Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24231 - pubb. 23/09/2020

Concordato preventivo: scissione in esecuzione di piano concordatario subordinato all’omologazione della proposta

Tribunale Roma, 24 Marzo 2020. Pres. Di Salvo. Est. Romano.


Concordato preventivo – Obbligatorietà del concordato per i creditori – Coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso – Individuazione

Concordato preventivo – Scissione in esecuzione di piano concordatario subordinata all’omologazione della proposta – Obblighi della beneficiaria – Determinazione della società tenuta a provvedere al soddisfacimento di una data classe di creditori

Concordato preventivo – Scissione in esecuzione di piano concordatario subordina all’omologazione della proposta



I “coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”, richiamati dall’art. 184, primo comma, secondo periodo, l.fall., possono essere solo ed esclusivamente i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo.

Se, infatti, i creditori di cui alla disposizione citata sono “i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato, i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso” non possono che essere anch’essi anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo e ciò per la considerazione che non può esservi un credito se non vi è un debito, e viceversa.

La previsione di cui all’art. 184, primo comma, primo periodo, l.fall. è destinata a prevalere sull’art. 2506-quater, terzo comma, c.c., quando l’operazione di scissione avvenga in esecuzione di un piano concordatario, e subordinatamente all’omologazione della relativa proposta. E questo perché l’interesse di uno o più singoli creditori, tutelato dall’art. 2506-quater, terzo comma, c.c., non può certamente prevalere sull’interesse della intera massa dei creditori né sullo stesso principio della par condicio creditorum, tutelati dall’art. 184, comma 1, primo periodo, l.fall.

Il piano di concordato che preveda, per la sua attuazione, l’esecuzione di una operazione di scissione, può legittimamente determinare quale delle società coinvolte nella scissione sia tenuta - in via esclusiva - a provvedere al soddisfacimento di una data classe di creditori e l’approvazione, da parte dei creditori del piano concordatario rende quella determinazione “intangibile” con conseguente esclusione dell’applicazione, alla fattispecie, della regola ordinaria della responsabilità solidale di tutte le società coinvolte nell’operazione straordinaria.

La risoluzione del concordato ed il fallimento della società scissa non possono avere effetto sulla operazione straordinaria di scissione in sé considerata, determinandone l’invalidità ovvero l’inefficacia.

Osta ad una simile conclusione il principio di irretrattabilità degli effetti della scissione di cui all’art. 2504-quater c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, u.c., c.c., in forza del quale, una volta eseguite le iscrizioni nel registro delle imprese dell’atto di scissione, l’invalidità di quest’ultima non può più essere pronunziata. In altre parole, una volta intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, non può essere più posto nel nulla l’effetto riorganizzativo sulla struttura societaria derivante dal compimento di una operazione straordinaria.

A seguito della risoluzione del concordato, non si giustifichi più la mancata applicazione alla fattispecie della regola generale inderogabile della solidarietà tra le società interessate dalla scissione di cui all’ultimo comma dell’art. 2506-quater c.c.

Infatti, attesa l’impossibilità di intervenire sull’atto di scissione quale atto di riorganizzazione societaria (e, in particolare, sulla stessa costituzione della società beneficiaria), non resta che concludere che la risoluzione del concordato, una volta che la scissione abbia prodotto i suoi effetti, operi sul piano della immediata ed integrale esigibilità dei crediti vantati nei confronti della società prima ammessa al concordato e poi fallita, nei confronti di tutte le società risultanti dalla scissione e ciò con la precisazione che ciò avviene sia pure in concorso con gli altri crediti, di diversa origine e provenienza, insorti nei confronti di beneficiaria; la responsabilità della società beneficiaria, infatti, si presenta come effetto compatibile con la situazione derivante dalla riorganizzazione concordataria. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


Con atto di citazione ritualmente notificato, la B.P.L. soc. coop. p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Velletri, la V.A.S. S.p.a. al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: accertare e dichiarare che la convenuta è tenuta, per i titoli e ragioni di cui alla narrativa, a pagare alla società attrice la somma di Euro 1.036.966,18, o quella somma maggiore e/o minore che verrà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione dal 30 novembre 2009 al dì dell’effettivo pagamento e - comunque - nei limiti del patrimonio netto così come conferito dalla scissa V.A. S.p.a. alla convenuta, a seguito di scissione del 15.12.2010 per atto Notaio Francesco Maria de Iorio ;

conseguentemente condannare la V.A.S. S.p.a. al pagamento, in favore della attrice, della somma di Euro 1.036.966,18, o quella somma maggiore e/o minore che verrà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione dalla data del 30 novembre 2009 al dì dell’effettivo pagamento e comunque nei limiti del patrimonio netto ad essa conferito con la scissione parziale come intercorsa.

Vittoria di spese”.

