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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3648 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 29 Ottobre 2010. Est. Zanichelli.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Procedimento - Audizione dell'imprenditore - Notificazione del ricorso e del decreto di convocazione - Necessità - Negligenza nella condotta del debitore irreperibile - Rilevanza - Esclusione - Formalità - Notificazione - Derogabilità - Presupposti.


Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, l'avvenuta procedimentalizzazione del giudizio e delle attività di trattazione ed istruttoria, a seguito della riforma di cui al d.lgs. n. 5 del 2006 e del d.lgs. n. 169 del 2007, implica che la notificazione al debitore del ricorso e del decreto di convocazione all'udienza (come previsto dalla nuova formulazione dell'art. 15, terzo comma, legge fall.) sia la regola anche quando il debitore si sia sottratto volontariamente o per colpevole negligenza al procedimento, rendendosi irreperibile; il quinto comma dell'articolo citato permette tuttavia, con una previsione analoga a quella di cui all'art. 151 cod. proc. civ., che il presidente del tribunale, in sede di abbreviazione dei termini per la notifica e per le memorie, possa disporre che il ricorso ed il decreto predetti, se ricorrono particolari ragioni di urgenza, siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi. Ne consegue che è valida la comunicazione al debitore del decreto di convocazione avvenuta, come ordinato con specifico provvedimento del presidente del tribunale, per il tramite di un ufficiale di polizia giudiziaria, e non nelle forme della notifica di cui agli artt. 136 e s. cod. proc. civ.. (massima ufficiale) 

Massimario, art. 15 l. fall.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. ZANICHELLI Vittorio - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRANCESCANGELI Alberto, in proprio e quale liquidatore e socio accomandatario della COMFO di FRANCESCANGELI ALBERTO & C. s.a.s., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Jaselli Orsola e Capè Paolo, come da procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
INTERBANCA s.p.a., con domicilio eletto in Roma, via Faà di Bruno n. 79, presso l'Avv. Gargiulo Marcello che la rappresenta e difende come procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
BANCA ANTONVENETA s.p.a., con domicilio eletto in Roma, via Bruno Buozzi n. 68, presso l'Avv. Gagliardini Alessandro che la rappresenta e difende come procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
e contro
BANCA POPOLARE DI BERGAMO s.p.a., con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia n. 9, presso l'Avv. Paolini Vittoria che la rappresenta e difende unitamente all'Avv. Bissi Aldo, come procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
COMFO di FRANCESCANGELI ALBERTO & c. s.a.s. fallita;
- intimata -
per la Cassazione della sentenza della Corte d'appello di Milano n. 2124/08 depositata il 2 luglio 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8 ottobre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio Zanichelli;
uditi gli Avv.ti Capè Paolo Maria e Jaselli Orsola per i ricorrenti e gli Avv.ti Gargiulo Marcello Antonio, Bissi Aldo e Gagliardini Alessandro per i contro ricorrenti;
sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
FRANCESCANGELI Alberto, in proprio e quale liquidatore e socio accomandatario della COMFO di FRANCESCANGELI ALBERTO & C. s.a.s., dichiarati falliti dal Tribunale di Milano con sentenza del 12.3.2008, ricorrono per la Cassazione della sentenza della Corte d'appello di Milano che ha rigettato il loro appello avverso la sentenza dichiarativa del fallimento motivato con la nullità della stessa per violazione del contraddittorio.
A sostegno dell'impugnazione propongono quattro motivi con i quali si censura la sentenza per avere, rispettivamente, omesso di considerare la nullità della convocazione dell'accomandatario effettuata presso una residenza anagrafica non più attuale nonostante l'avvenuta pubblicizzazione della modifica; per avere erroneamente presunto che il trasferimento fosse fittizio; per avere omesso di considerare la nullità della notificazione non effettuata nelle forme dell'art. 136 c.p.c., e segg.; per difetto di motivazione in ordine alla dedotta negligente condotta dell'ufficiale di PG che aveva effettuato la comunicazione.
Resistono con controricorso la Interbanca s.p.a., la Banca Antonveneta s.p.a. e la Banca Popolare di Bergamo s.p.a. MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente rilevarsi che l'eccezione proposta dalla difesa della Banca Popolare di Bergamo secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile per violazione del litisconsorzio in quanto il ricorrente dichiara di agire anche in proprio ma ha evocato in giudizio l'organo gestore della procedura solo nella sua veste di curatore del fallimento sociale è inammissibile in quanto, come risulta dall'intestazione della sentenza anche nel giudizio di appello è stato convenuto solo il fallimento sociale pur essendo i motivi di censura in gran parte riferiti alla nullità della convocazione del socio illimitatamente responsabile e ciò nonostante la Corte ha ritenuto il fallimento ritualmente citato, interpretando evidentemente il tenore dell'appello come rivolto al curatore in entrambi i suoi ruoli. Tale interpretazione dell'atto non è stata fatta oggetto di specifico motivo di ricorso ed è quindi coperta dal giudicato.
