Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7530 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 27 Ottobre 2006, n. 23275. Est. Nappi.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Ammissione dell'impresa al concordato e suo adempimento - Effetti - Estinzione delle garanzie fideiussorie - Configurabilità - Fondamento.



In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, qualora l'impresa insolvente sia ammessa al concordato, non trova applicazione l'art. 135, secondo comma, della legge fall., che, in tema di concordato fallimentare, assicura ai creditori la conservazione dell'azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso, escludendo che l'adempimento del concordato estingua la fideiussione prestata in favore del creditore. L'art. 214 della legge fall., non contiene alcun riferimento a detta disposizione, mentre nel sistema della legge fallimentare la disciplina del fallimento si applica alle altre procedure concorsuali solo quando specificamente richiamata, e delinea un istituto completamente diverso da quello definito dall'art. 124 e ss. legge fall. perché diversa è la "ratio" e perché non richiede alcuna percentuale minima di pagamento dei crediti concorsuali, né la necessaria prestazione di garanzie, oltre a non presupporre il consenso dei creditori. L'art. 135, secondo comma, neppure è applicabile in via analogica, trattandosi di una norma eccezionale che deroga alla regola generale secondo la quale l'estinzione dell'obbligazione principale determina l'estinzione anche di quelle accessorie. Detta estinzione non è preclusa neppure dalla disciplina dell'art. 1306 cod. civ., che ribadisce nel secondo comma il principio di accessorietà, contemperandolo con il riconoscimento dei limiti soggettivi del giudicato, in modo da consentire che la sentenza pronunziata tra il creditore e il debitore principale, qualora non sia fondata su ragioni proprie di quest'ultimo, possa giovare al condebitore rimasto estraneo al giudizio, che può opporre al creditore l'estinzione del credito principale accertata. (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -
Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
San Paolo IMI S.p.A., domiciliata in Roma, alla via XX Settembre n. 3, presso lo studio del prof. Avv. B. Sassani che la
rappresenta e difende unitamente al prof. Avv. G. Tarzia, come da procura speciale autenticata;
- ricorrente -
contro
Presafin S.p.A. in amministrazione straordinaria, domiciliata in Roma, alla via Crescenzio n. 9, presso il prof. Avv. M. Caldarera, che la rappresenta e difende come da mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 803/2002 della Corte d'appello di Torino depositata il 30 maggio 2002;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. NAPPI Aniello;
uditi i difensori, avv. Sassani per la ricorrente, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso o in subordine la sua remissione alle Sezioni unite; avv. Caldarera, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del P.M., Dott. SCHIAVON G., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso o in subordine la sua remissione alle Sezioni unite.
SVOLGIMENTO DAL PROCESSO
La Presafin S.p.A. in amministrazione straordinaria, già garante della Sandretto industrie s.r.l. in amministrazione straordinaria per una fideiussione prestata in favore del Banco di Napoli S.p.A. propose dinanzi al Tribunale di Torino domanda di accertamento negativo del suo debito derivante dall'inadempimento della società garantita, deducendo che, in seguito all'adempimento del concordato cui la Sandretto industrie s.r.l. in amministrazione straordinaria era stata ammessa, anche la sua obbligazione accessoria s'era estinta.
La domanda, respinta dal tribunale nel presupposto
dell'applicabilità in via analogica della L. Fall., art. 135, comma 2, che conserva per intero i crediti verso i fideiussori del debitore ammesso al concordato fallimentare, fu invece accolta dalla corte d'appello, che ritenne quella disposizione eccezionale, e quindi non applicabile per analogia, in quanto derogatoria rispetto alla regola generale per cui il credito accessorio segue la sorte di quello principale.
Contro questa sentenza ricorre ora per cassazione la San Paolo IMI S.p.A., succeduta per incorporazione al Banco di Napoli S.p.A., e propone tre motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la Presafin S.p.A. in
amministrazione straordinaria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione degli art. 1239, 1300, 1301, 1304, 1306, 1939, 1941, 1945 e 2909 c.c., della L. Fall., art. 214.
Lamenta che i giudici del merito abbiano erroneamente applicato, a un caso di estinzione coattiva del debito principale, la regola che fa conseguire l'estinzione anche del debito accessorio quando il debito principale si estingua per remissione volontaria. Ma dovendo escludersi l'applicabilità di questa regola nel caso di estinzione coattiva del credito principale, ne consegue che l'opposta regola dettata dalla L. Fall., art. 135, comma 2, per il concordato fallimentare è a maggior ragione applicabile nel concordato delle imprese soggette ad amministrazione straordinaria, cui è estraneo qualsiasi connotato di negozialità.
