Diritto Tributario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27239 - pubb. 05/05/2022

Classamento di immobili a seguito di procedura DOCFA e obbligo di motivazione (termovalorizzatore e pubblico interesse)

Commissione tributaria regionale Bologna, 20 Aprile 2022. Pres. Sinisi. Est. Morlini.


Classamento di immobili a seguito di procedura DOCFA - Obbligo di motivazione - Indicazione di solo dati oggettivi e classe attribuita se gli elementi di fatto indicati non sono disattesi dall’Ufficio - Motivazione più approfondita per contestazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente

Classamento derivante da procedura DOCFA con riferimento ad attribuzione di rendita a fabbricati a destinazione particolare o speciale - Inesistenza obbligo di preventivo sopralluogo

Classamento di termovalorizzatore - Categoria D7 e non E9



In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate solo nel caso contrario in cui si disattendano gli elementi di fatto indicati dal contribuente.

A seguito di classamento derivante da procedura DOCFA con riferimento ad attribuzione di rendita a fabbricati a destinazione particolare o speciale, l’Ufficio non è tenuto ad effettuare alcun preventivo sopralluogo.

Il classamento di un termovalorizzatore deve essere effettuato nella categoria D7 e non E9, in ragione della natura commerciale svolta secondo criteri di economicità, non ostando a tale inquadramento il fatto che l’attività di smaltimento rifiuti sia di pubblico interesse. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


FATTO

La controversia trae origine dall’emissione di due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di Modena nei confronti di Herambiente, a seguito della rettifica di due dichiarazioni DOCFA effettuate dalla società con riferimento ad un termovalorizzatore e ad un locale polivalente funzionalmente collegato ed a servizio dell’area destinata alla gestione dei rifiuti, rettifica consistita nel maggiorare la redita catastale (rispettivamente da € 35.686 ad € 40.000 e da € 2.418 ad € 2.440) e nel variare il classamento proposto (da E9 a D7).

Herambiente ha impugnato i due avvisi avanti alla CTP di Modena, la quale, riunite le procedure, ha però rigettato i ricorsi, condividendo le difese dell’Ufficio e regolando le spese di lite in base al criterio di soccombenza.

Avverso la sentenza interpone appello Herambiente, affidandosi a quattro motivi: illegittimità dell’atto n. MO0050993/17 per difetto di motivazione; illegittimità del medesimo atto per omesso sopralluogo; illegittimità di entrambi gli atti per errata attribuzione della categoria D/7; infondatezza di entrambi gli atti per errata valutazione delle unità immobiliari e conseguente errata determinazione delle rendite catastali.

Resiste l’Ufficio, sul presupposto della correttezza della sentenza gravata e del proprio accertamento.

La causa è decisa sulla base degli atti ex art. 27 comma 2 D.L. n. 137/2020 e successive proroghe, secondo quanto prescritto anche dal Decreto Presidenziale 21/12/2020.

 

DIRITTO

a1) Il primo motivo di appello è relativo al preteso difetto di motivazione di uno dei due atti impugnati.

Il motivo è però infondato.

Infatti, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, qui pienamente condiviso e dal quale non vi è motivo di discostarsi, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga, così come nel caso concreto, a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate solo nel caso contrario in cui si disattendano gli elementi di fatto indicati dal contribuente (cfr. ex pluribus Cass. n. 6559/2020, Cass. n. 6210/2019, Cass. n. 31809/2018, Cass. n. 17971/2018, Cass. n. 12777/2018, Cass. n. 12497/2016 e Cass. n. 23237/2014).

Ciò posto, è del tutto evidente che nel caso che qui occupa la diversa classificazione operata dall’Ufficio in esito alla domanda DOCFA, si basa non già sulla contestazione dei fatti allegati, ma esclusivamente sula diversa valutazione dei medesimi, valorizzando gli stessi dati forniti dalla parte ed unicamente rimodulando il classamento del termovalorizzatore.

Consegue in tutta evidenza che nessun difetto di motivazione è predicabile, avendo l’Ufficio indicato i dati oggettivi e la classe attribuita.

a2) Il secondo motivo di appello è relativo alla pretesa illegittimità di uno dei due atti impugnati per omesso sopralluogo.

Anche questo motivo è però infondato.

Sul punto deve infatti richiamarsi la giurisprudenza di legittimità che ha più volte spiegato come, a seguito di classamento derivante da procedura DOCFA con riferimento ad attribuzione di rendita a fabbricati a destinazione particolare o speciale, ciò che è oggetto di causa, l’Ufficio non è tenuto ad effettuare alcun preventivo sopralluogo (Cass. n. 9291/2021, Cass. n. 5362/2020, Cass. n. 5175/2020, Cass. n. 8529/2019, Cass. n. 6633/2019, Cass. n. 31421/2019, Cass. n. 12743/2018, Cass. n. 5600/2017, Cass. n. 374/2017, Cass. n. 3103/2015, Cass. n. 2998/2015, Cass. n. 21923/2012, Cass. n. 19949/2012, Cass. n. 22313/2010).

