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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2493 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 22 Gennaio 2010, n. 1098. Rel., est. Didone.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Procedimento - Audizione dell'imprenditore - Notificazione del ricorso e del decreto di convocazione - Inosservanza del termine dilatorio ex art. 15, terzo comma, della legge fall. - Conseguenze - Nullità della "vocatio in ius" - Dichiarazione da parte del giudice - Condizioni - Tempestiva deduzione ad opera della parte - Specificazione delle ragioni d'invalidità - Necessità - Omissione - Conseguenze - Sanatoria della nullità - Configurabilità.


La regola, dettata dall'art. 157 cod. proc. civ., secondo cui l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale presuppone che la medesima sia stata dedotta dalla parte, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni d'invalidità, costituisce un principio generale, applicabile a tutti i processi speciali di cognizione, ivi compreso il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Ne consegue che la nullità della "vocatio in ius" derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparazione previsto dall'art. 15, terzo comma, della legge fall., resta sanata nel caso in cui il debitore non l'abbia specificamente dedotta nella memoria di costituzione, difendendosi nel merito. (massima ufficiale)

Massimario, art. 15 l. fall.

  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario - Presidente -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17601-2008 proposto da:
FALLIMENTO DI EUREKA S.P.A. (P.I. 00152600755), in persona del Curatore Dott. ANTONIO BENEGIAMO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato STASI CARLO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
EUREKA S.P.A. (P.I. 00152600755), in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VIGNA MURATA,, presso l'avvocato CARRUBA CORRADO, rappresentata e difesa dall'avvocato CAPRIOLI GIOVANNI, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
EQUITALIA LECCE S.P.A., MANGIA ANTONIO;
- intimati -
sul ricorso 20566-2008 proposto da:
EQUITALIA S.P.A. (P.I. 02340100755) - GRUPPO EQUITALIA S.P.A. - CONCESSIONARIO PER LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI PER LA PROVINCIA DI LECCE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato GRECO GIOVANNI, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
EUREKA S.P.A., FALLIMENTO EUREKA S.P.A., MANGIA ANTONIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 6/2 008 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 06/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato C. STASI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale Equitalia, l'Avvocato G. GRECO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale e rigetto del ricorso principale;
udito, per la controricorrente Eureka spa, l'Avvocato G. CAPRIOLI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale e il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 6 maggio 2008, ha revocato il fallimento della s.p.a. Eureka, dichiarato dal Tribunale di Lecce con sentenza del 20.12.2007, impugnata con reclamo dalla fallita, la quale lamentava che erano stati violati i suoi diritti di difesa perché, sebbene il Tribunale avesse disposto la notifica, a cura del creditore istante, del ricorso per dichiarazione di fallimento e del decreto di convocazione del fallendo almeno quindici giorni liberi prima dell'udienza fissata per la comparizione delle parti, il creditore istante non aveva provveduto a tale incombente in tempo utile; conseguentemente, alla prima udienza dell'11.12.2007 il procuratore della soc. Eureka aveva depositato una memoria con la quale, (dopo aver spiegato le ragioni per le quali era impossibilitato a produrre la documentazione richiesta dal Tribunale), aveva chiesto la concessione di un termine per approntare una valida difesa; il collegio, tuttavia, aveva differito l'udienza soltanto di sette giorni ed alla successiva udienza del 19.12.2007 aveva riservato la decisione, sebbene non fosse stato osservato il termine previsto dall'art. 15, L. Fall., e sebbene la soc. Eureka non si fosse potuta difendere.
Nel ritenere fondata tale censura - ritenendo assorbite quelle relative allo stato d'insolvenza - la Corte di appello ha rilevato che la soc. Eureka, costituendosi in giudizio, non aveva sanato il vizio relativo alla vocatio in ius perché dall'attenta lettura degli atti risultava che la società debitrice nella memoria depositata il 11.12.2007 non si era in alcun modo difesa, ma si era limitata a richiedere la fissazione di una nuova udienza per poter approntare un'adeguata difesa. Pertanto, in applicazione dell'art. 164 c.p.c., comma 3 - che disciplina l'ipotesi in cui il convenuto si costituisce e deduce l'inosservanza del termine a comparire - il Tribunale, rilevata la nullità dell'atto di vocazione in giudizio, avrebbe dovuto differire l'udienza di ascolto del legale rappresentante della società debitrice di oltre quindici giorni (liberi), anche perché soltanto nell'udienza dell'11.12.2 007 la soc. Eureka aveva avuto per la prima volta conoscenza dell'altra istanza di fallimento (presentata dalla soc. Equitaila). Per contro, il primo giudice aveva ritenuto sufficiente differire l'udienza di trattazione delle istanze di fallimento soltanto di sette giorni, mentre non era possibile garantire il rispetto del termine minimo di comparizione (prescritto dalla L. Fall., art. 15, comma 3), cumulando tale ulteriore lasso di tempo (di sette giorni) a quello (di tredici giorni) già trascorso fra la data (del 27.11.2007) di notifica della prima istanza di fallimento e l'udienza (del 11.12.2007) fissata per la sua trattazione, posto che l'art. 15 cit. "impone inderogabilmente che il fallendo abbia quindici giorni continuativi (e non inframmezzati da un'udienza) per preparare le proprie difese". Il Tribunale - d'altra parte - non aveva disposto con decreto motivato l'abbreviazione del termine ai sensi della L. Fall., art. 15, comma 5.