Tanto ritenuto, deve essere esaminato prioritariamente il secondo motivo di impugnazione con il quale si deduce il vizio di violazione di legge e in particolare degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la presunzione di residenza del ricorrente in conformità alle risultanza anagrafiche in *Vedano al Lambro, via Alpamajo n. 15* al momento della comunicazione della convocazione ex L. Fall., art. 15, effettuata a mezzo ufficiale di PG a mani della moglie non potesse considerarsi superata dalle contrarie dichiarazioni della stessa secondo le quali il marito si era trasferito in *Milano* senza comunicare alcun recapito e neppure quello telefonico e ha quindi ritenuto che in realtà il trasferimento della residenza che sarebbe stato denunciato qualche giorno prima nel comune di destinazione fosse fittizio. Il motivo è inammissibile in quanto sotto il profilo della violazione di legge si richiede in sostanza una diversa valutazione degli elementi in atti, posto che il giudice del merito ha diffusamente motivato il suo convincimento dandosi carico di evidenziare dati di fatto di decisiva rilevanza quali l'avvenuta notifica al Francescangeli a mani proprie e nella presunta "vecchia" residenza di un atto ancora in *data 24 maggio 2008* e quindi successivamente al presunto trasferimento, senza considerare l'evidente insufficienza e non credibilità delle dichiarazioni rese dalla moglie del ricorrente che, dopo aver accettato la consegna dell'avviso di udienza dichiarando che il marito era "assente", solo dopo qualche giorno ha sostenuto che lo stesso si era trasferito, negando di conoscere non solo il nuovo indirizzo ma finanche la reperibilità telefonica.
L'inammissibilità di tale motivo e quindi l'acquisita fittizietà del trasferimento comportano l'assorbimento del primo motivo fondato sulla rilevanza nei confronti dei terzi del trasferimento della residenza anagrafica in esito alla duplice dichiarazione resa al comune abbandonato e a quello della nuova residenza, posto che "In tema di notificazioni, ai fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario assume rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni, come quelle desunte dall'indicazione di dimora abituale quale emerge dall'esecuzione del contratto intercorso tra le parti. Il relativo apprezzamento costituisce valutazione demandata al giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità, ove adeguatamente motivata" Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 26985 del 22/12/2009). Infondato è poi il terzo motivo con il quale si addebita al giudice del gravame la violazione e la falsa interpretazione della L. Fall., art. 15, e art. 139 c.p.c., avendo omesso di rilevare che la notificazione a debitore del decreto di convocazione per l'udienza della fase prefallimentare deve essere effettuata secondo le forme di cui all'art. 136 c.p.c., e segg..
Se infatti è condivisibile quanto afferma il ricorrente (e sul punto deve quindi essere corretta la motivazione dell'impugnata sentenza) in tema di inapplicabilità della giurisprudenza formatasi nel vigore della disciplina anteriore alla riforma secondo cui la condotta del debitore, che si sottrae volontariamente o per colpevole negligenza al procedimento rendendosi irreperibile, giustifica il mancato ricorso alle formalità normalmente previste per la notificazione degli atti in quanto l'intervenuta procedimentalizzazione della fase prefallimentare, di cui sono sicuro indice la definizione degli adempimenti processuali e la formalizzazione dell'attività di trattazione e istruttoria delle parti, impone il rispetto delle norme processuali anche in tema di modalità di comunicazione degli atti, è anche vero che la L. Fall., art. 15, come modificato dal c.d. decreto correttivo applicabile nel caso in esame, contiene una previsione analoga a quella dell'art. 151 c.p.c., da applicarsi in particolari fattispecie disponendo che " I termini di cui al comma 3 e comma 4 possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi".
Da tale disposzione consegue che può derogarsi alle ordinarie forma di notificazione allorquando particolari ragioni d'urgenza lo giustifichino e tanto è appunto avvenuta nella fattispecie in quanto il decreto di convocazione non è stato notificato a cura della parte ma portato a conoscenza del destinatario ad opera di un ufficiale di PG in esito a specifico provvedimento del Presidente del Tribunale (i cui presupposti non sono oggetto di contestazione) e deve essere esclusa ogni irregolarità delle modalità di comunicazione dal momento che, come è stato in precedenza evidenziato, e la circostanza rende altresì conto dell'assenza di ogni negligenza da parte dell'ufficiale di PG incaricato della consegna (quarto motivo), nel luogo in cui questa è stata effettuata il ricorrente aveva mantenuto l'effettiva reperibilità.
Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di rito in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente in proprio e nella qualità alla rifusione in favore di ciascuna delle parti resistenti delle spese del giudizio che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2010