Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23992 - pubb. 11/01/2020

Fallimento di chi esercita in regime di concessione un'attività di trasporto di persone e di cose

Cassazione civile, sez. I, 05 Giugno 1987, n. 4912. Pres. Scanzano. Est. Lupo.


Fallimento - Esercente un'attività di trasporto di persone e cose in regime di concessione - Qualifica di imprenditore soggetto a fallimento ex art. 1 legge fall. - Sussistenza - Sottoposizione di detta attività ad un peculiare regime di prezzi e di costi - Ininfluenza



La qualifica di imprenditore soggetto a fallimento, ai sensi dello art. 1 legge fall. Va riconosciuta a chi esercita in regime di concessione un'attività di trasporto di persone e di cose, anche se tale attività è assoggettata ad un peculiare regime di prezzi e costi, ricorrendo in essa tutti i requisiti previsti dall'art. 2082 cod.civ., in particolare l'economicità dell'attività svolta dal concessionario e lo scopo di lucro, cioè l'obiettiva idoneità dell'attività stessa a produrre un profitto. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 luglio 1980 il tribunale di Trieste dichiarava il fallimento della SAP - Servizi Automobilistici periferici s.n.c., e dei suoi soci S. V. e S. E. V..

Contro la dichiarazione di fallimento la società ed i due soci proponevano opposizione, convenendo in giudizio davanti al tribunale medesimo, con atto di citazione notificato il 6-7 agosto 1980, tutti i creditori che lo avevano chiesto, nonché il fallimento in persona del curatore.

Gli attori assumevano che non sussisteva lo stato di insolvenza, in quanto la società SAP, concessionaria di linee di pubblico trasporto, era creditrice di rilevanti somme dovute alla stessa a titolo di contributi pubblici.

Nel contraddittorio di tutte le parti convenute in giudizio, il tribune di Trieste, con sentenza depositata il 15 marzo 1982, rigettava l'opposizione.

Proposto appello dalla società e dai soci dichiarati falliti, la corte di appello, con sentenza depositata il 14 luglio 1983, confermava il rigetto dell'opposizione, rilevando in relazione ai motivi dell'impugnazione che: a) la SAP, in quanto esercente servizi di linea in concessione, è un imprenditore, pur se la attività economica esercitata è caratterizzata da un peculiare regime di prezzi e di costi; b) questo imprenditore non è assimilabile agli enti pubblici economici o alle aziende municipalizzate, nè costituisce una disuguaglianza di trattamento rilevante ex art. 3 Cost. l'assoggettabilità a fallimento della SAP, e non anche degli enti ed aziende che esercitano la medesima attività; c) dagli atti si desumeva chiaramente lo stato di insolvenza della società fallita, stato che era di origine remota (1975-76) e si era andato progressivamente aggravando, onde i contributi pubblici non avrebbero potuto colmare l'imponente disavanzo, "pervenuto a tetto largamente superiore al miliardo".

La società ed i soci dichiarati falliti hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi.

Resistono con controricorso tutte le altre parti, delle quali l'INPS ed il fallimento hanno presentato anche memoria illustrativa.

 

Motivi della decisione

Con due motivi succintamente esposti i ricorrenti ripropongono le stesse doglianze contenute nell'atto di appello ma senza sottoporre ad alcuna critica la pur diffusa ed approfondita analisi che delle stesse doglianze ha compiuto il giudice di appello.

Ed invero con il primo motivo si contesta la qualifica imprenditoriale della società SAP, che gestiva una impresa di autotrasporti concessionaria di pubblici servizi di linea, poiché la attività di detta società era vincolata a decisioni esterne relative sia ai prezzi del servizio sia ai diversi elementi di costo (trattamenti economici dei dipendenti e prezzi dei combustibili). I ricorrenti deducono, pertanto, violazione di legge ed insufficiente motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), in relazione all'art. 1 legge fall.

Va, innanzitutto, rilevato che questo motivo non tiene conto dell'elemento di fatto - affermato dalla sentenza impugnata e non contestato - che non per tutta la attività svolta dalla SAP erano imposte tariffe determinate dall'autorità amministrativa, in quanto detta società effettuava anche trasporti diversi dagli autoservizi di linea in concessione.

Va, poi, osservato che la tesi dei ricorrenti, pur se si basasse su una situazione di fatto corrispondente a quella da essa presupposta, sarebbe comunque infondata. È sufficiente, al riguardo, notare che la qualifica imprenditoriale dell'attività di "coloro che per concessione amministrativa esercitavano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose" è espressamente presupposta dall'art. 1679, primo comma cod.civ., là dove questa disposizione menziona i mezzi ordinari "dell'impresa".

Il fatto che al concessionario siano imposti dall'esterno tariffe e costi non esclude, poi, la sussistenza di tutti i requisiti previsti dall'art. 2082 cod.civ., e in particolare della "economicità" della attività svolta dal concessionario ovvero - per chi ritiene necessario anche questo requisito non menzionato espressamente dalla citata disposizione - dello scopo di lucro, e cioè della obiettiva idoneità dell'attività stessa a dare un profitto. A tal riguardo appropriatamente la sentenza impugnata ha fatto richiamo alla libertà di scelta del regime di concessione amministrativa da parte dell'imprenditore che esercita un'impresa di trasporti.

Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo violazione di legge e manchevole motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) in relazione all'art. 5 legge fall., si limitano ad affermare che la insolvenza non può essere determinata da un fatto colposo della pubblica Amministrazione, intendendo con tale fatto riferirsi implicitamente alla mancata o tardiva erogazione dei contributi pubblici dovuti all'impresa.

Sulla sussistenza dello stato di insolvenza la sentenza impugnata si è a lungo soffermata con considerazioni che non sono neanche prese in esame dai ricorrenti. Ed invero, come si è detto in narrativa, la Corte di appello ha rilevato che lo stato di insolvenza della società fallita era di origine remota (1975-76) e che esso si era andato progressivamente aggravato, onde i contributi pubblici omessi o ritardati non avrebbero potuto colmare l'imponente disavanzo.

Peraltro agli effetti qui considerati, è privo di rilevanza il fatto che lo stato di insolvenza possa eventualmente derivare da inadempienza di terzi. La motivazione della sentenza impugnata è adeguata e corretta sul piano logico-giuridico, onde è infondato anche il secondo motivo del ricorso.

In conclusione il ricorso va respinto ed i ricorrenti vanno condannati a pagare le spese del presente giudizio a tutti i controricorrenti.

 

p.q.m.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare a tutti i controricorrenti le spese del presente giudizio, che si liquidano per l'INPS, in l. 1.540.000, di cui L. 1.500.000 per onorario; per il fallimento SAP in L. 1.562.000 di cui L. 1.500.000 per onorario; e per il gruppo di tutti gli altri controricorrenti in L. 1.074.000, di cui L. 1.000.000 per onorario.

Così deciso in Roma il 12 dicembre 1986.

Sentenza n. 4912 del 05/06/1987