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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 14/07/2015 Scarica PDF

Il calcolo del rientro nella revocatoria fallimentare delle rimesse - art. 70 l.f.

Giuseppe Rebecca, Dottore Commercialista in Vicenza


Sommario: 1. Premessa. - 2.La difficile convivenza degli articoli 67 e 70 l.f. - 3. Esemplificazione pratica: gli importi revocabili quantificati ex art. 70 l.f. di norma sono inferiori agli importi determinabili ex art. 67 l.f.. - 4. Qualche problematica pratica nell’applicazione dell’art. 70 l.f.. - 4.1. Il saldo. - 4.2. Come determinare il saldo al momento del concorso 4.3. Una sentenza su interessi e commissioni.- 5. Conclusioni.


 

1. Premessa

Gli articoli 67 e 70 della Legge Fallimentare[1], hanno trattato per la prima volta esplicitamente delle rimesse bancarie, anche se stranamente lo hanno fatto in negativo. La norma ne parla solo per esentarle da revocatoria, a certe condizioni; ma risulta così evidente la matrice di origine bancaria della norma.

Non sono soggette all’azione revocatoria “le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca” (articolo 67, comma 3, lettera b) l.f..).

Il periodo sospetto è stato ridotto da un anno a sei mesi mentre, per quanto riguarda l’aumento delle rimesse revocabili, si devono analizzare congiuntamente gli articoli 67 e 70 l.f., per certi versi contraddistinti, come vedremo.

Per poter considerare revocabili le rimesse affluite su un conto corrente bancario sono sempre richiesti i seguenti requisiti:

- siano avvenute nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento;

- venga provata la conoscenza dello stato di insolvenza;

- abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca.

In ogni caso la somma revocabile non potrà essere maggiore del cosiddetto rientro (art. 70 l.f.)[2].

 

2. La difficile convivenza degli articoli 67 e 70 l.f.

Vari sono gli aspetti della nuova revocatoria non ancora del tutto risolti, anche se in definitiva pare che uno solo sia il vero problema: come conciliare quello che potrebbe anche sembrare inconciliabile, e cioè il nuovo art. 67 l.f. con il nuovo art. 70 della legge fallimentare.

A nostro avviso normalmente si applica semplicemente l’art. 70 della l.f., e quindi è revocabile, al massimo, il differenziale tra il massimo importo a debito e il saldo al momento del fallimento. L’articolo 67 l.f., con i suoi riferimenti alle rimesse che hanno comportato una riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria, non troverà quasi mai  concreta applicazione. La previsione dell’art. 67 si dimostrerà quindi spesso del tutto inutile, ed allora risulta anche legittimo chiedersi cosa ci stia a fare una disposizione inutilizzabile. Ma così è.

Si stanno oggi verificando situazioni al limite dell’assurdo: si fanno dettagliati conteggi, si analizzano le rimesse che hanno ridotto l’esposizione in modo consistente e durevole, utilizzando anche una serie di previsioni diverse per tener conto di tesi nel frattempo avute, per poi ridurre l’importo revocabile al rientro di cui all’art. 70 l. fall.. Quindi, qui, sempre tanto lavoro per nulla.

In ogni caso i legali si trovano nelle necessità di predisporre la citazione per revocatoria fallimentare facendo i conti, dettagliati, delle rimesse revocabili ex art. 67 ed anche ex art. 70 l.f.; a sua volta il giudice chiederà al CTU di fare i doppi conteggi, magari con più varianti, per poi gettare via il tutto, e limitare per lo più all’articolo 70. E’ evidente che qualcosa non va. Una sentenza del Tribunale di Udine ha cassato una citazione ove la parte si era limitata a chiedere l’applicazione dell’art. 70 l.f. serve fare i conteggi ex art. 67 l.f.. È stata data comunque la possibilità di ripresentare la citazione[3].

 

3. Esemplificazione pratica: gli importi revocabili quantificati ex art. 70 l.f. di norma sono inferiori agli importi determinabili ex art. 67 l.f.

Diamo una dimostrazione grafica dell’assunto secondo il quale gli importi revocabili ex art. 70 l.f. (il cosiddetto “rientro”) sono in linea di massima inferiori o al massimo uguali, di norma mai superiori ai conteggi effettuati in base all’art. 67 l.f.. Ciò salvo un caso specifico: in presenza di rientro consistente, qualora la percentuale di consistenza fosse determinata in una percentuale elevata (ad esempio 10%, di qualcosa che in effetti è oggettivamente una percentuale elevata), ne deriva che le rimesse superiori a tale entità parrebbero difficilmente esistere, o comunque sarebbero molto limitate, anche se a fronte di un certo rientro, in astratto revocabile.

Si tratta di un aspetto, semplice ed evidente, che la dottrina non ha ancora fatto proprio. Con l’applicazione pratica della normativa emerge però in tutta la sua evidenza e, se vogliamo, semplicità.

