La Responsabilità del Medico


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26735 - pubb. 03/03/2022

Responsabilità sanitaria: l’onere della prova va modulato sulla scomposizione del ciclo causale in due elementi

Tribunale Reggio Emilia, 17 Febbraio 2022. Est. Morlini.


Responsabilità sanitaria – Onere della prova – Onere del paziente di provare il nesso causale tra insorgere della patologia e condotta del medico – Causa del danno incerta – Rigetto della domanda



Nel caso di dedotta responsabilità sanitaria, l’onere della prova va modulato sulla cosiddetta scomposizione del ciclo causale in due elementi: spetta innanzitutto al paziente provare il nesso causale tra l’insorgere della patologia e la condotta del medico; solo in un secondo momento, laddove il paziente abbia dato prova di tale ciclo causale, il sanitario deve provare il pieno rispetto delle leges artis o comunque delle best practices, evidenziando la causa non imputabile che gli ha reso impossibile fornire la prestazione corrispondente ai canoni di professionalità dovuti.

Consegue che, nel caso rimanga incerta la causa del danno lamentato, la domanda risarcitoria del paziente dovrà essere rigettata, non avendo il paziente stesso provato il nesso causale tra l’insorgere della patologia e la condotta del medico. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Nella procedura n. 1792/2021 R.G.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice monocratico dott. Gianluigi Morlini, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1792/2021

 

promossa da:

Z. P. (avv. D’INCECCO LIBERO)

PARTE ATTRICE

contro

CENTRO MEDICO PRIVATO AB SRL (avv. LERRO FEDERICA)

PARTE CONVENUTA

 

 

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da memorie conclusionali.

 

FATTO

La controversia trae origine da un intervento di chirurgia estetica relativo a mastoplastica additiva, che la signora Z. P. ha effettuato nel 2011 rivolgendosi al dottor A. Pa., allora operante presso il Centro Medico privato AB di Reggio Emilia.

Otto anni e mezzo dopo l’intervento, nell’ottobre 2019 la P. ha promosso un accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. nei confronti del Pa. e del Centro Medico Spallanzani, deducendo l’esistenza di una colpa medica nell’effettuazione dell’intervento e domandando di quantificare il danno subìto.

Dopo il deposito dell’ATP, la P., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ha promosso il presente giudizio di merito sempre nei confronti del Pa. e del Centro Medico Spallanzani, chiedendone la solidale condanna al pagamento della complessiva somma di € 3.900,30, sul presupposto l’ATP avrebbe confermato l’esistenza di un erroneo intervento di chirurgia di mastoplastica additiva, produttivo di inestetismi derivanti da differenza di forma e volume delle due mammelle.

Costituendosi in giudizio, ha resistito il Centro Medico, deducendo l’assenza di colpa medica, sul presupposto che, così come accertato dall’ATP, i modesti inestetismi residuati, integrati da una leggera asimmetria mammaria, erano riferibili ad una complicanza ben descritta nella letteratura scientifica e della quale la paziente era stata adeguatamente informata.

È invece rimasto contumace il A. Pa..

Non essendo stata accettata la proposta conciliativa formulata da questo giudice ex articolo 185 bis c.p.c., è stata fissata la presente udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale ex articolo 281 sexies c.p.c., preceduta da termine per note scritte.

 

DIRITTO

a) Va innanzitutto osservato in linea di diritto che, nel caso di dedotta responsabilità sanitaria, l’onere della prova va modulato sulla cosiddetta scomposizione del ciclo causale in due elementi: spetta innanzitutto al paziente provare il nesso causale tra l’insorgere della patologia e la condotta del medico; solo in un secondo momento, laddove il paziente abbia dato prova di tale ciclo causale, il sanitario deve provare il pieno rispetto delle leges artis o comunque delle best practices, evidenziando la causa non imputabile che gli ha reso impossibile fornire la prestazione corrispondente ai canoni di professionalità dovuti (cfr. la sentenza capostipite di tale orientamento, Cass. n. 18392/2017, nonché tutta la granitica a mai disattesa giurisprudenza successiva: Cass. nn. 28992/2019, 28991/2019, 28989/2019, 27606/2019, 5487/2019, 29853/2018, 9853/2018, 27455/2018, 27449/2018, 27447/2018, 27446/2018, 26700/2018, 20812/2018, 22278/2018, 20905/2018, 19204/2018, 19199/2018, 18549/2018, 18540/2018, 5641/2018, 3704/2018, 3698/2018, 29315/2017, 26824/2017).

