Deontologia


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25081 - pubb. 02/04/2021

Responsabilità disciplinare del notaio per illecita concorrenza mediante riduzione degli onorari

Cassazione civile, sez. II, 22 Febbraio 2021, n. 4645. Pres. Rosa Maria Di Virgilio. Est. Fortunato.


Notai - Illecita concorrenza mediante riduzione degli onorari - Commissione degli illeciti in un periodo inferiore all'anno - Requisito della sistematicità della condotta - Configurabilità - Fondamento - Limiti



In tema di responsabilità disciplinare del notaio per illecita concorrenza mediante riduzione degli onorari, il requisito della non occasionalità, richiesto dall'art. 147, comma 1, lett. b), della l. n. 89 del 1913, è compatibile anche con una collocazione temporale degli illeciti confinata entro un periodo inferiore all'anno, non dovendo necessariamente sussistere un rapporto di adeguata proporzione tra il numero delle pratiche illecite e il volume complessivo dell'attività professionale calcolato su base annuale e non essendo richiesto un monitoraggio esteso ad un periodo predefinito a priori, fatta salva la necessità che le violazioni non risultino isolate o del tutto episodiche. (massima ufficiale)


 


Fatto

La Commissione amministrativa regionale di disciplina del Lazio (COREDI) ha irrogato al notaio A.B. la sanzione amministrativa della sospensione dall'esercizio delle funzioni professionali per la durata di sei mesi, contestandogli la violazione dell'art. 147, comma 1, lett. a) e b) della Legge Notarile e dell'art. 14 del codice deontologico, per aver: a) emesso, in maniera non occasionale, fatture concernenti onorari e spese irragionevolmente bassi o addirittura negativi, con conseguente mancato versamento dell'iva ad opera dei clienti; b) emesso fatture sbilanciate in un numero rilevante di casi, maggiorando l'onorario applicato ai mutui anzichè alla collegate vendite immobiliari, in modo da far conseguire ai clienti un risparmio fiscale; c) formato, in maniera sistematica, estratti autentici della scritture contabili della Wind s.p.a. in violazione dell'art. 73 L.N., senza visionare i supporti esibiti in originale o in copia conforme, non avendo disponibilità delle credenziali di accesso ai sistemi informatici della predetta società. L'interessato ha proposto reclamo alla Corte di appello di Roma, che, all'esito del giudizio, ha confermato la legittimità della sanzione, regolando le spese.

Il giudice distrettuale ha dato atto che il ricorrente aveva ammesso nel corso del procedimento sanzionatorio e nell'atto di reclamo, di aver commesso le violazioni, e ha ritenuto che i primi due addebiti integrassero atti di concorrenza illecita ai sensi dell'art. 14 del codice deontologico, poichè il notaio aveva ottenuto un ingiusto vantaggio ai danni dei colleghi.

Riguardo alla certificazione di conformità dei bilanci Wind, la pronuncia ha evidenziato che il ricorrente, in violazione dell'art. 73 L.N., aveva rilasciato le attestazioni senza visionare gli originali, non avendo la chiave di accesso al sistema informatico della cliente.

Ha escluso l'applicabilità delle attenuanti generiche, per la gravità e la reiterazione delle violazioni, osservando, riguardo alle attenuanti specifiche, che il notaio non aveva posto rimedio alle conseguenze dannose della seconda e terza violazione (sbilanciamento delle fatture e attestazioni di conformità dei documenti contabili Wind), mentre aveva eliminato solo in modo parziale i danni provocati dalla fatturazione di compensi negativi.

La cassazione dell'ordinanza è chiesta da A.B. con ricorso in sette motivi, illustrati con memoria.

Il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia resiste con controricorso.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma non ha svolto difese.

 

Diritto

1. Vanno dichiarate inammissibili le richieste e gli ulteriori motivi

di doglianza formulati nella memoria illustrativa depositata dal ricorrente in prossimità dell'udienza camerale.

Non può darsi luogo alla sospensione del presente giudizio di legittimità per pregiudizialità penale ai sensi dell'art. 295 c.p.c..

