Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7456 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 10 Marzo 2006, n. 5301. Est. Nappi.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Natura e finalità - Azione revocatoria fallimentare - Esperibilità - Condizioni e limiti - Destinazione liquidatoria della procedura - Necessità - Momento rilevante - Decisione sull'azione revocatoria - Cessione dell'intero complesso aziendale - Funzione di liquidazione - Configurabilità.



Nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, disciplinata dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito nella legge 3 aprile 1979, n. 95, in ordine alla quale tra azione revocatoria fallimentare e fase conservativa sussiste un'incompatibilità logica e di fatto, prima ancora che giuridica, un'effettiva destinazione liquidatoria della procedura di amministrazione straordinaria può manifestarsi già prima del formale avvio del procedimento di alienazione dei beni, perché un'attività di conservazione dell'azienda, nella sua unitarietà funzionale, ben può risultare destinata alla salvaguardia non solo dell'unità produttiva, bensì anche della tutela delle ragioni dei creditori, i quali hanno interesse all'alienazione di un complesso aziendale efficiente e avviato, piuttosto che alla separata alienazione dei singoli beni aziendali. Ne consegue che l'eventualità di una destinazione liquidatoria della procedura deve essere accertata con riferimento al momento della decisione sull'azione revocatoria, e ciò anche quando, al momento della decisione, sia già stato alienato l'intero complesso aziendale, dato che anche la cessione dell'intero complesso aziendale ha funzione di liquidazione, ove si consideri che un risultato di risanamento, senza liquidazione dei beni, in tanto può aversi, in quanto a riprendere l'attività produttiva o di scambio sia il medesimo originario imprenditore. (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio S.P.A., in amministrazione straordinaria, domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14, presso l'avv. ROMANELLI E., che la rappresenta e difende unitamente all'avv. T. Galletto, come da mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
Ministero della Difesa, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l'avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
- controricorrente -
contro
Less Costruzioni s.r.l. in liquidazione, domiciliata in Roma Lungotevere Michelangelo n. 9, presso l'avv. BIAMONTI P., che la rappresenta e difende con gli Avv. G. Carretto, A. Lerici, P. Biamonti;
- intimato -
contro
Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio S.P.A., in amministrazione straordinaria;
- intimato -
avverso la sentenza n. 701/2002 della Corte d'Appello di Genova depositata il 17 luglio 2002;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
uditi i difensori avv. Santorelli per la ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso, e Cerretto e Biamonti per la resistente Less s.r.l., che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso incidentale e comunque per il rigetto del ricorso principale. Udite le conclusioni del P.M., Dott. APICE Umberto, che ha chiesto dei motivi 5, 6 e 7, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 12050 del 5 novembre 1999 il Tribunale di Genova rigettò la domanda proposta dalla Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. in Amministrazione straordinaria per la dichiarazione di inefficacia L. Fall. ex art. 67, delle cessioni in favore della IBM s.p.a. di crediti per circa due miliardi di lire vantati dalla società attrice nei confronti del Ministero della Difesa italiano.
Ritenne il Tribunale che, in quanto sottrae al fallimento e ammette alla continuazione dell'attività un'impresa dichiarata insolvente, la L. n. 95 del 1979, prevede un aiuto di Stato e debba essere disapplicata per incompatibilità con il diritto comunitario, con la conseguenza dell'inammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare esercitata.
La Corte d'Appello di Genova, chiamata a pronunciarsi sull'impugnazione proposta dalla Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a., in amministrazione straordinaria, contro la decisione del Tribunale, escluse che la L. n. 95 del 1979, sia radicalmente incompatibile con il diritto comunitario, ma ribadì egualmente il rigetto della domanda, in quanto proposta in pendenza della gestione provvisoria dell'attività imprenditoriale, conclusasi con l'alienazione dell'intero complesso aziendale e quindi con il risanamento dell'impresa. Contro la decisione d'appello ricorre ora per Cassazione la Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. in amministrazione straordinaria, proponendo quattro motivi d'impugnazione illustrati anche da memoria, cui resistono con controricorso sia il Ministero della Difesa sia la Less s.r.l., che ha proposto altresì ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente disposta ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi proposti avverso la stessa sentenza. Occorre peraltro esaminare distintamente i motivi proposti con il ricorso principale e con il ricorso incidentale.
2. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 87 e 249 del trattato CE ratificato con L. 3 novembre 1992, n. 455, e dei principi generali del diritto comunitario.
Lamenta che i Giudici del merito abbiano erroneamente interpretato la decisione della Commissione 16 maggio 2000 2001/212/CE, che ha escluso l'incompatibilità comunitaria della L. n. 95 del 1979, quando l'amministrazione straordinaria non comporti in concreto misure selettive specifiche con impegno di risorse pubbliche, in particolare quando si tratti di misure che non comportino deroghe all'ordinaria disciplina delle procedure concorsuali. Aggiunge che erroneamente i Giudici del merito hanno ritenuto di poter considerare come aiuto di Stato la stessa autorizzazione alla continuazione dell'attività di un'impresa insolvente, escludendo l'esigenza di ulteriori accertamenti circa l'effettiva incidenza delle singole misure sulle risorse pubbliche.
Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 95 del 1979, artt. 1, 2, 6 e 6 bis, D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106, L. Fall. artt. 67 e 203, dei principi generali in tema di procedure concorsuali. Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto in giurisprudenza, le finalità di liquidazione dell'attivo e di risanamento dell'azienda sono in realtà complementari nella procedura di amministrazione straordinaria, secondo l'originaria disciplina della L. n. 95 del 1979. Sicché deve ritenersi che l'azione revocatoria fallimentare sia esperibile fin dall'apertura del procedimento concorsuale. Mentre anche la nuova disciplina dettata dal D.Lgs. n. 270 del 1999, conferma che va considerata liquidatoria la cessione dell'intero complesso aziendale.
Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 95 del 1979, art. 1 e dell'art. 100 c.p.c.; vizi di motivazione su un punto decisivo della controversia. Censura innanzitutto che i Giudici del merito abbiano ritenuto irrilevante la sopravvenuta apertura della fase liquidatoria al momento della decisione, nel presupposto che fosse irrimediabilmente inam-missibile l'azione revocatoria esercitata durante la fase di gestione provvisoria dell'impresa. E aggiunge che, comunque, l'intero complesso aziendale stato ceduto in data 9 novembre 1998 e la gestione provvisoria si era conclusa il 28 novembre 1998, come riconoscono gli stessi Giudici del merito, sicché l'azione revocatoria fallimentare risultava fondatamente proposta nel momento in cui intervenne la decisione impugnata.
Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 296 e 234 del trattato CE ratificato con L. 3 novembre 1992, n. 455, dei principi generali in tema di rapporti tra Giudici nazionali e organi comunitari, e della L. Fall. artt. 33, 99 e 205, e dell'art. 2700 c.c., dell'art. 234 del trattato CE ratificato con L. 3 novembre 1992, n. 455.
Lamenta che erroneamente i Giudici del merito hanno disatteso l'eccezione subordinata di inapplicabilità alle produzioni militari della normativa ordinaria in tema di aiuti di Stato.
3. Con l'unico motivo del suo ricorso la ricorrente incidentale deduce violazione e/o falsa applicazione degli art. 87 (ex 92) e 88 (ex 93) del trattato CE, del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106, della decisione della Commissione 16 maggio 2000 2001/212/CE. Sostiene, come già il Tribunale, che, in quanto sottrae al fallimento e ammette alla continuazione dell'attività un'impresa dichiarata insolvente, la L. n. 95 del 1979, prevede un aiuto di Stato e deve essere disapplicata per incompatibilità con il diritto comunitario, con la conseguenza dell'inammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare esercitata.