Ci piace ricordare, a questo proposito, la sentenza del 2008 del Giudice Mauro Vitiello, allora a Milano, la prima che si è occupata in modo completo della nuova problematica e per questo sicuramente apprezzabile. Proprio dalla lettura della sentenza si capisce che il giudice sembra sorprendersi del fatto che gli importi revocabili ex art. 70 l.f. siano inferiori a quelli calcolati ex art. 67 l.f.. Ma non può che essere così, sempre o meglio quasi sempre.

Ecco la nostra dimostrazione grafica, già riportata più volte.

Con la retta si uniscono i due saldi di riferimento dell’art. 70 l.f. con il rientro determinato appunto come differenza tra saldo al momento del fallimento e la maggiore esposizione nel periodo di conoscenza dello stato di insolvenza.

Con la linea ondulata si illustra il saldo debitore che deriva dalla serie delle rimesse e degli addebiti. Ovviamente la serie può essere più o meno mossa, ma nella sostanza l’andamento sarà sempre più o meno lo stesso.


[omissis]


Ora, appare pacifico che il rientro ex art. 70 l.f. è, nel caso specifico, di 50, dato dalla differenza tra -70 e -20.

   

Le rimesse che hanno ridotto l’esposizione in maniera consistente e durevole trovano riscontro nella linea curva. Possono essere tutte o solo una parte delle rimesse, questo non è importante. Ma ad ogni buon conto resta il fatto che la sommatoria dei movimenti è sempre sicuramente e necessariamente superiore al dislivello evidenziato dalla retta; ciò ovviamente salvo esclusioni sulla base di percentuali di consistenza. Pertanto sono da considerare tutte le linee che dal punto più basso arrivano di volta in volta al punto più alto.

Non importa, come detto, che siano tutte o solo parte.

È in ogni caso pacifico che gli importi che ne risulteranno saranno sempre superiori a quanto evidenziato dalla linea retta. Il disegno conferma chiaramente l’assunto.

 

4. Qualche problematica pratica nell’applicazione dell’art. 70 l.f.

Ci limitiamo ad una analisi dell’applicazione pratica dell’art. 70 l.f..

L’importo revocabile secondo questo articolo è dato dalla differenza tra la maggiore esposizione del periodo e l’ammontare del debito residuo al momento dell’apertura del concorso. Ci poniamo tre questioni in merito, e più precisamente:

1) quale saldo considerare?;

2) la determinazione del saldo al momento dell’apertura del concorso;

3) una sentenza su interessi e commissioni addebitate.

Si tratta di questione con un grande impatto pratico, e ci stupiamo che non sia stata ancora oggetto di approfondimento.

 

4.1. Il saldo

Quale sarà il saldo al momento della dichiarazione di fallimento cui fare riferimento? Si tratta di una questione ancora non approfondita.

Si è portati a  considerare, molto semplicemente, il saldo che risulta  dall’Estratto Conto appunto alla data del fallimento. Ma in realtà più correttamente andrebbe considerato il saldo che è stato oggetto o sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà il saldo da considerare, salvo peraltro quanto si dirà appresso. Appare infatti ovvio che se degli importi dovessero essere esclusi dal saldo, ai fini dell’ammissione al passivo, quello stesso saldo andrà considerato ai fini della revocatoria. Non è infatti razionalmente sostenibile l’ipotesi di poter considerare due saldi diversi, quello dell’estratto conto e quello dell’ammissione; unico dovrà essere tale importo, salvo verificare l’addebito delle competenze. Qualora poi l’azione revocatoria fosse iniziata prima della definitiva ammissione al passivo della banca, si potrà sempre variare il saldo finale oggetto di citazione.

Ma non risulta che questo sia l’atteggiamento seguito;  è più semplice il riferimento all’estratto conto, come si è detto, e così normalmente si fa.

 

4.2. Come determinare il saldo al momento del concorso

Per la determinazione del saldo al momento del concorso, ci riferiamo alla problematica di come considerare gli addebiti di interessi e di competenze.

Vanno ad incrementare tout court il saldo finale?

Inizialmente pensavamo di si, come sembrerebbe normale. La norma parla di “ammontare residuo delle pretese alla data in cui si è aperto il  concorso”, dato finora inteso come saldo al momento del fallimento, e se la banca ha addebitato interessi e competenze, si considererà il saldo che ne risulta.

Ma non ne saremmo del tutto sicuri.

Una esemplificazione pratica può essere di ausilio per introdurre il tema.

Si ipotizza il seguente caso, volutamente esasperato:

- maggiore esposizione del periodo - 100

- addebito di interessi e commissioni qualche giorno prima del fallimento - 50

- esposizione al momento del fallimento - 100

Applicando l’art. 70 l.f., cosa risulta come importo revocabile? La risposta immediata è: Zero, appunto, dato da 100-100. Ma la risposta non ci convince.

Infatti, la banca, addebitando le competenze, è come se si fosse pagata, ai fini della revocatoria.

