Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 974 - pubb. 17/09/2007

Gestione patrimoniale e violazione del benchmark

Tribunale Biella, 05 Aprile 2007. Est. Eleonora Reggiani.


Intermediazione finanziaria – Gestione individuale di portafogli di investimento – Natura.

Gestione individuale di portafogli di investimento – Obbligatoria indicazione delle caratteristiche della gestione – Contenuti – Benchmark.

Gestione individuale di portafogli di investimento – Omessa indicazione di un limite percentuale all’utilizzo dei vari strumenti – Rilevanza delle scelte e dei rischi come connotazione della gestione – Sussistenza.

Gestione individuale di portafogli di investimento – Percentuale di rischio di fatto notevolmente superiore a quella pattuita – Riferimento al benchmark – Non corrispondenza al profilo di rischio indicato dall’investitore – Sussistenza.

Gestione individuale di portafogli di investimento – Liquidazione del danno subito dall’investitore – Parametro costituito da gestione passiva che replica il benchmark prescelto.



Il contratto di gestione individuale di portafogli di investimento è un contratto nominato, caratterizzato dalla funzione gestoria, regolato espressamente dalle norme primarie e secondarie (TUF e relativo regolamento di attuazione) e solo in via residuale, in mancanza di disposizioni di settore, dalle norme sul mandato professionale. In tale tipo di contratto, tra le parti si instaura un rapporto fiduciario in virtù del quale il risparmiatore trasferisce il controllo del proprio patrimonio finanziario all’intermediario, affinché questi lo gestisca nell’esclusivo interesse del risparmiatore stesso. La gestione di portafogli di investimento può pertanto essere definita come un contratto a titolo oneroso, in cui il cliente incarica l’intermediario – che assume una obbligazione di mezzi - di adottare, entro margini di discrezionalità più o meno ampi, decisioni di investimento mediante operazioni in strumenti finanziari finalizzate alla valorizzazione del patrimonio gestito, i cui risultati positivi o negativi ricadono direttamente sul patrimonio del cliente stesso. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Elemento peculiare dei contratti di gestione individuale di portafogli di investimento è costituito dall’indicazione obbligatoria delle caratteristiche della gestione (art. 37, co. 1, lett. a)) che consente al cliente che fornisce tale indicazione di comprendere la misura e la natura del rischio cui va incontro e consente all’intermediario di avere un’esatta individuazione dei margini discrezionali a lui rimessi, soprattutto sotto il profilo del rischio. Nel contratto devono pertanto essere indicati: le categorie di strumenti finanziari (ed eventualmente entro quali limiti) possono entrare a far parte del portafoglio di investimento (artt. 38, co. 1 lett a) e 39 reg. Consob); il genere di operazioni consentite con riguardo agli strumenti finanziari di volta in volta acquisiti (artt. 38, co. 1 lett. b) e 40 reg. cit.) con indicazione di quante non si possono praticare senza una preventiva autorizzazione del cliente; la misura massima della leva finanziaria (artt. 37, co. 2, 38, co. 1 lett. c) e 41 reg. cit.) che l’intermediario è autorizzato ad impiegare; un oggettivo parametro di riferimento – benchmark – coerente con i rischi connessi alla gestione il quale consente di valutare gli andamenti e risultati della stessa (artt. 38 lett. d) e 42 reg. cit.). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Qualora nel contratto di gestione non venga previsto alcun limite percentuale all’utilizzo dei vari strumenti finanziari in esso indicati, l’investitore non potrà pretendere, né in ragione del benchmark né della linea di investimento prescelta, una particolare proporzione tra gli strumenti finanziari medesimi. Tuttavia, la scelta di compiere operazioni con determinate tipologie di strumenti finanziari piuttosto che con altri, come pure la distribuzione degli strumenti presenti nel portafogli, indicano l’assunzione di determinati obiettivi e dei corrispondenti rischi che, se connotano in modo pregnante la gestione, possono costituire un indice della corrispondenza o meno di tale gestione a quella scelta dal cliente e quindi della correttezza della politica di investimento prescelta. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Benché di fatto un patrimonio gestito si riveli sempre più rischioso del benchmark dichiarato che non è possibile riprodurre perfettamente, si deve ritenere che un rischio effettivo superiore del 44% a quello risultante dal benchmark stia chiaramente ad indicare che il gestore ha compiuto scelte di investimento non conformi al profilo di rischio dell’investitore. (Nel caso di specie il maggior rischio è dipeso anche dal fatto che la percentuale di investimento in titoli maggiormente rischiosi è stata decisamente superiore a quella utilizzata per il conteggio del benchmark) (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Ai fini della liquidazione del danno, in mancanza di diversa specifica allegazione e prova, deve tenersi come punto di riferimento il rendimento di una gestione passiva che replica il parametro di riferimento indicato dall’investitore in sede di stipula del contratto di gestione e in considerazione della obiettiva impossibilità per il gestore di adeguare perfettamente in concreto la gestione al parametro di riferimento, appare equo addebitare al gestore solo una percentuale della differenza tra i risultati di gestione indicati, oltre rivalutazione monetaria. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Prof. Avv. Bruno Inzitari



Fattispecie negoziali particolari, gestione patrimoniale



Il testo integrale


 


Testo Integrale