A fondamento della svolta domanda, la B.P.L. soc. coop. p. a. rappresentava che: alla data del 22 dicembre 2009, la attrice vantava un credito, dell’importo complessivo di Euro 1.036.966,18, nei confronti della società V.A. S.p.a. derivante da un contratto di conto corrente risalente al 20 maggio 1999 e da un contratto di anticipo fatture (n. (*)) del 22 maggio 2000; detto credito non è mai stato contestato dalla debitrice; attesa la grave situazione economica- finanziaria in cui la V.A. S.p.a. versava, la medesima proponeva, in data 22 dicembre 2009, domanda di concordato preventivo al Tribunale di Velletri che, con decreto dell’8-9 marzo 2010, dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo della società V.A. S.p.a.; il concordato prevedeva, per il credito portato dalla attuale attrice, indicato in Euro 1.025.597,31 ed inserito tra i chirografari di classe B”, il pagamento del 65% del totale di quanto dovuto entro il 2015; per la realizzazione del concordato, o meglio in concomitanza della presentazione dello stesso, la V.A. S.p.a. dava corso anche ad una scissione parziale (subordinatamente all’omologa del concordato), mediante creazione di una newco, V.A.S. S.p.a., cui veniva assegnato un attivo dichiarato in Euro 4.883.192,00; veniva previsto, quindi, che la beneficiaria provvedesse al pagamento di debiti per un totale di Euro 2.287.809, mediante trasferimento dalla scissa alla newco dell’intero importo dei debiti privilegiati maturato nei confronti del personale preso in carico” dalla newco e quanto dovuto ai creditori chirografari di cui alla classe A, come previsto nella proposta di concordato e come specificamente previsto nell’atto di scissione del 15 dicembre 2010 per atto Notaio Francesco Maria de Iorio; inoltre, nella proposta di concordato, la nuova società si impegnava all’acquisto del marchio dalla V.A. S.p.a., al controvalore indicato di Euro 2.595.383,92, con pagamento frazionato in 72 rate mensili e con garanzia ipotecaria sui beni immobili conferiti dalla V. S.p.a. nella scissione; il concordato, sottoposto all’approvazione dei creditori, con provvedimento del 3-8 novembre 2010, veniva omologato dal Tribunale di Velletri; la procedura concorsuale, a distanza di oltre cinque anni dall’omologazione, lungi dal realizzare le aspettative dei creditori, in particolare quelli chirografari della classe B”, non adempiva alle obbligazioni discendenti dalla proposta e l’odierna attrice non riceveva alcun pagamento; attesa la mancata realizzazione di quanto prospettato, la attrice, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2056-quater c.c., intende agire, nei limiti del patrimonio netto conferito alla beneficiaria, per il pagamento della somma di Euro 1.025.597,01, oltre interessi e come riconosciuta dalla V.A. S.p.a. ed indicata dalla stessa, quale credito ante cessione, nella proposta di concordato.

Si costituiva la V.A.S. S.p.a. la quale rassegnava le seguenti conclusioni: 1. in via principale, rigettare tutte le domande attoree, in quanto totalmente infondate, per via della carenza di legittimazione passiva della V.A.S. S.p.A.; 2. in via subordinata, rigettare tutte le domande attoree, in quanto totalmente infondate, per via della carenza di legittimazione attiva della B.P.L. Soc. Coop. per azioni; 3. in via ulteriormente subordinata, accertare che la V.A.S. S.p.A. è, ad oggi, tenuta al pagamento del credito vantato della parte attrice, non già in via integrale, ma nella minor misura del 7,4% dell’importo del patrimonio netto positivo (e, così, ad oggi, di un credito pari a Euro 29.342,25, ovvero al minor importo, sino all’azzeramento, ritenuto di giustizia), di cui all’atto di scissione oggetto di causa, così come ove del caso risultante, in capo alla V.A.S. S.p.A., al tempo della pronuncia che, eventualmente, accogliesse parzialmente la domanda attorea, e tenendo conto di tutti i pagamenti già operati, e che ancora fossero medio tempore operati, dalla V.A.S. S.p.A. alla V.A. S.p.A. in liquidazione, in esecuzione del piano concordatario ;

e, per l’effetto, ad oggi, rigettare parzialmente le domande della B.P.L. Soc. Coop. per azioni ovvero, là dove, in pendenza di giudizio, la V.A.S. S.p.A. versasse alla V.A. S.p.A. in liquidazione la intera somma residua di Euro 396.516,92, rigettare totalmente le domande formulate dalla B.P.L. Soc. Coop. per azioni; 4. in via ultra-subordinata, accertare che la V.A.S. S.p.A. è, ad oggi, tenuta al pagamento del credito vantato della parte attrice, non già in via integrale, ma nella minor misura del 55,47% dell’importo del patrimonio netto positivo (e, così, ad oggi, di un credito pari a Euro 396.516,92, ovvero al minor importo, sino all’azzeramento, ritenuto di giustizia), di cui all’atto di scissione oggetto di causa, così come ove del caso risultante, in capo alla V.A.S. S.p.A., al tempo della pronuncia che, eventualmente, accogliesse parzialmente la domanda attorea, e tenendo conto di tutti i pagamenti già operati, e che ancora fossero medio tempore operati, dalla V.A.S. S.p.A. alla V.A. S.p.A. in liquidazione, in esecuzione del piano concordatario; e, per l’effetto, ad oggi, rigettare parzialmente le domande della B.P.L. Soc. Coop. per azioni ovvero, là dove, in pendenza di giudizio, la V.A.S. S.p.A. versasse alla V.A. S.p.A. in liquidazione la intera somma residua di Euro 396.516,92, rigettare totalmente le domande formulate dalla B.P.L. Soc. Coop. per azioni. In ogni caso, con condanna della B.P.L. Soc. Coop. per azioni, oltre che ai sensi dell’art. 96 c.p.c., anche al pagamento, in favore della V.A.S. S.p.A., degli onorari e delle spese legali del presente giudizio, oltre I.V.A., C.A. e spese generali nella misura di legge”.

Con ordinanza depositata in data 27 febbraio 2017, il Tribunale di Velletri dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale di Roma - Sezione specializzata in materia di impresa.

Con atto di citazione ritualmente notificato, dunque, la B.P.L. soc. coop. p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma dichiarato competente, la V.A.S. S.p.a. rassegnando le seguenti conclusioni: piaccia all’ecc.mo Tribunale adito Sezione Specializzata delle Imprese, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, accertare e dichiarare che la convenuta è tenuta, per i titoli e ragioni di cui alla narrativa dell’atto introduttivo dell’originario giudizio riprodotto in parte motiva, a pagare alla società attrice la somma di Euro 1.036.966,18, o quella somma maggiore e/o minore che verrà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione dal 30 novembre 2009 al di dell’effettivo pagamento e - comunque - nei limiti del patrimonio netto così come conferito dalla scissa V.A. S.p.a. alla convenuta, a seguito di scissione del 15.12.2010 per atto Notaio Francesco Maria de Iorio, conseguentemente :

condannare la V.A.S. S.p.a. al pagamento, in favore della attrice, della somma di Euro 1.036.966,18, o quella somma maggiore e/o minore che verrà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione dalla data del 30 novembre 2009 al di dell’effettivo pagamento e comunque nei limiti del patrimonio netto ad essa conferito con la scissione parziale come intercorsa. Vittoria di spese”.

