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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23130 - pubb. 11/01/2019.

Trasferimento della sede legale in Stato extracomunitario


Cassazione Sez. Un. Civili, 03 Ottobre 2011, n. 20144. Pres. Preden. Est. Di Palma.

Trasferimento della sede legale in Stato extracomunitario e della sede operativa in Stato comunitario - Dichiarazione di fallimento - Giurisdizione del giudice italiano - Sussistenza - Condizioni - Fondamento - Fattispecie


Spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all'istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali che abbia avuto in Italia la propria sede legale, prima che essa sia stata solo fittiziamente trasferita in uno Stato extracomunitario, unitamente al trasferimento in Stato comunitario della sede operativa. Infatti, posto il trasferimento della sede legale in Stato extracomunitario, la giurisdizione italiana persiste in ragione della sua inderogabilità, secondo il disposto degli artt. 9 e 10 legge fall. (come novellati dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, applicabile "ratione temporis") e dell'art. 25 della legge 31 maggio 1995, n. 218, i quali escludono la predetta giurisdizione solo nei casi di effettivo e tempestivo trasferimento all'estero; mentre, in ragione del carattere solo fittizio della sede legale, deve reputarsi vinta la presunzione di coincidenza di essa con la sede effettiva situata in uno Stato comunitario, stabilita dall'art. 3, paragrafo 1, del Regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, che, pertanto, risulta inapplicabile. (Nella specie, le S.U. hanno dichiarato sussistere la giurisdizione del giudice italiano a conoscere del fallimento di una società di capitali già con sede legale in Italia e che aveva trasferito detta sede negli Stati Uniti poco prima dell'istanza di fallimento, ma soltanto fittiziamente, giacché la sede effettiva degli affari era stata a sua volta trasferita in Gran Bretagna). (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 13190/2010

Dott. PREDEN Roberto - Primo Presidente f.f. -

Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente Sezione -

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere -

Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -

Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -

Dott. DI PALMA Salvatore - rel. Consigliere -

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA


FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con ricorso del 17-19 marzo 2010 (r.g. nn. 8368+13190 del 2010), Francesco D. - nella qualità di ex amministratore unico della s.r.l. Edicomprint, società incorporata nella s.r.l. D.G. Holding - ha proposto istanza di regolamento di giurisdizione, nei confronti della s.p.a. Equitalia Gerit, della soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, della s.r.l. Rotoservice e della D.G. Holding s.r.l. LLC, in riferimento alle cause promosse dinanzi al Tribunale ordinario di Roma - sezione fallimentare (1) dalla s.p.a. Equitalia Gerit nei confronti della s.r.l. D.G. Holding (r.g. n. 1183/09) con ricorso dell'11 agosto 2009, (2) dalla s.r.l. Rotoservice nei confronti della s.r.l. Edicoprint (r.g. n. 1241/09) con ricorso del 16 settembre 2009, (3) dalla soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia-Romagna (r.g. n. 1695/09) nei confronti della s.r.l. D.G. Holding con ricorso del 24 novembre 2009, cause tutte volte alla dichiarazione di fallimento della s.r.l. Edicoprint e/o della s.r.l. D.G. Holding;

che, con altro ricorso di analogo tenore del 17-19-29 marzo 2010 (r.g. nn. 8369+13187 del 2010), la D.G. Holding s.r.l. LLC e Francesco D. in proprio - quale ex amministratore della s.r.l. D.G. Holding - hanno proposto istanza di regolamento di giurisdizione, nei confronti della s.p.a. Equitalia Gerit, della soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, della s.r.l. Rotoservice e di Francesco D. - quale ex amministratore unico della s.r.l. Edicomprint -, in riferimento alle cause promosse dinanzi al Tribunale ordinario di Roma-sezione fallimentare (1) dalla s.p.a. Equitalia Gerit nei confronti della s.r.l. D.G. Holding (r.g. n. 1183/09) con ricorso dell'll agosto 2009, (2) dalla s.r.l. Rotoservice nei confronti della s.r.l. Edicoprint (r.g. n. 1241/09) con ricorso del 16 settembre 2009, (3) dalla soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia-Romagna (r.g. n. 1695/09) nei confronti della s.r.l. D.G. Holding con ricorso del 24 novembre 2009, cause tutte volte alla dichiarazione di fallimento della s.r.l. Edicoprint e/o della s.r.l. D.G. Holding;