4. Risulta preliminare l'esame del ricorso incidentale, che peraltro è infondato.
Infatti questa Corte ha già ampiamente chiarito che "il D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, conv., con modif., in L. 3 aprile 1979, n. 95, sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, contrasta - in base alle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 1 dicembre 1998 e - 200/1997 e 17 giugno 1999, nonché alla decisione della Commissione 16 maggio 2000 2001/212/CE, che hanno carattere vincolante - con la normativa comunitaria solo relativamente a quelle disposizioni che prevedono aiuti di Stato non consentiti" (Cass., sez. 1^, 16 luglio 2004, n. 13165, m. 577216, Cass., sez., 1^, 8 febbraio 2005, n. 2534, m. 579315). Sicché l'accertamento dell'eventuale incompatibilità con il diritto comunitario delle agevolazioni fiscali eventualmente godute dalla Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. in Amministrazione straordinaria, potrebbe comportare l'invalidazione di tali aiuti di Stato, ma non certo la caducazione dell'intera procedura e, di conseguenza, non inciderebbe sull'ammissibilità dell'azione revocatoria, che qui rileva.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, per l'azione revocatoria fallimentare si pone solo un problema, di diritto nazionale, attinente alla compatibilità con le finalità di risanamento che può avere la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Ed è questo il problema posto dal ricorso principale.
5. Sono fondati e assorbenti in realtà il primo e il terzo motivo del ricorso principale. Quanto all'ammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, infatti, la giurisprudenza di questa Corte è certamente orientata ormai nel senso che l'azione revocatoria fallimentare, "essendo ispirata a finalità recuperatorie estranee alla fase conservativa dell'amministrazione straordinaria, è esperibile soltanto in relazione alla eventuale fase liquidatoria ed il suo ambito operativo è da riferirsi necessariamente e correlativamente al momento in cui inizia la liquidazione dei beni" (Cass., sez. 1^, 5 settembre 2003, n. 12936, m. 566562, Cass., sez. 1^, 21 settembre 2004, n. 18915, m. 577264, Cass., sez. 1^, 27 dicembre 1996, n. 11519, m. 501523). Nè questa condivisibile giurisprudenza è in contraddizione con il riconoscimento che "nel procedimento concorsuale di amministrazione straordinaria, l'azione revocatoria è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l'apertura della procedura e la nomina del commissario, essendo quest'ultimo l'unico soggetto legittimato all'esercizio della suddetta azione, con la conseguenza che il termine di prescrizione della revocatoria fallimentare non decorre dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, bensì solo dalla data del decreto di nomina del commissario governativo, ossia dal momento in cui, a norma dell'art. 2935 c.c., il "diritto" può essere fatto valere" (Cass., sez. un., 15 giugno 2000, n. 437, m. 537612). Infatti tra azione revocatoria e fase conservativa
dell'amministrazione straordinaria v'è una incompatibilità logica e di fatto, prima che giuridica. Sicché non rileva ai fini della prescrizione che la destinazione conservativa della procedura escluda la possibilità di agire in revocatoria. E tuttavia un'effettiva destinazione liquidatoria della procedura di amministrazione straordinaria può manifestarsi già prima del formale avvio del procedimento di alienazione dei beni, perché un'attività di conservazione dell'azienda, nella sua unitarietà funzionale, può risultare destinata, nello stesso ambito della procedura prevista dalla L. n. 95 del 1979, non solo alla salvaguardia dell'unità produttiva bensì anche alla tutela della ragioni dei creditori, che hanno evidentemente interesse all'alienazione di un complesso aziendale efficiente e avviato, piuttosto che alla separata alienazione dei singoli beni aziendali.
Ne consegue che l'eventualità di una destinazione liquidatoria della procedura non può non essere accertata con riferimento al momento della decisione sull'azione revocatoria; anche quando, come è avvenuto nel caso in esame, al momento della decisione appunto era stato già alienato 1'intero complesso aziendale (Cass., sez. 1^, 22 marzo 2005, n. 6192, m. 580382).
Infatti, contrariamente a quanto implicitamente affermato dai Giudici del merito, anche la cessione dell'intero complesso aziendale ha funzione di liquidazione, posto che di un risultato di risanamento, senza liquidazione dei beni, può parlarsi solo quando sia il medesimo originario imprenditore a riprendere l'attività produttiva e/o di scambio (L. n. 270 del 1999, art. 27 e 49).
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Genova, che si atterrà ai principi su enunciati. P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale e, in accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2006.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2006