Si costituiva la V.A.S. S.p.a. la quale chiedeva l’accogli- mento delle seguenti conclusioni: 1. in via principale, rigettare tutte le domande attoree, in quanto totalmente infondate, per via della carenza di legittimazione passiva della V.A.S. S.p.A.; 2. in via subordinata, rigettare tutte le domande attoree, in quanto totalmente infondate, per via della carenza di legittimazione attiva della B.P.L. Soc. Coop. per azioni; 3. in via ulteriormente subordinata, accertare che la V.A.S. S.p.A. è ove del caso tenuta al pagamento del credito vantato della parte attrice, non già in via integrale, ma nella minor misura del 7,4% dell’eventuale importo del patrimonio netto positivo, di cui all’atto di scissione oggetto di causa, così come ove del caso risultante, in capo alla V.A.S. S.p.A., al tempo della pronuncia che, eventualmente, accogliesse parzialmente la domanda attorea, e tenendo conto di tutti i pagamenti medio tempore operati dalla V.A.S. S.p.A. alla V.A. S.p.A. in liquidazione, in esecuzione del piano concordatario; e, per l’effetto, rigettare, totalmente o, in via subordinata, parzialmente, le domande della B.P.L. Soc. Coop. per azioni; 4. in via ultra-subordinata, accertare che la V.A.S. S.p.A. è ove del caso tenuta al pagamento del credito vantato della parte attrice, non già in via integrale, ma nella minor misura del 55,47% dell’eventuale importo del patrimonio netto positivo, di cui all’atto di scissione oggetto di causa, così come ove del caso risultante, in capo alla V.A.S. S.p.A., al tempo della pronuncia che, eventualmente, accogliesse parzialmente la domanda attorea, e tenendo conto di tutti i pagamenti medio tempore operati dalla V.A.S. S.p.A. alla V.A. S.p.A. in liquidazione, in esecuzione del piano concordatario; e, per l’effetto, rigettare, totalmente o, in via subordinata, parzialmente, le domande della B.P.L. Soc. Coop. per azioni”.

Istruita la causa esclusivamente mediante acquisizione della documentazione versata in atti, successivamente, all’udienza del 25 giugno 2019, le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva rimessa per la decisione al Collegio - trattandosi di causa ricompresa nell’art. 50 bis c.p.c. - con concessione alle parti del termine di giorni sessanta per il deposito di comparsa conclusionale e di giorni venti per repliche.

 

1. La vicenda sottesa alla presente controversia. L’opera- zione di scissione di V.A. S.p.a.

Ai fini di una migliore comprensione della domanda appare opportuno riepilogare i termini dell’operazione di scissione che ha visto coinvolta la società V.A. S.p.a. e dalla quale origina la presente controversia.

In data 22 dicembre 2009, la V.A. S.p.a. presentava al Tribunale di Velletri domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Per quel che interessa in questa sede, il piano concordatario prevedeva l’esecu- zione, subordinatamente alla omologazione della proposta, di una scissione parziale della società ricorrente, scissione da attuarsi mediante costituzione della società beneficiaria, V.A.S. S.p.a., che avrebbe proseguito, mantenendo i medesimi livelli occupazionali, l’attività della scissa, consistente, tra l’altro, nella raccolta e nel trasporto di rifiuti solidi urbani nei comuni interessati. Alla società beneficiaria, oggi convenuta, venivano attribuiti, quali elementi attivi, le attrezzature, i mezzi e i beni strumentali, necessari per la prosecuzione dell’attività; la proprietà di un immobile sito in V., Contrada L.; i crediti nei confronti del Comune di Albano Laziale, dell’INPS e delle società di leasing. Alla medesima società beneficiaria venivano attribuiti, quali elementi passivi, tutti i rapporti di lavoro subordinato con il personale già alle dipendenze della V.A. S.p.a.; tutti i rapporti con i fornitori strategici; i debiti verso il personale già alle dipendenze della V.A. S.p.a.; i debiti ad essi connessi verso gli enti previdenziali; i debiti verso gli anzidetti fornitori strategici.

Al contrario, era previsto che, a seguito dell’operazione di scissione, sarebbero rimasti in capo alla V.A. S.p.a.: le rimanenti immobilizzazioni materiali, i crediti e le liquidità di cassa (per un valore di complessivi Euro 23.109.798,00) ;

gli ulteriori rapporti e debiti, diversi dai rapporti di lavoro subordinato(e relativi debiti, anche connessi) e dai rapporti con i fornitori strategici (e relativi debiti).

Veniva, altresì, previsto l’obbligo di pagamento, da parte della neo-costituita V.A.S. S.p.a. in favore della V.A. S.p.a. dell’importo di complessivi Euro 2.595.383,92 (da eseguirsi in n. 72 rate mensili e garantito attraverso l’iscrizione di ipoteca sull’immobile assegnato), per l’acquisizione del marchio.

Infine, il piano prevedeva la messa in liquidazione della V.A. S.p.a., allo scopo di procedere alla liquidazione concordataria degli assets rimasti in capo alla stessa, onde poter procedere alla ripartizione di quanto eventualmente ricavato tra i creditori, secondo l’ordine dei crediti riconosciuto nel piano concordatario.

Il piano concordatario, infatti, prevedeva la suddivisione dei crediti secondo le seguenti categorie. I crediti privilegiati del personale, già alle dipendenze della V.A. S.p.a., sarebbero stati onorati integralmente e sarebbero stati ad esclusivo carico della V.A.S. S.p.a. Gli ulteriori crediti sarebbero stati ripartiti in tre classi, costituite, secondo criteri di omogeneità di posizione giuridica e di interessi economici, da:

i) crediti di classe A”: crediti dei fornitori di beni e servizi strategici, occorrenti per la prosecuzione dell’attività, che sarebbero stati anch’essi ad esclusivo carico della beneficiaria V.A.S. S.p.a., a seguito della scissione parziale;

ii) crediti di classe B”: altri crediti (chirografari), che sarebbero rimasti esclusivamente in capo alla V.A. S.p.a., pur a seguito della scissione parziale ;

iii) crediti di classe C”: crediti verso gli istituti erariali e previdenziali, che sarebbero rimasti anch’essi, in via esclusiva, in capo alla V.A. S.p.a., pur a seguito della scissione parziale.