che, con i due predetti ricorsi, i ricorrenti riferiscono che: a) la s.r.l. Edicoprint è stata incorporata nella s.r.l. D.G. Holding con deliberazione del 9 dicembre 2008, eseguita il 21 febbraio 2009; b) la s.r.l. D.G. Holding ha trasferito la propria sede legale all'estero - negli U.S.A., Stato del Delaware - dall'11 marzo 2009, data della relativa deliberazione iscritta nel Registro delle imprese di Roma il 28 aprile 2009; c) conseguentemente, a sè guito di istanza del 28 maggio 2009, la s.r.l. D.G. Holding è stata cancellata dal Registro delle imprese di Roma in data 18 giugno 2009; d) tutte le su indicate date sono anteriori al deposito dei predetti ricorsi per istanza di fallimento, deposito avvenuto l'11 agosto, il 16 settembre ed il 24 novembre 2009; e) il centro di interessi della s.r.l. D.G. Holding si trova, sin dal 5 febbraio 2009 - con trascrizione presso il Registro delle imprese di Roma il 18 marzo 2009 - in Gran Bretagna, a Southampton, dove la Società svolge la propria attività di arti grafiche, ha la propria sede amministrativa e presso la quale lavora tutto il suo personale dipendente;

che, tanto riferito, i ricorrenti chiedono che la Corte di cassazione, a sezioni unite, "dichiari il difetto di giurisdizione del giudice italiano relativamente ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento incardinati dinanzi al Tribunale di Roma n. 1183/09, promosso da Equitalia Gerit s.p.a., n. 1241/09, promosso da Rotoservice s.r.l., n. 1695/09, promosso da Banca Popolare dell'Emilia-Romagna Soc. Coop. a r.l., tutti riuniti al primo recante n. 1183/09, adottando ogni conseguente provvedimento di legge; con vittoria di spese di lite";

che al ricorso - di cui ai nn. 8368+13190 del 2010 - resiste, con controricorso, la s.p.a. Equitalia Gerit, la quale ha chiesto, tra l'altro, che la Corte di cassazione, a sezioni unite, in via preliminare, dichiari il procedimento interrotto ai sensi dell'art.300 c.p.c., per la sopravvenienza della sentenza n. 157 del 15 aprile 2010, con la quale il Tribunale di Roma - sezione fallimentare ha dichiarato il fallimento n. 155/10 della s.r.l. D.G. Holding, incorporante la s.r.l. Edicomprint, e, nel merito, rigetti il ricorso, sussistendo la giurisdizione dello stesso Tribunale di Roma;

che al ricorso - di cui ai nn. 8369+13187 del 2010 - resistono, con distinti controricorsi, sia la s.p.a. Equitalia Gerit, formulando le predette medesime conclusioni, sia la soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, la quale ha chiesto la reiezione del ricorso;

che la s.r.l. Rotoservice, benché ritualmente intimata, non si è costituita ne' ha svolto attività difensiva;

che in entrambi i procedimenti è intervenuto, con "memoria difensiva ed istanza ex art. 375 c.p.c.", il dr. Carmine Colella, quale curatore del Fallimento della s.r.l. D.G. Holding, il quale ha chiesto che le sezioni unite della Corte di cassazione, riuniti tutti i ricorsi, dichiarino la improcedibilità e/o la inammissibilità degli stessi o li rigettino nel merito;

che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le sezioni unite della Corte di cassazione rigettino i ricorsi e dichiarino la giurisdizione del giudice italiano.

Considerato, preliminarmente, che i ricorsi nn. 8368, 8369, 13187 e 13190 del 2010 possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia, ravvisandosi in concreto tra essi elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto;

che inoltre, sempre in vì a preliminare, l'intervento spiegato dal curatore del Fallimento della s.r.l. D.G. Holding, deve ritenersi ammissibile;

che, al riguardo, è noto l'orientamento delle sezioni unite di questa Corte, per il quale il soggetto che non abbia, anche in senso formale, la qualità di parte in causa non può proporre il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ne' intervenire in sede di regolamento da altri proposto - tranne che nel caso in cui, benché non si sia costituito nel giudizio a quo, la lite gli sia stata contestata -, in quanto il regolamento medesimo configura un procedimento non autonomo, ma meramente strumentale ed incidentale, nel quale non sono consentite questioni non attinenti alla giurisdizione, ivi incluse quelle sulla legittimazione di un terzo a partecipare al giudizio a quo, ovvero sulla ricorrenza dei presupposti e delle condizioni per il suo intervento (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 5992 del 1984, 1758 del 1989, 12167 de 1993, nonché le ordinanze nn. 20340 del 2005 e 17823 del 2007);

