contenuta. (massima ufficiale)

Il testo integrale
Segnalazione di:

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente   -

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -

Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere -

Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere -

Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ordinanza


PREMESSO IN FATTO

Che nella relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue:

1. - Il sig. S.M., liquidatore della M. Francesco s.rl, propose reclamo avverso la sentenza 19 maggio 2011 con cui il Tribunale di Roma aveva dichiarato il fallimento della predetta società.

La Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo osservando, tra l'altro, che l'avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese il 27 gennaio 2011 non ostava alla dichiarazione del fallimento, che, ai sensi della L. Fall., art. 10, può essere dichiarato anche entro un anno dalla cancellazione.

Il sig. S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui le parti intimate non hanno resistito.

2. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che tra le imprese "collettive" il cui fallimento può, ai sensi del richiamato art. 10, essere dichiarato entro un anno dalla cancellazione - che comporta l'estinzione - non rientrano le società di capitali. La s.r.l. M. Francesco, dunque, non poteva essere dichiarata fallita, essendo, alla data della dichiarazione del fallimento, inesistente per effetto dell'avvenuta cancellazione.

2.1. - Il motivo è infondato perchè l'espressione "imprese collettive", che figura nella L. Fall., art. 10, si riferisce chiaramente a tutte le società, senza alcuna distinzione, essendo tutte le società, di qualsiasi tipo, forme di esercizio "collettivo" dell'impresa, del quale la limitazione della responsabilità dei soci e la personalità giuridica dell'ente, tipiche delle società di capitali, sono soltanto particolari modalità.

3. - Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione per non avere la Corte d'appello motivato la soluzione data alla questione appena detta.

3.1. - Il motivo è inammissibile, perchè la censura di vizio di motivazione può riguardare le sole statuizioni in fatto, la motivazione di quelle in diritto essendo all'occorrenza rettificabile ai sensi dell'art. 384 c.p.c., u.c.;

che detta relazione è state, comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che l'avvocato della parte ricorrente ha presentato memoria.

 

Considerato in diritto

Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione sopra trascritta, non superate dalla memoria, secondo la quale imprese collettive sarebbero da definire soltanto le società di fatto, le società semplici e le società in nome collettivo;

che, invero, tale interpretazione restrittiva dell'espressione "imprese collettive" non soltanto contrasta con il significato letterale della stessa (collettivo essendo tutto ciò che è riferibile a una collettività, ed anche le società di capitali sono composte da una collettività di soci) e corrispondente all'uso comune, ma è assolutamente priva di giustificazione se tende ad escludere la possibilità di dichiarare il fallimento dopo la cancellazione, ai sensi della L. Fall., art. 10, delle società di capitali e solo di esse tra tutte le imprese;

che pertanto il ricorso va respinto;

che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2014.