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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23125 - pubb. 11/01/2019.

Computo del termine di cui all’art. 10 l.f. e criterio dell'effettività di una perdurante attività dell'impresa entro l'anno precedente


Cassazione civile, sez. VI, 21 Maggio 2012, n. 8033. .

Fallimento - Imprenditore ritirato - Termine annuale ex art.10 legge fall. - Decorrenza - Dalla cancellazione dal registro delle imprese - Presupposto - Effettiva istituzione del registro


Il termine di un anno dalla cessazione dell'attività, prescritto dall'art. 10 legge fall. ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, perché solo da tale momento la cessazione dell'attività viene formalmente portata a conoscenza dei terzi, salva la dimostrazione di una continuazione di fatto dell'impresa anche successivamente. Tuttavia tale principio non è applicabile nei casi risalenti ad epoca anteriore alla istituzione del registro, nei quali, quindi, l'accertamento della tempestività della dichiarazione del fallimento rimane affidato esclusivamente al criterio dell'effettività di una perdurante attività dell'impresa entro l'anno precedente. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALMÈ Giuseppe - Presidente -

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA


RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: "1.- B. Francesco ha proposto ricorso per cassazione - affidato a tre motivi - contro la sentenza della Corte di appello di Salerno che ha rigettato il suo reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania dell'11.3.2010 che ha dichiarato il suo fallimento.

Resistono con controricorso i creditori istanti s.p.a. Galliani & Sistemi e s.r.l. "OK Transport Eurogrup". Non ha svolto difese la curatela fallimentare intimata.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge lamentando che il fallimento sia stato dichiarato bensì entro l'anno dalla cancellazione dal registro delle imprese ma oltre l'anno dall'effettiva cessazione dell'attività.

Il motivo è infondato perché il termine di un anno dalla cessazione dell'attività, prescritto dalla L. Fall., art. 10, ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, perché solo da tale momento la cessazione dell'attività viene formalmente portata a conoscenza dei terzi, salva la dimostrazione di una continuazione di fatto dell'impresa anche successivamente (Sez. 1, Sentenza n. 4105 del 21/02/2007). 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che la Corte di appello non abbia ritenuto fondate le sue contestazioni del credito della s.r.l. "OK Transport".

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, non essendo contestata la legittimazione dell'altra società creditrice istante e considerato che ai fini del raggiungimento della soglia di cui alla L. Fall., art. 15, ciò che conta non è l'entità del credito vantato dal ricorrente, che potrebbe anche essere inferiore alla soglia fissata, ma l'insieme dei debiti inadempiuti risultanti dall'istruttoria prefallimentare (Sez. 1, C.C. 14 novembre 2011 in ric. R.G. n. 427/2009).

Invero, di recente questa Corte ha evidenziato (Sez. 1, C.C. 14 novembre 2011, cit.) che la dichiarazione di fallimento trova il suo presupposto, dal punto di vista obbiettivo, nello stato d'insolvenza del debitore, il cui riscontro prescinde da ogni indagine sull'effettiva esistenza dei crediti fatti valere nei confronti del debitore (essendo a tal fine sufficiente l'accertamento di uno stato d'impotenza economico patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte, con mezzi "normali", ai propri debiti) e può quindi essere legittimamente effettuato dal giudice ordinario anche quando i crediti derivino da rapporti riservati alla cognizione di un giudice diverso (Sez. U, Sentenza n. 1997 del 11/02/2003). La prova cui è tenuto il creditore istante per la dichiarazione di fallimento, ora che è stata soppressa la dichiarazione officiosa da parte del tribunale, attiene alla propria legittimazione ad agire. L'ordinamento conosce altri casi in cui colui che si qualifica come creditore può ottenere la modificazione di un rapporto giuridico facente capo al proprio debitore, come, ad esempio, nella revocatoria ordinaria nella quale - per consolidata giurisprudenza - la legittimazione non è esclusa dalla natura "litigiosa" o eventuale del credito (Cass. civ. Sez. Unite 18.05.2004 n. 9440). 2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dello stato di insolvenza.

Le censure - là dove non sono inammissibili perché versate in fatto o perché nuove (come la contestazione del credito di Equitalia Polis s.p.a., contestazione di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata e il ricorrente non specifica luogo e modalità di deduzione di essa) - sono infondate perché la Corte del merito, con motivazione esente da vizi logici, ha accertato la sussistenza dello stato di insolvenza correttamente applicando la giurisprudenza di questa Corte ed evidenziando l'esistenza di protesti ed esecuzioni forzate in danno del ricorrente con esposizione debitoria di oltre un milione di Euro a fronte di un capannone industriale gravato da ipoteche.

3.- Il ricorso, dunque, può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.. p. 2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida per ciascun controricorrente in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 marzo 2012. Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2012.