Per tutti i crediti oggetto delle tre classi anzidette era previsto il pagamento, non già integrale, ma nella misura del 65% (poi ridotta al 55,47%, a seguito della relazione del commissario giudiziale del 17 maggio 2010).

Il credito della Banca oggi attrice era (pacificamente) compreso tra i crediti (chirografari) di Classe (*)”, tra quei crediti, cioè, che sarebbero rimasti, in via esclusiva, in capo alla sola V.A. S.p.a., pur a seguito della scissione parziale, e che erano stati riconosciuti, non già integralmente, ma nella misura del 65% (poi ridotta al 55,47%).

Con Provv. depositato il 9 marzo 2010, il Tribunale di Velletri ammetteva la V.A. S.p.a. alla procedura di concordato preventivo. In data 20 maggio 2010, si teneva l’adunanza dei creditori, all’esito della quale risultava raggiunta la maggioranza dei voti favorevoli complessivamente espressi dai creditori, e, inoltre, la maggioranza dei voti favorevoli espressi dai creditori di ciascuna delle tre classi di crediti: la B.P.L. soc. coop. esprimeva voto favorevole.

Infatti, con nota del 24 maggio 2010, la Banca dichiarava di dare l’assenso alla proposta di Concordato Preventivo depositata in data 22.12.2009, così come integrata dalla ricorrente in data 10.02.2010, per i crediti vantati dalla B.P.L. Soc. Coop. per Azioni a titolo chirografario, così come evidenziato nella lettera del 12.04.2010, per complessivi Euro 1.036.966,18” Veniva, così, fissata l’udienza ex art. 180 l.fall., in occasione della quale tre creditori proponevano opposizione. Il Tribunale di Velletri, pronunziatosi negativamente su dette opposizioni, omologava il concordato preventivo della V.A. S.p.a., con provvedimento depositato in data 8 novembre 2010 che, non reclamato, diveniva definitivo.

In data 15 dicembre 2010, quindi, in esecuzione dell’omologato piano concordatario, veniva stipulato l’atto di scissione parziale della V.A., mediante la costituzione della V.A.S. S.p.a. alla quale venivano assegnati gli assets sopra indicati.

Conseguentemente, la V.A. S.p.a. veniva messa in liquidazione.

Va, infine, precisato che, nelle more del presente giudizio, con sentenza depositata in data 15 giugno 2017, il Tribunale di Velletri dichiarava il fallimento della V.A. S.p.a. con risoluzione del concordato preventivo della società stessa.

 

2. L’ammissibilità di una scissione in esecuzione di un concordato preventivo.

Non serve dilungarsi particolarmente sulla legittimità di una operazione di scissione in esecuzione di un concordato preventivo, legittimità, d’altra parte, mai posta in dubbio neppure da parte attrice.

In questa sede, appare sufficiente ricordare, da un lato, che l’attuale dettato dell’art. 2506 c.c. non preclude più la possibilità di scindere una società sottoposta a procedura concorsuale, a differenza di quanto disposto anteriormente alla riforma del 2003 (art. 2504-septies c.c.), e, dall’altro, che l’art. 160, primo comma, l.fall., contempla espressamente la possibilità di promuovere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma, anche mediante operazioni straordinarie - e, dunque, anche attraverso operazioni di scissione (App. Firenze, 8 marzo 2016; Trib. Ancona, 9 aprile 2015 ; Trib. Prato, 21 luglio 2014; Trib. Mantova, 11 luglio 2014) - nel quadro di una logica, di recente consolidata, che mira alla soluzione della crisi o dell’insolvenza di impresa attraverso processi di ristrutturazione patrimoniale, finanziaria od organizzativa dell’impresa medesima.

D’altra parte, l’art. 186-bis l.fall. valorizza la continuità aziendale della società sottoposta a procedura, obiettivo rispetto al quale può certamente essere funzionale l’esecuzione di un’operazione di scissione.

Sulla base dei dati normativi ora sommariamente riportati, non appare revocabile in dubbio la legittimità di una operazione di scissione eseguita nell’ambito di un concordato preventivo.

 

3. La domanda proposta dalla B.P.L. soc. coop.

La B.P.L. soc. coop. asserisce di vantare un credito nei confronti della V.A. S.p.a. derivante da alcuni rapporti bancari intercorsi con la società da ultimo menzionata e, precisamente, da un contratto di conto corrente stipulato in data 20 maggio 1999 e da un contratto anticipo fatture (n. (*)) risalente al 22 maggio 2000. Alla data del 22 dicembre 2009, il credito ammontava ad Euro 1.036.966,18 (Euro 537.730,36 per saldo in linea capitale del conto corrente, oltre ad Euro 14.942,87 per interessi passivi maturati dall’1.10 al 22.12.2009; per Euro 484.292,95 quale saldo del conto anticipi su fatture). A dire di parte attrice, detti crediti non sono mai stati contestati dalla debitrice, anzi dalla stessa confermati sin dal ricorso per la presentazione del concordato preventivo.

Come sopra già evidenziato e come dedotto dalla difesa di parte attrice, la proposta concordataria presentata dalla V.A. S.p.a. prevedeva per il credito portato dalla attuale attrice, indicato in Euro 1.025.597,31 ed inserito tra i chirografari nella classe B”, il pagamento del 65% del totale di quanto dovuto entro il 2015 (percentuale poi ridotta al 55,47%).

Non avendo la società scissa provveduto al pagamento di quanto dovuto (tale fatto è pacifico tra le parti), la B.P.L. soc. coop. ha instaurato il presente giudizio al fine di ottenere la condanna della società beneficiaria alla corresponsione della predetta somma di Euro 1.036.966,18.

In particolare, secondo parte attrice, la scissione parziale comporta, ai sensi dell’art. 2506-quater c.c., la responsabilità solidale della beneficiaria per i debiti anteriori alla scissione della società scissa, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato. Il diritto della odierna attrice ad agire nei confronti della beneficiaria troverebbe, dunque, fondamento tanto nell’art. 2506-quater c.c. quanto nell’art. 184 l.fall., dovendosi ritenere che, anche in costanza di concordato preventivo, il creditore che vanta un credito nei confronti della società scissa, maturato nel periodo ante scissione, possa agire autonomamente nei confronti della società beneficiaria.