In pendenza di giudizio sono stati eseguiti nei confronti del ricorrente una perquisizione domiciliare e un sequestro di atti per fatti riguardanti il rilascio delle attestazioni di conformità dei documenti contabili della Wind s.p.a., ma deve osservarsi che la sospensione non solo implica l'accertamento - riservato al giudice di merito - del rapporto di pregiudizialità fra i due processi e non può esser chiesta direttamente in sede di legittimità (Cass. 5530/2005), ma esige anche la contemporanea pendenza dei due processi (civile e penale) e, quindi, l'avvenuto esercizio dell'azione penale da parte del P.M. nei modi previsti dall'art. 405 c.p.p., condizione, quest'ultima, che alla luce delle attività svolte in sede penale - non può ritenersi sussistente (Cass. 10974/2012; Cass. 313/2015).

Parimenti, la denuncia di irregolare composizione della Commissione di disciplina, per la presenza di un notaio facente parte del medesimo distretto di appartenenza del ricorrente, è questione che non risulta proposta con i motivi di ricorso, nè è trattata nell'ordinanza impugnata, restandone preclusa la deduzione con le memorie illustrative (Cass. 4192/2002, Cass. 14086/2002, Cass. 7504/2002, Cass. 26670/2014, con riferimento alle memorie ex art. 378 c.p.c., Cass. 17893/2020 e Cass. 30760/2018, con riferimento alle memorie ex art. 380 bis c.p.c., nonchè, con specifico riguardo al vizio denunciato, Cass. 9041/2016 in motivazione).

2. Il primo motivo censura la violazione dell'art. 14, lett. a) e b) del codice deontologico notarile, L. n. 89 del 1913, artt. 74, 80, art. 147, lett. a) e b), D.M. 27 novembre 2001, art. 34, D.L. n. 223 del 2006, artt. 1 e 2, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di merito ritenuto legittima la sanzione, asserendo che il ricorrente, nel fatturare onorari negativi, aveva lavorato in perdita nell'esecuzione delle singole prestazioni, mentre tale condotta poteva aver rilievo disciplinare solo ove sistematica e non occasionale e sempre che i risultati economici ottenuti fossero stati inferiori a quelli prodotti complessivamente dal professionista. Invece, le riscontrate irregolarità erano state consumate nel solo trimestre ottobre-dicembre 2016 ed avevano comportato un risparmio sull'iva pari ad l'1,91% del dovuto, a conferma si era in presenza di meri errori di fatturazione e non di un illecito concorrenziale.

Non poteva in alcun caso addebitarsi al notaio il fatto di aver richiesto compensi inferiori ai minimi tariffari, data l'intervenuta abrogazione delle tariffe professionali.

Il motivo è infondato.

La Corte distrettuale, nel confermare il provvedimento sanzionatorio (senza peraltro immutare i fatti nella loro oggettività, nè la qualificazione formale operata dall'organo di disciplina), ha correttamente ritenuto che la fatturazione di compensi negativi e lo sbilanciamento delle fatture integrassero le ipotesi contemplate dall'art. 14, comma 1, lett. a) del codice deontologico (norma che individua, in via non tassativa, le fattispecie di illecita concorrenza tra notai), essendo sanzionabili ai sensi della L. n. 89 del 1913, art. 147, lett. b), (che punisce la violazione non occasionale delle norme professionali).

Come ha precisato il provvedimento impugnato, nessuna contestazione era stata invece mossa al notaio per il solo fatto di aver preteso onorari eccessivamente bassi.

Ed invero, secondo quanto dispone il codice deontologico, sia l'emissione di fatture irregolari che l'esecuzione delle prestazioni professionali in maniera frettolosa e compiacente configurano autonome fattispecie di concorrenza illecita (Cass. 3715/2013; Cass. 9358/2013).

Il rilievo disciplinare di tali condotte postula, per espressa previsione dell'art. 147, lett. b), L.N., il carattere reiterato delle violazioni.

L'effetto anticoncorrenziale illecito non richiede - invece - che il notaio abbia lavorato sistematicamente e complessivamente in perdita in rapporto ai risultati conseguiti al termine dell'esercizio o in base ad una rilevazione estesa ad un più ampio arco temporale: anche la non sporadica fatturazione irregolare in un periodo circoscritto, ma comunque significativo, può costituire fattore di alterazione della concorrenza rispetto agli altri notai, poichè idoneo a fungere da fattore selettivo nella scelta del professionista e di potenziale consolidamento dei rapporti con la clientela, anche se i vantaggi ottenuti da quest'ultima siano, nei singoli casi, oggettivamente contenuti.