Consegue necessariamente che, nel caso rimanga incerta la causa del danno lamentato, la domanda risarcitoria del paziente dovrà essere rigettata, non avendo il paziente stesso provato il nesso causale tra l’insorgere della patologia e la condotta del medico.

Tanto premesso in linea di diritto, si osserva in fatto che la controversia può essere decisa sulla base dell’ATP collegiale invocato dalla stessa attrice, svolto dal medico legale dottor Pieraccini e dallo specialista in chirurgia plastica dottor Franco Marconi, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, sostanzialmente non contestata nemmeno dal perito di parte ricorrente (cfr. pag. 52), dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato.

In particolare, rimarcate le difficoltà di una valutazione effettuata dopo nove anni dai fatti ed in mancanza di documentazione intermedia prodotta dall’attrice, il collegio peritale ha concluso che “da un punto di vista chirurgico plastico, non si hanno elementi documentali che ci permettano di affermare che la modesta asimmetria mammaria esistente e la modesta dislocazione verso l’alto e lateralmente della protesi mammaria sinistra siano la conseguenza di un errato allestimento delle tasche sottomuscolari di alloggiamento delle protesi. Difatti, sulla scorta della documentazione in atti, questa assurge unicamente ad un’ipotesi, potendosi per contro affermare, viste anche le discordanze tra quanto indicato nella perizia del dott. Reale e quanto effettivamente registrato in occasione della visita peritale, che le dismorfie rilevate siano probabilmente la conseguenza della contrattura capsulare, evento prevedibile ma non prevenibile dai Sanitari, per cui non sarebbe rilevabile alcuna censura. Ovviamente tali conclusioni derivano dalla disamina della documentazione in atti e dal quadro mammario rilevato in occasione della visita peritale, ovvero a distanza di circa 9 anni dall’intervento di mastoplastica additiva bilaterale in discussione, non avendo a disposizione alcun documento che attesti la morfologia preoperatoria delle mammelle, né certificati/fotografie che attestino l’evoluzione nel tempo dell’intervento effettuato, dai quali potrebbe emergere un eventuale errore di allestimento” (cfr. pag. 46 ATP).

In sostanza, per un verso non vi è prova che i modestissimi inestetismi, poi valutati nella misura del 2,5% di danno biologico, siano riconducibili a colpa medica; per altro verso ed in ogni caso, la leggera dismorfia rilevata ben potrebbe derivare da una contrattura capsulare, cioè da una complicanza prevedibile ma non prevenibile dai sanitari, per la quale è stato raccolto un adeguato consenso informato, ciò che esclude la possibilità di un addebito per colpa ai sanitari stessi.

Deriva quindi che l’attore, cui incombeva l’onere probatorio, non ha provato il necessario presupposto della colpa medica posto alla base della domanda risarcitoria.

E d’altronde, promuovendo il presente giudizio, nulla la difesa attorea ha osservato in proposito, limitandosi a richiamare le risultanze di un ATP che, per i motivi sopra indicati, deve ritenersi favorevole alla convenuta e sfavorevole all’attore stesso, senza muovere a tale ATP alcun rilievo o contestazione.

b) In ragione di tutto quanto sopra, la domanda attorea va rigettata.

Non vi sono motivi per derogare ai princìpi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste a carico della soccombente parte attrice ed a favore della vittoriosa parte convenuta costituita Centro Medico Spallanzani, tenendo a mente un valore ricompreso tra i minimi ed i medi, nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa, e tenendo conto dello svolgimento anche della fase di ATP.

La condanna alla rifusione delle spese, infatti, per pacifica giurisprudenza non è esclusa dal fatto che la parte soccombente sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, posto che “il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ex art. 74 comma 2 DPR n. 115/2002, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa, perché ‘gli onorari e le spese’ di cui all'art. 131 DPR citato sono solo quelli dovuti al difensore della parte assistita dal beneficio, che lo Stato si impegna ad anticipare” (Cass. n. 25653/2020, 8388/2017, Cass. n. 22575/2014, Cass. n. 25295/2013, Cass. n. 22381/2012, Cass. n. 10053/2012).

Nulla invece sulle spese dell’altro convenuto vittorioso, A. Pa., in quanto contumace.

 

P.Q.M.

il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica

definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa

-         rigetta la domanda;

-         condanna P. Z. a rifondere al Centro Medico privato AB le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 2.000 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie come per legge;

-         nulla sulle spese di lite di Pa. A..

Reggio Emilia, 16/2/2022

Il Giudice

Dott. Gianluigi Morlini