In altre parole, parte attrice ritiene che, ai sensi dell’art. 184, comma 1, primo periodo, l.fall. ovvero dell’art. 2506- quater, comma 3, c.c., a seguito dell’omologazione, ciascun creditore, sebbene il suo debito non sia stato assunto dalla società scissionaria neo-costituita, potrebbe, da un lato, indifferentemente rivolgersi, per il pagamento, alla società scissa ovvero alla società beneficiaria, benché, nel piano concordatario, fosse stata esclusa l’assunzione del relativo debito da parte della beneficiaria medesima e, dall’altro, esigere dalla società beneficiaria il pagamento dell’intero credito, benché, nel piano concordatario, ne fosse stato previsto il pagamento parziale.

 

4. L’applicabilità dell’art. 184 l.fall.

Sotto un primo profilo, la B.P.L. soc. coop. deduce che la V.S. e Ambiente S.p.a. sarebbe tenuta a corrispondere l’intero credito che l’attrice vanta nei confronti della società scissa (V.A. S.p.a.) alla luce del disposto di cui all’art. 184 l.fall.

La disposizione ora richiamata, infatti, prevede, da un lato, l’obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori, che non potranno pretendere dal loro debitore più di quanto stabilito nella proposta concordataria (art. 184, primo comma, prima parte) e, dall’altro, la salvezza dei diritti creditori (senza alcun limite) nei confronti di coobbligati e fideiussori (art. 184, primo comma, seconda parte). Secondo la prospettazione di parte attrice, ciò significa che, indipendentemente dall’esito del concordato, il creditore può agire per l’intero suo credito presso qualsiasi coobbligato e, - essendo ciascuna società coinvolta nella scissione, ai sensi dell’art. 2506-quater c.c., solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico - anche nei confronti della società beneficiaria neocostituita in sede di scissione.

Il rilievo non è, ad avviso di questo Collegio, fondato.

Come condivisibilmente argomentato da parte convenuta, il secondo periodo del primo comma dell’art. 184 l.fall. costituisce una deroga alla disposizione contenuta nel primo periodo della medesima norma, ed opera, dunque, nel suo stesso ambito. L’anzidetto secondo periodo, infatti, si riferisce anch’esso ai creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato”, stabilendo che essi, pur nell’obbligatorietà del concordato preventivo, conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”.

Già sul piano logico, ciò comporta che i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”, richiamati dall’art. 184, primo comma, secondo periodo, l.fall., possono essere solo ed esclusivamente i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo. Se, infatti, i creditori di cui alla disposizione citata sono i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato, i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso” non possono che essere anch’essi anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo e ciò per la considerazione che non può esservi un credito se non vi è un debito, e viceversa.

Conseguentemente, la norma richiamata da parte attrice non è applicabile, non venendo neppure in rilievo, per quei coobbligati, fideiussori o obbligati in via di regresso che fossero tali successivamente al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo e in esecuzione del piano concordatario.

Ciò posto, poiché la scissione parziale della V.A. S.p.a. e, dunque, la stessa costituzione della V.A.S. S.p.a., con la conseguente assunzione di alcuni debiti a carico di quest’ultima , è avvenuta successivamente al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo (recte: successivamente all’omologazione della proposta concordataria), deve necessariamente concludersi che la Banca non può invocare l’art. 184, comma 1, secondo periodo, l. fall., per esercitare le proprie ragioni di credito nei confronti della V.A.S. S.p.a. Appare, infatti, del tutto evidente come, in epoca anteriore alla procedura concordataria, il soggetto che parte attrice chiama a rispondere come garante o, comunque, coobbligato, non era neppure esistente.

D’altra parte, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 16 febbraio 2015, n. 3022), l’art. 184, primo comma, ultima parte, l.fall., per il quale i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, trova la sua ragione giustificativa nella considerazione che i rapporti contrattuali, a carattere personale o reale, stipulati dai creditori della società con soggetti terzi estranei alla stessa e comportanti obbligazioni a carico di questi ultimi restano al di fuori del concordato e dei suoi effetti.

Ciò posto, appare del tutto evidente come la V.A.S. S.p.a. non possa dirsi estranea agli effetti del concordato preventivo della V.A. S.p.a. in ragione della (evidente) circostanza che la sua stessa costituzione deriva da una operazione straordinaria posta in essere nell’ambito e per effetto del piano concordatario di quest’ultima.

Consegue dalle precedenti considerazioni l’inapplicabilità, al caso di specie, del disposto di cui al secondo periodo del primo comma dell’art. 184 l.fall.

 

5. L’applicabilità dell’art. 2506-quater c.c. alle società risultanti da una scissione eseguita nell’ambito di un concordato preventivo.

Sotto altro profilo, la Banca attrice afferma l’applicabilità dell’art. 2506-quater c.c. alle società risultanti da una scissione eseguita nell’ambito di un concordato preventivo, con la conseguenza che l’odierna attrice avrebbe diritto a vedere soddisfatto il proprio (intero) credito, originariamente vantato nei confronti della V.A. S.p.a., dalla società beneficiaria V.A.S. S.p.a.

Non vi è dubbio che l’effetto più rilevante della scissione per i creditori sociali sia rappresentato dal trasferimento dei loro diritti, e quindi delle passività della scissa, a carico di una diversa società, la beneficiaria. Come è stato chiaramente messo in luce dalla dottrina, l’effetto riorganizzativo del patrimonio sociale genera una rottura della relazione originaria fra il creditore e il patrimonio della società debitrice. In conseguenza di tale rottura”, la scissione è potenzialmente foriera di diversi tipi di pregiudizio alle aspettative del ceto creditorio, tra i quali quelli derivanti dal frazionamento della garanzia patrimoniale della società che opera la scissione.