Nello specifico, come precisato dal giudice distrettuale, le somme fatturate "hanno assunto una tale esiguità da esorbitare da qualunque soglia di ragionevolezza, avuto riguardo anche alla sola copertura delle spese occorse per l'esecuzione della prestazione" (cfr. ordinanza, pag. 6-7), sì da non costituire affatto una mera rinuncia al compenso (che avrebbe richiesto l'annotazione di onorari ad importo zero).

Le violazioni sono state riscontrate in più di 40 pratiche nell'arco di un trimestre e, mediante l'annotazione di compensi negativi, si era proceduto all'illegittima compensazione delle somme dovute dai clienti a titolo di iva e spese.

Ferma, quindi, l'irrilevanza disciplinare della mera adozione di comportamenti di prezzo indipendenti sul mercato, permane tuttora la sanzionabilità dell'illecita concorrenza realizzata attraverso comportamenti contrari ai doveri di correttezza professionale o servendosi di altri mezzi non confacenti al decoro ed al prestigio della classe notarile, una volta venuto meno, per abrogazione, il riferimento alla condotta di riduzioni di onorari, diritti o compensi (Cass. 3715/2013; Cass. 9358/2013).

La fatturazione irregolare o compiacente ne costituisce una ipotesi sintomatica per espressa valutazione del codice deontologico.

L'illecito è certamente sussistente ove, per l'anomalia della fatturazione negativa, non sorretta da alcuna giustificazione, risulti che il professionista abbia assunto in proprio parte dei costi dell'attività professionale in un numero rilevanti di casi, poichè tale condotta è obiettivamente idonea a fungere da fattore di attrazione e di fidelizzazione della clientela, con pratiche non consentite.

3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli art. 2697 c.c., art. 14, comma 1, lett. a) e b) del codice deontologico, art. 74, art. 147, lett. a), L.N., artt. 24,111 Cost., D.M. 27 novembre 2001, artt. 74, 34, D.M. 27 novembre 2001, art. 34, D.L. n. 223 del 2006, artt. 1,2, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di merito ritenuto sanzionabile lo sbilanciamento delle fatture per i mutui collegati alle vendite immobiliari, pur in mancanza di prova che tali pratiche fossero state concordate preventivamente o contestualmente al conferimento dell'incarico nei rapporti con clienti abituali.

La pronuncia avrebbe apoditticamente considerato più onerosa l'attività svolta per la compravendita, senza valutare in concreto l'impegno richiesto per il perfezionamento dei singoli atti rogati dal notaio.

Il motivo è infondato.

Come la Corte di merito ha ritenuto indiscutibilmente provato sulla scorta delle ammissioni rese dallo stesso notaio nel corso procedimento disciplinare e ribadite nell'atto di reclamo, questi aveva proceduto ad applicare, in molteplici casi, al mutuo e non alle collegate operazioni di compravendita immobiliare, un onorario maggiore, in modo da far ottenere ai clienti il beneficio della detrazione fiscale.

Il ricorrente aveva ammesso, poi, che tale modalità di fatturazione era stata adotta poichè espressamente richiesta dalla clientela (cfr., ordinanza, pag. 7).

Le particolari circostanze di fatto che hanno condotto alla consumazione della violazione escludevano la necessità di acquisire la prova, in concreto, della maggiore complessità e della maggior onerosità dell'attività notarile per la redazione degli atti di compravendita rispetto ai mutui, avendo il notaio riconosciuto che la fatturazione era stata sostanzialmente compiacente.

Per le medesime ragioni era anche evidente che tali pratiche non erano in alcun modo giustificabili quale espressione della facoltà delle parti di liberamente determinare la misura dei compensi per ciascun atto rogato.