Contro la sentenza della Corte di appello la curatela del fallimento della s.p.a. Eureka ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. La s.p.a. Equitalia Lecce ha notificato controricorso contenente ricorso incidentale affidato a tre motivi. La società fallita ha notificato controricorso - tra l'altro deducendo il difetto di legittimazione e di interesse del curatore fallimentare per effetto della revoca del fallimento - e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. con la quale ha sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale e di nullità della notificazione dello stesso (perché non notificato presso il domiciliatario in Roma). MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1.- Con il primo motivo di ricorso la curatela ricorrente denuncia violazione della L. Fall., art. 15 formulando il seguente quesito:
"Nell'ambito del procedimento disciplinato dall'art. 15, L. Fall., ed in presenza di costituzione del convenuto fallendo, in difetto di mancato rispetto del termine dilatorio minimo, tra notifica di ricorso e decreto ed udienza di comparizione, è necessario differire udienza in modo da far decorrere ex novo, e per intero, un nuovo termine dilatorio e/o è sufficiente differire udienza ad altra data, si da far maturare, dalla data originaria di notifica del ricorso e decreto alla nuova udienza, il termine dilatorio minimo di 15 giorni previsto per legge".
2.2.- Con il secondo motivo la curatela ricorrente denuncia violazione della L. Fall., artt. 15, artt. 112, 342, 345 e 156 c.p.c. e formula i seguenti quesiti: "In presenza di provvedimento del Tribunale, in composizione collegiale, che riduca i termini dilatori di comparizione del fallendo al di sotto dei minimi di legge, L. Fall., ex art. 15, comma 5 il difetto di enunciazione delle ragioni di urgenza, a sostegno di tale riduzione, determina ex se la nullità di tale riduzione e la conseguente nullità dell'intero procedimento successivo?;
Tale nullità è rilevabile di ufficio dal Giudice di Appello, in difetto di deduzione e censure sul punto da parte dell'appellante?". 2.3.- Con il terzo motivo la curatela ricorrente denuncia violazione dell'art. 15, L. Fall. e art. 164 c.p.c. formulando il seguente quesito:
"L'obbligo - previsto dall'art. 164 c.p.c., comma 2 - del Giudice di disporre la fissazione di nuova udienza di prima comparizione, in presenza di costituzione del convenuto, è subordinata alla semplice, generica, deduzione del convenuto di difetto di termini sufficienti per predisporre la propria difesa, anche per motivi soggettivi, contingenti, riferibili alla propria organizzazione, e/o alla specifica, espressa, deduzione della inosservanza dei termini minimi a comparire?".
2.4.- Con l'ultimo motivo la curatela ricorrente denuncia vizio di motivazione concluso dall'enunciazione dei seguenti fatti controversi decisivi sui quali vi sarebbe stata insufficiente motivazione:
1) - il contenuto della comparsa di Spa Eureka è sicuramente fatto controverso e decisivo della controversia perché in difetto di denuncia (esplicita e/o anche - ove si ritenga possibile - implicita) del difetto dei termini a comparire, e/o in presenza di difesa nel merito non sussisterebbe in ogni caso la violazione del diritto di difesa accertato dal Giudice a quo, anche ai fini dell'art. 156 c.p.c., comma 3. Il contenuto della comparsa di costituzione di Spa Eureka costituisce inoltre fatto decisivo della controversia perché costituisce unico presupposto logico per affermare che la richiesta di rinvio era stata determinata dal mancato rispetto dei termini dilatori minimi di legge;
2) la affermazione che la Spa Eureka non si è in alcun modo difesa, limitandosi a chiedere una nuova udienza per approntare adeguata difesa, contrasta macroscopicamente con i principi che regolano l'attività interpretativa degli atti processuali, di fatto sopprimendo o privando di alcuna efficacia il contenuto delle argomentazioni dianzi segnalate espresse dall'appellante (motivi di crisi; tentativi di ovviarvi, accordi con Sicam successivi contrasti con essa, conseguenze, effetti) in violazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. La impugnata sentenza ha statuito che s.p.a. Eureka avrebbe chiesto un rinvio dell'udienza per approntare un'adeguata difesa nella convinzione che tanto le era stato impedito dal mancato rispetto dei termini dilatori. La impugnata sentenza ha tratto la convinzione che il rinvio fosse stato richiesto per il mancato rispetto dei termini dilatori sulla base della errata constatazione che s.p.a. Eureka non si sarebbe difesa nel merito. In sintesi sarebbe insufficiente la motivazione in ordine alla circostanza che la società debitrice avesse chiesto il rinvio perché i termini di comparizione le avrebbero impedito la difesa.