La tutela di contro tale rischio è demandata alla regola posta dall’art. 2506-quater, ult. comma c.c. Come è noto, tale disposizione codicistica prevede che ciascuna società coinvolta nella scissione è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico.

L’art. 2506-quater, ultimo comma, c.c. esprime un principio inderogabile rispetto ai creditori (ma modulabile diversamente sul piano dei rapporti interni tra le società risultanti dalla scissione) i quali, in qualche modo, subiscono” l’effetto riorganizzativo del patrimonio sociale che si produce con la scissione e che genera una rottura della relazione originaria tra creditore e patrimonio netto della scissa. Il frazionamento patrimoniale può, in particolare, essere foriero di rischi avverso la garanzia patrimoniale del creditore, comportando la disgregazione patrimoniale una riduzione del patrimonio originariamente posto a garanzia dei debiti.

Ciò posto, la tematica in esame - quella della compatibilità dell’applicazione della richiamata disposizione con il sistema” del concordato preventivo e, più in generale, quella del rapporto tra diritto societario e diritto della crisi di impresa (considerazioni del tutto analoghe potrebbero valere con riferimento all’applicabilità dell’istituto dell’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c.) - è stata, soltanto in via occasionale, esaminata dalla giurisprudenza di merito e non constano precedenti della giurisprudenza di legittimità. In particolare, la prima ha, in talune occasioni, affermato che l’inserimento, all’interno di un piano di concordato in continuità aziendale, di un’operazione di scissione parziale proporzionale non rende di per sé non operativa la norma di cui all’art. 2506-quater, ultimo comma, c.c., che prevede la responsabilità patrimoniale solidale delle società coinvolte nella scissione (così, Trib. Ravenna, 29 ottobre 2015).

Questo Collegio non condivide, nella sua assolutezza, tale orientamento.

In particolare, ferma restando l’inderogabilità della norma, occorre chiedersi se, nel caso in cui la scissone rappresenti la modalità realizzativa di un concordato preventivo, l’interferenza con la disciplina del concordato, ed in particolare con l’autoregolamentazione concordataria della crisi o dell’insolvenza possa giustificare, secondo il principio di specialità, la non applicazione della regola societaria comune della responsabilità limitata solidale delle società risultanti dalla scissione.

Come correttamente evidenziato dalla difesa della parte convenuta, la previsione di cui all’art. 184, primo comma, primo periodo, l.fall. è destinata a prevalere sull’art. 2506-quater, terzo comma, c.c., quando l’operazione di scissione avvenga in esecuzione di un piano concordatario, e subordinatamente all’omologazione della relativa proposta. E questo perché l’interesse di uno o più singoli creditori, tutelato dall’art. 2506-quater, terzo comma, c.c., non può certamente prevalere sull’interesse della intera massa dei creditori né sullo stesso principio della par condicio creditorum, tutelati dall’art. 184, comma 1, primo periodo, l.fall.

Ed una simile conclusione è pienamente giustificabile, sul piano sistematico, sulla base della considerazione che nelle società in crisi si assiste ad un’inversione gerarchica degli interessi rilevanti - prima l’interesse dei creditori e poi quello del socio -, cui deve coerentemente corrispondere il capovolgimento degli assetti di potere: dal potere della maggioranza assembleare al potere della maggioranza dei creditori, con la conseguenza che, approvato il concordato, la logica della maggioranza prevarrebbe su quella del singolo creditore che - incluso in una classe di crediti il cui soddisfacimento sia previsto nel piano ad opera (esclusivamente) dalla società scissa o dalla società beneficiaria - non potrebbe, successivamente, rivolgersi per ottenere il pagamento alla società alla quale non è stato assegnato” il relativo debito.

D’altra parte, appare del tutto evidente come, ad opinare diversamente, si assisterebbe ad una grave violazione della par condicio creditorum e ad una grave lesione della fattibilità economico-finanziaria del piano concordatario.

Infatti, ove si ritenesse applicabile l’art. 2506-quater, ultimo comma, c.c., alle scissioni eseguite in attuazione di un concordato, la società beneficiaria, alla quale non è stata assegnata una determinata categoria di debiti, si troverebbe sempre e comunque esposta alla possibilità di essere chiamata a rispondere dei debiti che, in ragione del piano concordatario, dovrebbero essere onorati dalla società scissa. Peraltro, in tal caso, la società beneficiaria sarebbe esposta per l’intero debito originario della scissa, non prevedendo la richiamata disposizione codicistica una limitazione della responsabilità alla eventuale riduzione prevista nel piano concordatario medesimo. Ma va da sé che, in tal modo, verrebbe ad escludersi, in ogni caso, la stessa ipotizzabilità di una qualunque proposta concordataria che preveda la scissione quale modalità attuativa del piano concordatario.

Inoltre, se tutti gli originari creditori della scissa potessero rivolgersi indifferentemente a tutte le società coinvolte nella scissione, i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori sarebbero sostanzialmente sottratte agli organi della procedura di concordato e sarebbero affidati, anche all’interno delle singole classi, al solo criterio prior in tempore potior in iure.

Tali ragioni inducono a concludere che il piano di concordato che preveda, per la sua attuazione, l’esecuzione di una operazione di scissione, possa legittimamente determinare quale delle società coinvolte nella scissione sia tenuta - in via esclusiva - a provvedere al soddisfacimento di una data classe di creditori. E va da sé che l’approvazione, da parte dei creditori, del piano concordatario renda quella determinazione intangibile” con conseguente esclusione dell’applicazione, alla fattispecie, della regola ordinaria della responsabilità solidale di tutte le società coinvolte nell’operazione straordinaria.

 

6. L’applicabilità dell’art. 2506-quater c.c. in seguito alla risoluzione del concordato ed alla dichiarazione di fallimento della società scissa.

Se, dunque, può legittimamente sostenersi la inapplicabilità della responsabilità solidale di cui all’art. 2506-quater c.c. in caso di scissioni poste in essere in esecuzione di un piano concordatario, occorre ora verificare come incida, su tale ricostruzione, la intervenuta, successiva risoluzione del concordato stesso e la dichiarazione di fallimento della società scissa.