In realtà, aggiunge la ricorrente, la L. Fall., art. 135, comma 2, è espressione del principio generale di inopponibilità agli altri coobbligati del giudicato intervenuto tra il creditore e uno dei debitori. Infatti la posizione del creditore concordatario nei confronti dei fideiussori, rimasti estranei al procedimento di omologazione del concordato, è regolata dagli artt. 2909 e 1306 c.c., non già dagli artt. 1239 e 1301 c.c. evocati nella sentenza impugnata.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione della L. Fall., art. 135, comma 2, e della L. Fall., artt. 184 e 214, e dell'art. 14 delle preleggi. Sostiene che non è eccezionale la regola dettata dall'art. 135 c.c., comma 2, ispirata invece ai principi generali applicabili alle estinzioni coattive dei crediti principali, segnatamente nelle procedure concorsuali amministrative, nelle quali, in mancanza di una votazione dei creditori, non è possibile ipotizzare neppure una volontà negoziale di massa. Aggiunge che il richiamo della L. Fall., art. 214, al concordato si estende anche ai relativi effetti giuridici. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 214, e, in subordine, l'illegittimità costituzionale di questa norma nella parte in cui escluderebbe l'applicabilità della L. Fall., art. 135, comma 2, al concordato delle imprese sottoposte a liquidazione coatta o ad amministrazione straordinaria, per irragionevole disparità di trattamento dei creditori di tali imprese rispetto ai creditori delle imprese ammesse a concordato fallimentare e irragionevole limitazione del loro diritto di difesa.
2. Il ricorso è infondato.
In realtà, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, deve escludersi che al concordato delle imprese sottoposte a liquidazione coatta o ad amministrazione straordinaria, disciplinato dalla L. Fall., artt. 214 e s., possa applicarsi la disposizione dettata dalla L. Fall., art. 135, comma 2, per il concordato fallimentare (Cass,, sez. I, 14 maggio 2005, n. 10129, m. 581330). Questa norma infatti non è richiamata neppure implicitamente dalla L. Fall., art. 214, mentre nel sistema della legge fallimentare la disciplina del fallimento si applica alle altre procedure concorsuali solo quando specificamente richiamata. Del resto l'istituto definito dalla L. Fall., art. 214, è profondamente diverso da quello previsto dalla L. Fall., artt. 124 e s., perché non richiede alcuna percentuale minima di pagamento dei crediti concorsuali ne' la necessaria prestazione di garanzie, oltre a non presupporre il consenso dei creditori. Sicché prevale decisamente nella L. Fall., art. 214, la funzione di tutela dell'interesse pubblico al risanamento dell'impresa. La L. Fall., art. 135, non può dunque essere applicato analogicamente: sia perché si tratta di regola eccezionale, che deroga alla regola generale per cui l'estinzione dell'obbligazione principale determina l'estinzione anche di quelle accessorie (Cass., sez. I, 27 dicembre 2005, n. 28774, m. 585609); sia perché la ratio del concordato L. Fall., ex art. 214, è tutt'altra da quella di cui alla L. Fall., artt. 124 e s. La ricorrente sostiene ora che solo nei casi di remissione volontaria è prevista come regola generale dagli artt. 1239 e 1301 c.c. l'estensione alle obbligazioni accessorie dell'effetto estintivo dell'obbligazione principale. La disciplina dettata dall'art. 1306 c.c. per i casi di estinzione coattiva dell'obbligazione principale è invece ispirata, secondo la ricorrente, al principio generale, enunciato dall'art. 2909 c.c., dell'inopponibilità del giudicato a soggetti rimasti estranei al giudizio.
Sicché il concordato L. Fall., ex art. 214, non avendo certamente fondamento negoziale, ma derivando i propri effetti esclusivamente dall'accertamento giudiziale, non può determinare l'estinzione dell'obbligazione del fideiussore, che è estraneo al procedimento di omologazione.
Anche questa deduzione è tuttavia infondata.
Infatti, se è indiscutibile la natura non negoziale del concordato previsto dalla L. Fall., art. 214, non è affatto vero che l'art. 1306 c.c. escluda l'estensione alle obbligazioni accessorie dell'effetto estintivo dell'obbligazione principale. L'art. 1306 c.c., comma 2, ribadisce al contrario il principio di accessorietà, sebbene contemperandolo con il riconoscimento nell'art. 1306 c.c., comma 1 dei limiti soggettivi del giudicato definiti dall'art. 2909 c.c. (Cass., sez. V, 24 gennaio 2001, n. 998, m. 543427); e prevede così che la sentenza pronunciata tra il creditore e il debitore principale, pur non facendo stato contro il condebitore rimasto estraneo al giudizio, possa tuttavia giovargli, ove non fondata su ragioni proprie del solo debitore principale. Sicché il fideiussore, pur essendo rimasto estraneo al giudizio intercorso tra il debitore principale e il creditore, può nondimeno opporre a costui l'estinzione del credito principale accertata in quel giudizio.
Si deve pertanto concludere che, contrariamente a quanto la ricorrente sostiene, il principio dell'estensione al debito accessorio dell'estinzione del debito principale è applicabile anche nei casi di estinzione coattiva; ed ha quindi una portata generale, cui solo eccezionalmente derogano la L. Fall., art. 135, comma 2 e la L. Fall., art. 184, per il concordato fallimentare e il concordato preventivo.
E la stessa eccezionalità di queste deroghe rende manifesta l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale della L. Fall., art. 214, proposta con il terzo motivo del ricorso, perché è indiscussa nella giurisprudenza di questa Corte la peculiarità della ratio cui è ispirata la disciplina dell'amministrazione straordinaria, mentre l'estinzione del diritto di credito esclude che possa assumere rilevanza la sua tutela giurisdizionale (Cass., sez. I, 27 dicembre 2005, n, 28774, m. 585609).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della resistente, liquidandole in complessivi Euro 15.100, di cui Euro 15.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 20 settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2006