che, tuttavia, le peculiarità del caso di specie - caratterizzato dalle concorrenti circostanze che il procedimento per la dichiarazione di fallimento, in riferimento al quale sono stati proposti i ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione in esame, si è concluso in primo grado, in pendenza di tali ricorsi, con la dichiarazione di fallimento della s.r.l. D.G. Holding e con la conseguente nomina del curatore, e che gli stessi ricorsi sono stati proposti dalla Società fallita e dal suo ex legale rappresentante, Francesco D. - consentono di ritenere che in tale fattispecie il curatore, divenuto medio tempore parte, può intervenire nel giudizio per regolamento ed interloquire sulle questioni concernenti l'ammissibilità e la procedibilità del ricorso, prospettabili a seguito della intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento;

che, ancora in via preliminare, l'intervenuto curatore del Fallimento della s.r.l. D.G. Holding eccepisce l'improcedibilita e/o l'inammissibilità dei ricorsi, in quanto entrambi i ricorrenti hanno omesso sia di depositare unitamente ai ricorsi, ai sensi dell'art.369 c.p.c., comma 3, la richiesta di trasmissione del fascicolo d'ufficio del Tribunale di Roma - sezione fallimentare, vistata da tale ufficio, sia di depositare, ai sensi dell'art. 367 c.p.c., comma 1, presso lo stesso Tribunale la copia notificata del ricorso per regolamento di giurisdizione;

che infine, sempre in via preliminare, la s.p.a. Equitalia Gerit chiede che venga dichiarata l'interruzione del processo, ai sensi dell'art. 300 c.p.c., in quanto, con la sentenza dichiarativa del fallimento della s.r.l. D.G. Holding pronunciata in data 15 aprile 2010, tale Società ha perduto la capacità processuale;

che dall'esame diretto degli atti delle parti e del fascicolo d'ufficio del Tribunale di Roma - sezione fallimentare, pervenuto a questa Corte a seguito delle relative richieste di trasmissione dei ricorrenti, emerge che, in pendenza dei ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione in esame, lo stesso Tribunale - dopo aver riunito, con ordinanza depositata il 3 marzo 2010, i tre suindicati ricorsi per istanza di fallimento, promossi dalla s.p.a. Equitalia Gerit nei confronti della s.r.l. D.G. Holding (r.g. n. 1183/09) con ricorso dell'11 agosto 2009, dalla s.r.l. Rotoservice nei confronti della s.r.l. Edicoprint (r.g. n. 1241/09) con ricorso del 16 settembre 2009 e dalla soc. coop. a r.l. Banca Popolare dell'Emilia - Romagna (r.g. n. 1695/09) nei confronti della s.r.l. D.G. Holding con ricorso del 24 novembre 2009 -, con sentenza n. 157/10 del 14-15 aprile 2010, ha dichiarato il fallimento della s.r.l. D.G. Holding;

che, in particolare e per quanto in questa sede rileva, da tale sentenza risulta che: a) nell'udienza di trattazione del 17 marzo 2010 "la società debitrice... ha prodotto copia di due ricorsi per regolamento di giurisdizione ancora non notificati alle parti"; b) il Tribunale ha rilevato che "la D.G. Holding risulta essere la società incorporante di altre società tra cui... Edicomprint s.r.l. ..."; c) il Tribunale ha altresì affermato: "visto il ricorso per regolamento di giurisdizione, a prescindere dalla mancanza di notifica, va osservato che secondo la nuova regolamentazione comunitaria il c.o.m.i. (center of main interest) indubitabilmente da sempre è stato l'Italia";

che, sulla base di tali affermazioni, perdono innanzitutto consistenza le predette eccezioni preliminari sollevate dal curatore del Fallimento della s.r.l. D.G. Holding, in quanto - a prescindere dalla ritualità e dalla tempestività sia delle richieste di trasmissione del fascicolo d'ufficio del Tribunale di Roma - sezione fallimentare e del loro deposito presso la cancelleria di questa Corte, sia del deposito di copie dei ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione nella cancelleria dello stesso Tribunale, ai sensi dell'art. 367 c.p.c., comma 1, - sta di fatto che detto fascicolo d'ufficio, a seguito delle richieste dei ricorrenti, è comunque pervenuto a questa Corte che l'ha potuto esaminare, e che il Tribunale di Roma ha in ogni caso valutato (negativamente) il contenuto dei ricorsi per regolamento di giurisdizione, sebbene non ancora notificati, ai fini dell'eventuale esercizio del potere di sospensione del processo di merito, affermando la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano;