Come già sopra ricordato, infatti, nel caso di specie, nelle more del presente giudizio, con sentenza depositata in data 15 giugno 2017, il Tribunale di Velletri dichiarava il fallimento della V.A. S.p.a. con risoluzione del concordato preventivo della società stessa.

Ad avviso del Collegio, la risoluzione del concordato ed il fallimento della società scissa non possono comportare un qualche effetto sulla operazione straordinaria di scissione in sé considerata, determinandone l’invalidità ovvero l’inefficacia. Osta ad una simile conclusione il principio di irretrattabilità degli effetti della scissione di cui all’art. 2504-quater c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, u.c., c.c., in forza del quale, una volta eseguite le iscrizioni nel registro delle imprese dell’atto di scissione, l’invalidità di quest’ultima non può più essere pronunziata.

In altre parole, una volta intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, non può essere più posto nel nulla l’effetto riorganizzativo sulla struttura societaria derivante dal compimento di una operazione straordinaria.

Ciò posto, ritiene il Tribunale che, a seguito della risoluzione del concordato, non si giustifichi più la mancata applicazione alla fattispecie della regola generale (e già ricordata come inderogabile) della solidarietà tra le società interessate dalla scissione di cui all’ultimo comma dell’art. 2506-quater c.c.

In altre parole, attesa l’impossibilità di intervenire sull’atto di scissione quale atto di riorganizzazione societaria (e, in particolare, sulla stessa costituzione della società beneficiaria), non resta che concludere che la risoluzione del concordato, una volta che la scissione abbia prodotto i suoi effetti, operi sul piano della immediata ed integrale esigibilità dei crediti vantati nei confronti della società prima ammessa al concordato e poi fallita, nei confronti di tutte le società risultanti dalla scissione e ciò con la precisazione che ciò avviene sia pure in concorso con gli altri crediti, di diversa origine e provenienza, insorti nei confronti di beneficiaria.

La responsabilità della società beneficiaria, infatti, si presenta come effetto compatibile con la situazione derivante dalla riorganizzazione concordataria.

Né, d’altra parte, il curatore del fallimento della società scissa avrebbe, come invece vorrebbe la convenuta, a disposizione strumenti per recuperare al fallimento (e poi destinare ai creditori) il patrimonio netto attribuito alla società beneficiaria.

In definitiva, l’applicazione dell’art. 2506-quater, u.c. in tanto può essere esclusa in quanto il concordato nel cui ambito l’operazione di scissione è stata eseguita viene ad essere portato a termine: ove, invece, il concordato preventivo venga dichiarato risolto, tornano ad applicarsi le regole societarie ordinarie e, dunque, non potendo predicarsi una qualche forma di invalidazione dell’operazione di scissione e la conseguente riunificazione” dei patrimoni oramai definitivamente assegnati alle singole beneficiarie, anche la responsabilità solidale delle società coinvolte nella scissione.

Non appare pleonastico osservare come una simile conclusione è anche quella che tutela nel miglior modo possibile la posizione dei creditori sociali i quali votano a favore di un piano concordatario che preveda l’opera- zione di scissione e l’assegnazione del proprio credito ad una sola delle società coinvolte nell’operazione medesima nella (legittima) aspettativa che quel piano venga poi attuato.

In conclusione, a seguito dell’intervenuta dichiarazione di fallimento della società V.A. S.p.a. in liquidazione, ritiene questo Collegio che la B.P.L. soc. coop. sia legittimata a rivolgersi alla V.A.S. S.p.a. per il pagamento del credito da essa vantata nei confronti della società scissa.

 

7. Il valore del patrimonio netto assegnato alla società beneficiaria.

Come è noto, l’art. 2506-quater, u.c., c.c. prevede che la responsabilità solidale delle società coinvolte nella scissione è limitato al valore effettivo” del patrimonio netto assegnato (alla beneficiaria) o rimasto (alla scissa).

Al fine di valutare se la B.P.L. soc. coop. possa chiedere alla V.A.S. S.p.a. il pagamento del credito dalla prima vantato nei confronti della V.A. S.p.a. occorre, dunque, esaminare l’entità del patrimonio netto assegnato, in sede di scissione, alla convenuta.

In particolare, secondo la difesa della convenuta, non sussiste alcun patrimonio netto positivo in capo alla V.A.S. S.p.a. con la conseguenza che la Banca non sarebbe, in ogni caso, legittimata a richiedere alla società beneficiaria dalla scissione il pagamento del proprio credito.

Evidenzia, infatti, la convenuta che, se, per un verso, la scissione de qua aveva determinato, in capo alla V.A.S. S.p.a., la creazione di un patrimonio netto positivo di Euro 2.595.383,92, per altro verso, nel piano concordatario era previsto che, allo scopo di riportare tale valore all’interno della V.A. S.p.a. in liquidazione, e, così, a favore della massa dei suoi creditori, la V.S. dovesse versare alla V.A. l’anzidetto importo di Euro 2.595.383,92 in n. 72 rate mensili (obbligazione, peraltro, assolta dalla convenuta).

Effettivamente, nel ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo della V.A. S.p.a. si legge (pag. 11) che l’attivo assegnato alla newco sarà così realizzato: 1) quanto a Euro 2.595.384 in 72 rate mensili posticipate oltre interessi legali per l’acquisizione del marchio (*)”; nella relazione redatta ai sensi dell’art. 172 l. fall. parimenti si legge (pag. 15) che l’attivo assegnato alla newco sarà così realizzato: 1) quanto a Euro 2.595.384, pari al valore del patrimonio netto della newco, a titolo di cessione del marchio con pagamento rateizzato in 72 rate mensili oltre interessi legali con garanzia ipotecaria a valere su una porzione dell’immobile ad essa assegnato”.

Nella medesima relazione veniva, poi, evidenziato che il patrimonio netto assegnato alla newco verrà compensato dal ricavato della vendita del marchio che sarà corrisposto in forma dilazionata e garantito in via ipotecaria in virtù dei ricavi rinvenienti dalla prosecuzione senza soluzione di continuità dell’attività in capo a quest’ultima”.