Quanto poi alla necessità di accertare se lo sbilanciamento avesse favorito clienti abituali, deve obiettarsi che, come già sostenuto da questa Corte, l'illecito disciplinare non è escluso nè dall'intento di fidelizzare una clientela già acquisita, nè dal fatto che una delle parti dell'atto sia cliente abituale ed aduso alla stipula di atti analoghi: la prima circostanza, infatti, non priva la suddetta condotta della natura di atto di concorrenza sleale (la quale non necessariamente deve essere volta ad acquisire nuovi clienti, ma ben può consistere anche nel mero intento di conservare, con mezzi illeciti, la clientela attuale), la seconda circostanza è, invece, irrilevante sul piano disciplinare (Cass. 7274/2008).

Le conclusioni cui è giunta la pronuncia impugnata vanno - in definitiva - condivise, essendosi in presenza di una fatturazione al contempo compiacente, irregolare e produttiva di un vantaggio illecito, e quindi di condotte espressamente contemplate dall'art. 14, lett. a) e b) del codice deontologico, come ipotesi esemplificative di concorrenza sleale.

4. Il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 1, comma 1, art. 73 L.N., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto sussistente l'irregolare certificazione dei bilanci della Wind s.p.a., omettendo di considerare che non sussiste alcuna disposizione che disciplini le procedure e le specifiche modalità di accesso al sistema informatico dei clienti, in modo da assicurare l'originarietà della fonte. Per la verifica di conformità dei documenti digitali, il notaio non dispone, inoltre, di alcun elemento di raffronto per accertare che il mezzo consegnatogli dal cliente (la cd. chiavetta) dia effettivamente accesso ad un contenuto informatico autentico.

Anche tale censura è infondata.

Ha evidenziato la decisione impugnata che il notaio aveva proceduto a certificare la conformità dei documenti contabili senza aver visionato gli originali, non avendo la disponibilità delle chiavi di accesso al sistema informatico della Wind s.p.a..

La denunciata mancanza di specifiche prescrizioni che regolassero le procedure e le modalità di verifica della genuinità della contabilità redatta in formato digitale non giustificava affatto la condotta del notaio ed anzi - a fortiori - non consentiva al ricorrente che nutrisse dubbi in proposito di attestare la conformità delle copie.

Ed invece la certificazione è stata rilasciata non in base all'esame diretto delle scritture, ma confidando sulla "serietà della società tenutaria delle scritture stesse (Ernst & Young)", in spregio alla regola, ricavabile dall'art. 73 L.N., per cui la formazione di un estratto autentico postula la visione degli originali, comunque formati (cfr. ordinanza, pag. 9).

5. Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art. 14, comma 1, lett. b) del codice deontologico, art. 147, comma 1, lett. b), L.N., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la pronuncia attribuito alla condotta del notaio carattere sistematico e non occasionale, pur essendo contestati illeciti esauritisi nel corso di un unico trimestre, mentre l'arco di tempo da prendere in considerazione ai fini disciplinari non può essere inferiore all'anno solare.

Il motivo è infondato.

Il requisito della non occasionalità della violazione deontologica ai sensi dell'art. 14, lett. b), L.N. osta a che sia perseguita una singola o episodica violazione (Cass. 10474/2013; Cass. 26961/2007), ma anche più condotte illecite cronologicamente concentrate entro un periodo temporale non predefinito, e tuttavia ugualmente significativo, possono superare la soglia di liceità, poichè idonee a compromettere il bene interesse protetto dalla norma professionale.

Il periodo di osservazione minimo individuato, per altre tipologie di illecito, da questa Corte, con la pronuncia n. 31006/2017, non può essere generalizzato o automaticamente traslato nel settore degli illeciti concorrenziali, quale criterio esclusivo per perimetrare le condotte sanzionabili.

Il requisito della sistematicità della condotta è, difatti, compatibile anche con una collocazione temporale degli illeciti confinata entro un periodo inferiore all'anno, non dovendo necessariamente sussistere un rapporto di adeguata proporzione tra il numero delle pratiche illecite e il volume complessivo dell'attività professionale calcolato su base annuale e non essendo richiesto un monitoraggio esteso ad un periodo predefinito a priori, fatta salva la necessità che le violazioni non risultino isolate o del tutto episodiche.

Appaiono sanzionabili anche comportamenti riferibili ad un'unica prestazione professionale notarile che, tuttavia, si sia svolta in varie fasi e condotte sequenziali, tali da occupare un intervallo temporale apprezzabile (Cass. 29456/2018).