che manifestamente priva di fondamento è, poi, la richiesta di dichiarare l'interruzione del presente processo, formulata dalla s.p.a. Equitalia Gerit per effetto della su ricordata sentenza dichiarativa del fallimento della s.r.l. D.G. Holding, in quanto, seguendo il proprio costante orientamento, questa Corte ha anche di recente ribadito che neppure l'intervenuta aggiunta all'ari:. 43 della legge fallimentare, ad opera del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 41, del comma 3 - secondo il quale "L'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo" - comporta una causa di interruzione del giudizio pendente in sede di legittimità, posto che in tale giudizio, dominato dall'impulso d'ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (cfr, ex plurimis, le sentenze nn. 14385 del 2007 e 21153 del 2010);

che entrambi i ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione - sia quello proposto da Francesco D., nella qualità di ex amministratore unico della s.r.l. Edicomprint, società incorporata nella s.r.l. D.G. Holding, ed iscritto ai numeri di registro generale 8368 e 13190 del 2010, sia quello proposto dalla s.r.l. D.G. Holding LLC e da Francesco D., in proprio nella qualità di ex amministratore della s.r.l. D.G. Holding, ed iscritto ai numeri di registro generale 8369 e 13187 del 2010 - sono infondati, dovendosi invece dichiarare la giurisdizione del giudice italiano;

che la pronuncia sulla giurisdizione deve essere effettuata, nonostante che, medio tempore, sia intervenuta la dichiarazione di fallimento della s.r.l. D.G. Holding da parte del Tribunale di Roma con la sentenza n. 157/10 del 14-15 aprile 2010, con implicita affermazione della propria giurisdizione;

che, infatti, costituisce ormai diritto vivente quello secondo cui la proposizione di istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, a norma dell'art. 367 c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 353 del 1990, art. 61, non produce più la sospensione del processo pendente, potendo questa essere disposta dal giudice dinanzi al quale il processo pende solo all'esito di un giudizio sommario in ordine alla non manifesta inammissibilità dell'istanza o alla non manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione, con la conseguenza che, ove non sia stata disposta la sospensione, il processo può proseguire ed essere definito in primo grado prima che la questione di giurisdizione sia decisa, e secondo cui il dovere delle sezioni unite della Corte di cassazione di pronunciare sulla proposta questione di giurisdizione non trova ostacolo nella sentenza del giudice di primo grado che contenga od implichi una decisione anche in ordine alla giurisdizione, ne' nel fatto che, a seguito di tale sentenza, non impugnata, si sia formato il giudicato sulle questioni decise, giacché la sentenza del giudice nel processo pendente deve considerarsi alla stregua di una sentenza condizionata, nel senso che, ove la decisione della Corte cassazione sia di segno contrario a quello ritenuto o presupposto dal giudice di merito, la sentenza di quest'ultimo, sia sulla giurisdizione che sulle questioni logicamente successive, risulterà priva di effetto, a nulla rilevando che tale sentenza non sia stata impugnata, in quanto imporre alla parte di impugnarla solo per conservare il diritto alla decisione sulla questione di giurisdizione significherebbe costruire la disciplina del regolamento su un uso strumentale dell'impugnazione (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 905 del 1999, nonché le ordinanze nn. 14070 del 2003, 5463 del 2004, 10703 del 2005, 4508 del 2006, 10531 del 2011);

che, tanto premesso, debbono essere innanzitutto sottolineate palesi incongruenze nella stessa prospettazione del dedotto trasferimento all'estero delle "sedi" della Società D.G. Holding contenuta nei ricorsi, incongruenze che costituiscono indice inequivocabile della natura fittizia di detti trasferimenti;