Infine, nel decreto di omologa si legge espressamente che il patrimonio netto assegnato alla V.A.S. S.p.a. è pari ad Euro 2.595.383 e che esso dovrà essere oggetto di restituzione all’attivo della procedura concordataria, a titolo di cessione del marchio, con pagamento rateizzato in 72 rate mensili oltre interessi legali”.

Va, peraltro, evidenziato che, in data 6 luglio 2011, è stato stipulato un contratto preliminare di cessione del marchio della V.A. S.p.A. in liquidazione in favore della V.A.S. S.p.a. (rep. (*), racc. (*)) Ebbene, pur a fronte di una certa imprecisione lessicale contenuta nei richiamati atti (ove si parla di restituzione” del patrimonio netto in favore della scissa ovvero di compensazione” del medesimo con il ricavato della vendita del marchio), deve ritenersi che il pagamento dell’importo Euro 2.595.383,92 non sia avvenuto in forza della scissione e per l’effetto dell’attribuzione di un determinato patrimonio netto, ma in ragione dell’acquisto, da parte della società beneficiaria, del marchio che era rimasto nella proprietà della società scissa. In questa prospettiva, deve ritenersi che la V.A.S. S.p.a. abbia formato con la V.A. S.p.a. un contratto di compravendita con la quale essa ha acquistato il marchio provvedendo al pagamento, in forma rateale, del prezzo determinato in Euro 2.595.383,92.

Intesa in questi termini l’operazione è completamente neutra sul piano della individuazione e della determinazione del valore del patrimonio netto alla società beneficiaria.

Infatti, ferma restando l’individuazione del patrimonio netto per come sopra individuato, la società beneficiaria ha provveduto ad utilizzare le proprie risorse per acquisire il marchio: ma se così è, vuol dire che le parti hanno inteso attribuire a quel marchio il valore di Euro 2.595.383,92 che poi la società beneficiaria ha corrisposto alla scissa. Consegue che l’odierna convenuta, pur avendo perso la disponibilità economica dell’importo indicato, ha acquisito, per un valore corrispondente, il marchio il quale è stato, evidentemente, oggetto di una normale compravendita.

In definitiva, deve dirsi che il valore del patrimonio netto attribuito alla V.A.S. S.p.a. in sede di scissione della V.A.S.p.a. è stato pari ad Euro 2.595.383,92.

 

8. La prova del credito vantato dalla B.P.L. soc. coop.

Chiarito che la società convenuta può essere effettivamente chiamata a rispondere del credito vantato dalla B.P.L. soc. coop. nei confronti della V.A. S.p.a., occorre ora soffermarsi sugli aspetti probatori in ordine all’esistenza stessa del credito e della sua entità.

In particolare, va evidenziato come la società attrice è gravata dell’onere probatorio relativo al suo credito, non potendo certo beneficiare di una eventuale non contestazione da parte della società convenuta in giudizio.

Infatti, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.

Ciò posto, l’onere di contestazione riguarda fatti sfavorevoli che siano, però, consistenti in fatto proprio della parte ovvero in un fatto comune alle parti ovvero ancora in un fatto caduto sotto la percezione del convenuto.

Ebbene, appare del tutto evidente come la società beneficiaria costituita nell’ambito di una operazione di scissione societaria non possa dirsi gravata dell’onere di contestare specificatamente il credito vantato dal creditore della società scissa, in quanto, rispetto a quel credito, essa - sebbene solidalmente responsabilità per effetto del disposto di cui all’art. 2506-quater c.c. - è completamente estranea. Anzi, nell’ipotesi (verificatasi nel caso di specie) in cui la società beneficiaria sia di nuova costituzione, essa, al momento del sorgere dell’obbligazione (e, nella fattispecie, in esame, anche al momento della chiusura del rapporto negoziale), non era neppure esistente come soggetto giuridico.

Ciò posto, nell’ambito del presente giudizio, parte attrice ha prodotto tutti i documenti rappresentativi del credito e della sua formazione e precisamente: contratto di conto corrente n. (*) (doc. 24.1); contratti di concessione affidamenti (doc. 24.2); contratto di conto anticipi (doc. 24.3); nonché tutti gli estratti conto (docc. 24 e 25).

La B.P.L. soc. coop. ha, dunque, dato prova del proprio credito, di Euro 1.036.966,18 (oltre interessi dal 30 novembre 2009), nei confronti di V.A. S.p.a. e, dunque, in ragione della responsabilità solidale più volte illustrata, di V.A.S. S.p.a.

Né potrebbe sostenersi - come invece vorrebbe parte convenuta secondo la quale l’accertamento dell’effettiva entità di tale credito si riflette, tal quale, nei riguardi della V.A.S. S.p.A. - che la responsabilità della odierna convenuta per il credito così determinato debba essere limitata all’importo ammesso al passivo della V.A. S.p.A. in liquidazione pari ad Euro 494.019,14.

Infatti, il decreto che ha reso esecutivo lo stato passivo del fallimento di V.A. S.p.a. in liquidazione (a prescindere da ogni considerazione in ordine alle vicende relative alla sua impugnazione) con l’ammissione parziale di B.P.L. ha valore solo endoconcorsuale con efficacia preclusiva limitata all’interno della procedura fallimentare. Tuttavia, al di fuori del contesto concorsuale e, dunque, anche nei confronti di un soggetto che sia, comunque, tenuto a rispondere di quel debito (nel caso di specie, ai sensi dell’art. 2506-quater, terzo comma, c.c.), continuano ad applicarsi gli ordinari principi e non gli accertamenti compiuti nell’ambito della procedura.

 

9. Conclusioni.

In definitiva, la V.A.S. S.p.a. deve essere condannata al pagamento, in favore della B.P.L. soc. coop. della somma di Euro 1.036.966,18, oltre interessi, nella misura legale, dalla data del 30 novembre 2009 e fino all’effettivo soddisfo.

La novità della questione concernente l’applicabilità degli artt. 184 l.fall. e 2506-quater c.c. alle ipotesi di scissioni societarie poste in essere in esecuzione di un concordato preventivo e l’intervenuto solo in corso di causa fallimento della V.A. S.p.a. in liquidazione giustificano la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

Dep. in data 24 marzo 2020.