3.1. - La società ricorrente incidentale denuncia con il primo motivo violazione dell'art. 15, L. Fall., e con il secondo motivo violazione della L. Fall., artt. 15 e art. 164 c.p.c. formulando quesiti che ricalcano quelli contenuti nel ricorso principale sub 2.1 e 2.3.
Con il terzo motivo, invece, denuncia la violazione dell'art. 354 c.p.c. formulando il seguente quesito di diritto:
"se, proposto reclamo ex art. 18, L. Fall. contro una sentenza dichiarativa di fallimento, una volta rilevata e dichiarata la nullità della vocatio in ius del giudizio di primo grado del debitore, la Corte d'appello deve dichiarare nulla l'intera procedura e revocare la dichiarazione di fallimento, ovvero in virtù del principio di conversione dei vizi in motivi di gravame pronunciarsi sul merito".
4.1.- Osserva preliminarmente la Corte che sono infondate le eccezioni di difetto di legittimazione del curatore fallimentare, di inammissibilità del ricorso incidentale adesivo e di nullità della notifica del controricorso sollevate dalla società intimata. Quanto alla prima eccezione, va rilevato che secondo la giurisprudenza di questa Corte "è ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal curatore fallimentare avverso la sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento, non essendo configurabile una carenza di legittimazione del curatore, nonostante l'intervenuta chiusura del fallimento e la cessazione del ricorrente dalla carica, atteso che il fallimento viene meno, con decadenza dei suoi organi, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di revoca" (Sez. 1, Sentenza n. 4632 del 26/02/2009). Ciò sulla base dell'orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. 4 novembre 2003 n. 16505; 18 aprile 1991 n. 4187; 28 aprile 1973 n. 1171) secondo il quale il principio che la pronuncia di revoca del fallimento - sebbene produca effetti in via generale ex tunc (L. Fall., art. 18, comma 15), lasciando salvi solo quelli degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura - lo faccia venir meno e determini la decadenza dei suoi organi a far tempo dal passaggio in giudicato. Soluzione che trova conferma, sul piano testuale, nella L. Fall., art. 18, che, quanto l'art. 19 del testo ante riforma, stabilisce che la sentenza la quale in sede di reclamo revoca il fallimento sia notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non reclamante; notifica che ha ragion d'essere, per il consolidamento degli effetti della decisione a seguito della mancata o tardiva successiva impugnazione, alla quale non possono che essere legittimati i soggetti che di tale notificazione sono i destinatari.
Quanto alla eccepita nullità della notificazione del controricorso, essa è stata sanata dalla costituzione e, d'altra parte, il controricorso contenente ricorso incidentale non poteva essere notificato nel domicilio eletto in Roma solo con il controricorso. Quanto all'eccepita inammissibilità del ricorso incidentale adesivo, infine, l'infondatezza dell'eccezione discende dal principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui "sulla base del principio dell'interesse all'impugnazione, l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall'impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale" (Sez. U, Sentenza n. 24627 del 27/11/2007. Conff.: Sez. 3, Sentenza n. 10125 del 30/04/2009 e Sez. 50, Sentenza n. 9264 del 9/04/2008).
4.2.- I motivi del ricorso principale e quelli del ricorso incidentale - tutti connessi - possono essere esaminati congiuntamente.