che infatti i ricorrenti deducono, da un lato, di aver trasferito la sede legale della Società nello Stato del Delaware, U.S.A., prima del deposito delle istanze di fallimento - con la conseguenza che tale trasferimento escluderebbe la giurisdizione del giudice italiano ai sensi della L. Fall., art. 9, comma 5, (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 7) -, e, dall'altro, di aver trasferito il "centro di interessi" della stessa Società a Southampton, Gran Bretagna, dove la Società medesima opererebbe in via esclusiva, con la conseguenza che a tale fattispecie dovrebbe applicarsi l'art. 3, paragrafo 1, primo periodo, del Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, secondo i quale "Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore";

che dunque, secondo la stessa prospettazione dei ricorrenti, il luogo della sede principale dell'impresa (Southampton, Gran Bretagna) - cioè della sede "reale", vale a dire del luogo in cui si trova il centro direttivo ed amministrativo dell'impresa (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 4206 del 2003) - non coincide con il luogo (Stato del Delaware, U.S.A.) ove è stata trasferita la sede legale;

che, quanto alla prima prospettazione, è noto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, il trasferimento in uno Stato extracomunitario della sede di una società, benché anteriore al deposito dell'istanza di fallimento, non esclude la giurisdizione italiana, essendo essa inderogabile - salve le convenzioni internazionali o le norme comunitarie - secondo il disposto della L. Fall., artt. 9 e 10 (quali novellati dal D.Lgs. n. 5 del 2006, artt.7 e 9) e della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 25, i quali escludono la predetta giurisdizione soltanto nei casi di effettivo e tempestivo trasferimento all'estero, cioè nei soli casi in cui questo non abbia carattere fittizio o strumentale (cfr., ex plurimis, le ordinanze n. 25038 del 2008 e 3057 del 2009);

che, quanto poi alla seconda prospettazione, è stato più volte precisato che, ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, del citato Regolamento (CE) n. 1346 del 2000, relativo alle procedure di insolvenza, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, presumendosi - per le società e le persone giuridiche - che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, e che tuttavia, ove anteriormente alla presentazione dell'istanza di fallimento - come nella specie - la società abbia trasferito all'estero la propria sede legale, e tale trasferimento appaia fittizio, non avendo ad esso fatto seguito l'esercizio di attività economica nella nuova sede, ne' lo spostamento presso di essa del centro dell'attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell'impresa, permane la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento (cfr., le ordinanze nn. 11398 del 2009 e 10606 del 2005);

che, nella specie, il carattere fittizio del trasferimento della sede legale della Società D.G. Holding all'estero emerge: a) dalla equivoca e comunque ingiustificata "scissione" del trasferimento tra sede legale in uno Stato degli U.S.A., Delaware - dove, per stessa ammissione dei ricorrenti, non è stato spostato il centro dell'attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell'impresa - e sede "operativa" in Gran Bretagna, Southhampton, dove, a migliaia di chilometri di distanza dalla sede legale, è stato collocato il centro di detta attività, con la conseguenza che, non avendo fatto seguito al trasferimento all'estero della sede legale (Delaware) ne' l'effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede, ne' lo spostamento presso di essa del centro dell'attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell'impresa, la presunzione di coincidenza della sede effettiva con la nuova indicata sede legale è da considerarsi vinta, con l'ulteriore conseguenza della inapplicabilità alla fattispecie del menzionato art. 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346 del 2000; b) dalla circostanza che il preteso trasferimento negli U.S.A. della sede della Società appare essere stato deliberato ed effettivamente eseguito (con la cancellazione dal Registro delle imprese di Roma in data 18 giugno 2009) in epoca tanto prossima alla presentazione delle su menzionate istanze di fallimento (quando la situazione d'insolvenza di detta società era già ampiamente in atto, come risulta dalla sentenza dichiarativa di fallimento), da far ragionevolmente supporre che si sia trattato di un espediente posto in essere in vista della probabile apertura della procedura d'insolvenza, piuttosto che di una scelta reale, dettata da effettive ragioni imprenditoriali, enunciate ma mai minimamente documentate dai ricorrenti;

che, pertanto, permane nella specie la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento della Società D.G. Holding, la quale ha avuto in Italia, prima del (meramente formale) trasferimento, la propria sede legale (cfr., in tal senso, la citata ordinanza n. 10606 del 2005);

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

 

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, iscritti ai numeri di ruolo generale 8368, 8369, 13187 e 13190 del 2010, dichiara la giurisdizione del giudice italiano e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore di ciascuna delle controricorrenti, nonché in favore del curatore del Fallimento della s.r.l. D.G. Holding, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 17 maggio 2011. Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011