Va infine detto che nessuna delle pronunce richiamate a pag. 21, nota 8 del ricorso conforta le tesi sostenute dal ricorrente, in mancanza di una esplicita affermazione di principio sulla questione qui dibattuta.

6. Il quinto motivo denuncia la violazione dell'art. 147, comma 1, lett. a), L.N., art. 24 Cost., art. 101 Cost., comma 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2 e art. 6 CEDU, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la sentenza ritenuto che i fatti contestati configurassero illeciti di mero pericolo, qualificazione che renderebbe impossibile l'esercizio del diritto di difesa e la prova della mancata lesione del decoro e del prestigio della classe notarile da parte dell'interessato, in violazione dei principi del giusto processo e dell'equo esame della causa.

A parere del ricorrente, si sarebbe in presenza di illeciti di danno e quindi l'organo di disciplina era tenuto a provare la sussistenza di un effettivo vulnus al prestigio della classe professionale: tale bene interesse, che, a differenza del decoro, è caratterizzato da una dimensione esterna, potrebbe considerarsi leso solo l'illecito abbia avuto un'eco negativa, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie sanzionatoria.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n. 1.

L'impianto e le regole che modellano il procedimento sanzionatorio, ove la prova del fatto sanzionato compete all'organo di disciplina, non ostano - in linea di principio - all'ammissibilità di fattispecie di illecito di mero pericolo o di pura condotta, in cui il disvalore si concentra sul comportamento in sè considerato ed è sufficiente che l'interesse tutelato sia anche solo esposto al rischio di patire un pregiudizio.

D'altronde, anche in materia penale e in un sistema processuale ugualmente ispirato al modello accusatorio, la previsione di reati di pericolo, già ritenuta coerente con il principio di tipicità di cui all'art. 25 Cost., è reputata ammissibile ed è affidata alla discrezionalità del legislatore sia quanto alla scelta di introdurre, nei vari settori, siffatte tipologie di illeciti, sia in merito all'individuazione delle condotte alle quali collegare una presunzione assoluta di pericolo e riguardo alla soglia di pericolosità alla quale far riferimento, con il solo limite della non arbitrarietà o irragionevolezza delle soluzioni normative adottate (Corte Cost. 333/1991).

Quanto, in particolare, all'ipotesi regolata dall'art. 147, lett. a), L.N. è costante l'orientamento di questa Corte che, per la sussistenza della violazione, non è necessaria la prova del danno (Cass. 18033/2019; Cass. 17266/2015; Cass. 21203/2011), ma solo l'accertamento della commissione del comportamento illecito (cfr. Cass. 17266/2015).

Il verificarsi di un'eco negativa nella comunità costituisce circostanza che non deve essere dimostrata nè in positivo dall'organo di disciplina, nè in negativo da parte dell'incolpato, che non è esposto, al riguardo, ad un trattamento processuale deteriore.

La natura dell'illecito di cui all'art. 147, lett. a) L.N., non muta neppure ove si profili una lesione del prestigio, la cui punibilità sul piano deontologico è ugualmente agganciata alla mera esposizione a pericolo del bene protetto, il che conferma che, al di là dell'ipotizzata distinzione concettuale tra "prestigio" ed "onore professionale", è compito del giudice accertare esclusivamente la consumazione della condotta illecita.

Sotto altro profilo, come ripetutamente affermato da questa Corte, l'art. 147, comma 1, lett. a), L.N. individua con chiarezza l'interesse meritevole di tutela (dignità e reputazione del notaio, decoro e prestigio della classe notarile) e la condotta sanzionata, il cui contenuto, sebbene non tipizzato, si ricava dalle regole di etica professionale e, quindi, dal complesso dei principi di deontologia percepiti come inderogabili.

La norma non viola gli artt. 3,25 e 117 Cost. e art. 7 CEDU, tenuto conto che il principio di tipicità attiene, nella sua assolutezza, alla sola sanzione penale e che detta norma viene integrata dal codice deontologico, il quale è rivolto ad una platea di soggetti perfettamente in grado, per qualificata professionalità, di coglierne perimetro e valenza (Cass. 24680/2018; Cass. 10872/2018; Cass. 17226/2015).