Nessuna illegittimità dell’atto è quindi riscontrabile in ordine al dedotto motivo.

a3) Il terzo motivo di appello è relativo alla pretesa erroneità dell’attribuzione della categoria D7, in luogo di quella richiesta E9, per il termovalorizzatore e per l’immobile funzionalmente collegato ed a servizio dell’area destinata alla gestione dei rifiuti.

Anche in questo caso il motivo non può essere accolto.

Infatti, non è revocabile in dubbio che Herambiente svolge, sia pure anche in regime tariffario eterodeterminato, un’attività che le consente di distribuire utili ai soci, di talché l’attività assume natura commerciale siccome svolta secondo criteri di economicità, ciò che la riconduce alla categoria D7, id est quella dei fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, non già a quella residuale e di interpretazione restrittiva di cui alla categoria E, relativa ad immobili a destinazione pubblica.

Né può far diversamente opinare il fatto, sul quale la difesa dell’appellante si è lungamente diffusa, che l’attività di smaltimento dei rifiuti sia di interesse pubblico, atteso che l’espletamento di un’attività di interesse pubblico non implica come necessaria conseguenza l’appartenenza al gruppo E; e l’attribuzione della categoria D7 è indipendente dal grado di redditualità dell’attività, ma deriva piuttosto dalla industrialità dell’impianto, nel caso di specie pacificamente sussistente.

A tali conclusioni in ordine alla riconducibilità alla categoria D7 dei termovalorizzatori è d’altronde giunta anche la unanime e consolidata giurisprudenza di questa CTR in tutti i contenziosi che hanno visto parte processuale Herambiente (CTR Emilia Romagna Sez. XII n. 1090/2021, CTR Emilia Romagna Sez. XIV n. 944/2020, CTR Emilia Romagna Sez. X n. 1952/2019, CTR Emilia Romagna Sez. V n. 983/2019, CTR Emilia Romagna Sez. V n. 982/2019, CTR Emilia Romagna Sez. V n. 981/2019, CTR Emilia Romagna Sez. X n. 807/2019); e parimenti, con sovrapponibili argomentazioni, è stata riconosciuta la categoria D7 per le discariche per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (CTR Emilia Romagna Sez. IX n. 3373/2017 e CTR Emilia Romagna Sez. IX n. 3372/2017) e per gli impianti di trattamento dei rifiuti speciali non pericolosi (CTR Emilia Romagna Sez. VI n. 1310/2018 e CTR Emilia Romagna Sez. IX n. 1039/2018).

Inoltre, le conclusioni sopra esposte in ordine al fatto che la funzione di pubblico interesse non osta all’inserimento nella categoria D7, sono state fatte proprie anche dalla Suprema Corte, la quale ha spiegato che “in tema di classamento di immobili, la discarica pubblica oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas, in quanto connotata da autonomia funzionale e reddituale, costituisce un’unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 -non in quella residuale E, concernente gli immobili a particolare destinazione pubblica- in quanto svolge attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell’immobile anche ad attività di pubblico interesse” (Cass. n. 12741/2018).

La stessa Corte ha infatti esplicitato che nella categoria E “non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale... qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e cioè…immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare” (Cass. n. 20026/2015): per tali motivi e pur in presenza di evidenti profili di interesse pubblico, sono state catastalmente classificate nella categoria D anche centrali elettriche (Cass. n. 21730/2004), impianti di produzione di energia eolica (Cass. n. 24815/2014, Cass. n. 4030/2012, Cass. n. 4028/2012) e poli fieristici (Cass. n. 8773/2015).

Ne consegue, in conclusione sul punto, l’infondatezza del motivo di gravame.

a4) Il quarto ed ultimo motivo di appello è relativo alla pretesa errata valutazione delle unità immobiliari e conseguente errata determinazione delle rendite catastali.

Anche tale motivo è però inaccoglibile.

Infatti, il procedimento di stima utilizzato dall’Agenzia è quello della stima diretta, utilizzando i valori unitari diversificati per tipologia e caratteristiche costruttive, pervenendo così alla definizione del valore capitale dell’immobile.

I valori utilizzati dall’Ufficio sono ragionevolmente stati desunti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, secondo semestre 2008 (anno ritenuto significativo per l’elevato numero di valori reali riscontrati nel mercato immobiliare, ancora attivo), rivalutati del 30% per lo stato ‘a nuovo’ e riferiti al biennio economico 1988-89, mediati per tipologia edilizia ed uniformati fra zone con analoghe realtà territoriali e socio­economiche.

Discende il rigetto anche dell’ultimo motivo.

b) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello va integralmente rigettato, con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.

Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dagli artt. 15 D.Lgs. n. 546/1992 e 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste a carico del soccombente contribuente appellante ed a favore del vittorioso Ufficio appellato, tenendo a mente un valore prossimo a quelli medi nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa, e con la riduzione del 20% prevista dall’articolo 15 comma 2 sexies D.Lgs. n. 546/1992, essendo il vittorioso Ufficio difeso da un funzionario.

Così come chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte, non è possibile procedere alla condanna ex art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002 (Cass. n. 23980/2018, Cass. n. 20018/2018, Cass. n. 15111/2018).

 

 

P.Q.M.

la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. VIII

rigetta l’appello;

condanna Herambiente s.p.a. a rifondere a Agenzia delle Entrate di Modena le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie come per legge.

Bologna, 8/4/2022