Occorre premettere, peraltro, che l'istruttoria prefallimentare è disciplinata ex novo dall'art. 15, L. Fall., nel testo introdotto dalla riforma del 2006, come un procedimento speciale a cognizione piena, nel quale vengono ammessi, d'ufficio o su richiesta delle parti, "mezzi istruttori" ed è disposta "una consulenza tecnica", talché è stata coerentemente eliminata la fase dell'opposizione quale "prosecuzione" con cognizione piena del procedimento (sommario) per la dichiarazione di fallimento, così come disciplinato dal testo previgente. È vero che l'art. 15, L. Fall. dispone che "il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio", nondimeno va ricordato che la Corte Costituzionale, sebbene pronunciando sull'art. 24 L. Fall., prima della modifica introdotta dal decreto correttivo, ha ribadito che la previsione del rito camerale per la composizione di conflitti di interesse mediante provvedimenti decisori non è di per sè suscettiva di frustrare il diritto di difesa, in quanto l'esercizio di quest'ultimo può essere modulato dalla legge in relazione alle peculiari esigenze dei vari procedimenti ... purché ne vengano assicurati lo scopo e la funzione. Inoltre, la Consulta ha escluso sia l'irragionevolezza della scelta legislativa sia la violazione del diritto di difesa sia, infine, la violazione della regola del giusto processo garantita dall'art. 111 Cost., comma 1, ove il modello processuale previsto dal legislatore, nell'esercizio del potere discrezionale di cui egli è titolare in materia, sia tale da assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, lo svolgimento di un'adeguata attività probatoria, la possibilità di avvalersi della difesa tecnica, la facoltà della impugnazione sia per motivi di merito che per ragioni di legittimità della decisione assunta, l'attitudine del provvedimento conclusivo del giudizio ad acquisire stabilità, quanto meno "allo stato degli atti" (C. Cost., 29.5.2 009, n. 170), fermo restando che non è "coperto da garanzia costituzionale, quale modello tendenzialmente vincolante per il legislatore, il processo ordinario di cognizione, i cui singoli istituti dovrebbero essere rinvenibili anche nei procedimenti di cognizione diversamente articolati dalla legge" (Corte Cost., ord. n. 389 del 2005).
Sennonché, la regola dettata dall'art. 157 cod. proc. civ., secondo la quale, "affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima ad opera della parte avvenga, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni dell'invalidità" (Sez. 1, Sentenza n. 365 del 14/01/2003) costituisce principio generale senza dubbio applicabile a tutti i processi speciali di cognizione. Regola applicata da questa Corte in una ipotesi in cui non è stata ritenuta sufficiente la deduzione, ad opera del convenuto, della nullità della citazione fatta attraverso il mero richiamo, in forma generica, delle norme coinvolte - nella specie l'art. 163 c.p.c., n. 7 e art. 164 cod. proc. civ., in mancanza della specificazione dell'elemento della norma - indicazione dell'udienza, invito a costituirsi nel termine, avvertimento che la costituzione oltre il termine implica le decadenze di cui all'art. 167 cod. proc. civ. - cui la deduzione era riferita (Sez. 1, Sentenza n. 365 del 14/01/2003). E, d'altra parte, è noto che la nullità dell'atto introduttivo del giudizio per violazione dei termini a comparire o per mancanza dell'avvertimento previsto dall'art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7 (nel testo novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 7) è sanata dalla costituzione del convenuto, e soltanto se quest'ultimo eccepisce tali vizi il giudice è tenuto, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., comma 3 (nel testo novellato dalla citata L. n. 353 del 1990, art. 9), a fissare nuova udienza nel rispetto dei termini (Sez. 2, Sentenza n. 3335 del 7/03/2002). Va ricordato, poi, che secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte "nelle controversie soggette al rito del lavoro, il giudice d'appello che rilevi la nullità dell'introduzione del giudizio, determinata dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione stabilito dall'art. 415 c.p.c., comma 5, non può dichiarare la nullità e rimettere la causa al giudice di primo grado (non ricorrendo in detta ipotesi ne' la nullità della notificazione dell'atto introduttivo, nè alcuna delle altre ipotesi tassativamente previste dall'art. 353 c.p.c. e art. 354 c.p.c., comma 1), ma deve trattenere la causa e, previa ammissione dell'appellante ad esercitare in appello tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato, decidere nel merito" (Sez. U, Sentenza n. 122 del 21/03/2001).
Alla luce dei principi innanzi enunciati appare evidente la fondatezza del terzo motivo del ricorso principale, posto che nella concreta fattispecie è mancata la specifica deduzione della nullità per inosservanza del termine dilatorio di comparizione, come si evince dalla memoria di costituzione nella fase pre-fallimentare interamente trascritta nel ricorso.
Inoltre, la Corte di merito si è limitata a revocare il fallimento come conseguenza della nullità della vocatio in jus, senza decidere la causa di opposizione nel merito dopo avere ammesso l'appellante ad esercitare in appello eventuali attività difensive precluse dalla violazione del predetto termine dilatorio. Ciò che determina la fondatezza anche del terzo motivo del ricorso incidentale, restando assorbite le altre censure. L'impugnata sentenza, dunque, deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010