7. Il sesto motivo denuncia la violazione dell'art. 144, comma 1, L.N., art. 14 cod. deontologico e art. 147, comma 1, lett. a), L.N., nonchè vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando che la Corte di merito non abbia conferito alcun valore al ravvedimento operoso del notaio, che pure aveva provveduto al versamento dell'intera imposta dovuta e alla rettifica di tutti i dati di fatturazione presso i clienti, eliminando le conseguenze della violazione.

Si sostiene che al ricorrente andavano altresì riconosciute le circostanze attenuanti generiche, considerando la contenuta gravità, il ridotto spazio temporale entro cui erano state consumate le violazioni, la tenuità delle conseguenze derivate dallo sbilanciamento delle fatture, la giovane età, l'incensuratezza e i limitati benefici ottenuti, verificando, infine, se i fatti ritenuti inidonei a giustificare l'applicazione delle circostanze attenuanti specifiche consentissero la concessione di quelle generiche.

Il settimo motivo denuncia la violazione degli artt. 135-147 L.N. ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la pronuncia, pur riconoscendo la breve concentrazione temporale delle condotte e pur ritenendo sanzionabili solo parte dei fatti contestati, abbia applicato una pena sproporzionata, senza tener conto del carattere episodico della fatturazione irregolare, della carenza di prova di un'attività di concorrenza illecita e di una effettiva lesione del prestigio della categoria professionale, oltre che dell'assenza di una normativa volta a disciplinare le attività di autenticazione delle copie dei documenti informatici. La Corte di merito, affermando che non sussiste un concorso apparente di norme tra gli artt. 14 del codice deontologico e art. 147, lett. b), L.N., avrebbe dovuto applicare la disposizione della legge notarile ad una specifica e ben individuata condotta del resistente.

I due motivi, che per la loro stretta connessione richiedono un esame congiunto, sono infondati.

E' rimasto insindacabilmente accertato in fatto (cfr. ordinanza, pag. 9), che il ricorrente non aveva in alcun modo posto rimedio alle condotte di cui alla seconda e alla terza imputazione (sbilanciamento delle fatture e formazione di estratti autentici delle scritture contabili), mentre aveva solo parzialmente eliminato le conseguenze della prima violazione (fatturazione di compensi negativi).

Già il Coredi era pervenuto alle medesime conclusioni, sostenendo, inoltre, che il pagamento ritardato dell'iva sulle fatture irregolari non avesse eliminato le conseguenze della condotta del notaio.

Non sussistevano - anzitutto - gli stessi presupposti in fatto per il riconoscimento delle attenuanti specifiche, a prescindere dalla limitata entità del danno procurato ai clienti e stante, per quanto detto, il carattere non occasionale delle violazioni.

Quanto alla spettanza delle attenuanti generiche, la pronuncia ha legittimamente dato rilievo alla sistematicità, alla gravità e alla varietà delle infrazioni, con un giudizio di prevalenza rispetto agli altri fattori capaci di incidere sull'entità della sanzione, che attiene al fatto e che resta incensurabile, in quanto logicamente motivato. La mancata riparazione integrale del danno, del tutto omessa rispetto a due delle tre incolpazioni, la mancata eliminazione delle conseguenze dell'infrazione - del tutto parziale e comunque insussistente riguardo alla attività di illecita concorrenza - oltre al giudizio di intrinseca gravità delle violazioni erano elementi utili a giustificare l'entità della sanzione applicata, profilo su cui il ricorso si limita a sollecitare una diversa quantificazione sulla scorta di rilievi che invadono il campo delle valutazioni riservate al giudice di merito e che, per giunta, confliggono con i risultati dell'istruttoria (quanto alla sussistenza e alle connotazioni oggettive e soggettive dei fatti contestati).

Il ricorso è respinto con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Sussistono i legittimi motivi previsti dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, per l'accoglimento dell'istanza - formulata dal ricorrente - volta ad ottenere che sia omessa l'indicazione dei suoi dati identificativi nelle riproduzioni della presente sentenza, mediante apposizione dell'annotazione di cui al comma 1 della citata disposizione.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese processuali, in misura del 15%.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Ordina che, a cura della cancelleria, sia apposta sull'originale della presente sentenza, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza stessa in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi delD.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2021.