Prima dell’addebito il rientro era  evidente, era appunto di 50. E fino a quel giorno, quello era il rientro. Se si addebitano le competenze, può essere logico che si azzeri o comunque si riduca il rientro? Così facendo la banca sarebbe trattata come un qualsiasi fornitore, i cui pagamenti nei normali termini d’uso non sono revocabili. Ed allora, volendo equiparare le due situazioni, si potrebbe arrivare  a queste considerazioni: se gli interessi sono stati addebitati normalmente nei normali termini d’uso, alle consuete scadenze trimestrali, nulla quaestio. Qualora invece fossero stati oggetto di un addebito non consueto, ad esempio alla chiusura del conto o comunque in via anticipata, ecco allora che probabilmente l’addebito non dovrebbe essere considerato.

Ma a questo punto il discorso può allargarsi. E tutti gli addebiti precedenti, è giusto considerarli? Diremmo di si, anche se qualche problematica potrebbe emergere pure per tali addebiti.

Il punto merita comunque un approfondimento, che vorremmo stimolare.

Torniamo al caso analizzato.

Per effetto di un addebito di competenze, l’istituto di credito ottiene un miglioramento della sua posizione ai fini della revocatoria. E questo in effetti parrebbe stridere.

Del resto, se si cambia il riferimento, se si considera l’art. 67 l.f. e le rimesse, le stesse sono considerate solo se consistenti e durevoli.

Quanto alla consistenza, se l’addebito successivo riduce l’ammontare delle rimesse ad un importo inferiore alla consistenza, le stesse non saranno revocabili.

Nel caso dell’addebito di interessi, consistenti, la rimessa che li copre non sarà revocabile.

Quindi la banca è considerata  come un altro fornitore, in questo caso.

Ma nel caso specifico del c/c, c’è l’art. 70 l.f., che riguarda appunto i rapporti bancari, cioè i rapporti continuativi. Ciò significa che si tratta di un rapporto diverso da quello che caratterizza i fornitori.

Ma se per l’art. 67 l.f. la compensazione ha una logica, con l’art. 70 l.f. questa viene a mancare. Infatti, non può dipendere dal comportamento della banca, se abbia addebitato o meno gli interessi, la determinazione dell’importo revocabile.

Letteralmente l’art. 70 l.f. non pone particolari specificazioni, riferendosi semplicemente al saldo al momento del fallimento, ma a nostro avviso questo saldo dovrebbe essere ricalcolato, proprio per eliminare gli effetti di possibili addebiti effettuati dalla banca per varie competenze o interessi.

Non sarebbe infatti razionale far dipendere una riduzione degli importi revocabili da un addebito di interessi. E ciò creerebbe anche disparità di trattamento, tra banche che hanno addebitato gli interessi e altre che non lo hanno fatto.

Del resto, qualora la banca avesse girato il conto a sofferenza, il saldo del c/c normale sarebbe appunto zero. Non per questo qualcuno pensa di essere autorizzato a considerare quale saldo il saldo zero causato dal passaggio a sofferenza.

Ma in realtà dovrà considerarsi invece il saldo che è stato oggetto o sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà il saldo, salvo la questione degli addebiti di interessi e competenze.

E se il conto è stato movimentato da addebiti di interessi e competenze, si potranno considerare solo se avvenuti nella scadenza consueta.

Ove si trattasse di addebiti anticipati, essendo nella fattispecie validamente applicabile a nostro avviso anche il requisito dei normali termini d’uso, il saldo da considerare sarà quello ante addebito. Il che equivale a considerare revocabile il pagamento, con la differenza però che sarebbe considerato in moneta piena, non concorsuale.

Questa problematica, sollevata qui per la prima volta, a quanto ci risulta, merita comunque un approfondimento che vorremmo appunto stimolare, con il nostro intervento.

     

4.3. Una sentenza su interessi e commissioni

Abbiamo un primo riscontro su questo particolare aspetto in una sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 1402/14 del 20/06/2014, in unijuris.it, estensore Giovanna Golinelli) anche se, come vedremo, si tratta di una impostazione forse non ancora del tutto appagante.

Nell’applicare l’art. 70 l.f., e quindi nel fare la differenza tra saldi (il massimo scoperto e il saldo al momento dell’apertura del concorso) il giudice de qua ha detratto gli addebiti  per interessi, spese e commissioni varie, in quanto “costituiscono pagamenti esenti da revocatoria in ragione della loro natura”. Così afferma il giudice: “appare corretto, allora, che dette somme, che hanno già concorso alla determinazione del saldo passivo e sono, quindi, già ricomprese nell’importo individuato a titolo di rientro ex art. 70 l.f.m, non debbono essere ulteriormente sommate a tale importo (dato dalla differenza tra l’importo di massimo scoperto ed il saldo contabile all’apertura del concorso), bensì detratte. Ne consegue che la somma che la convenuta deve essere condannata a restituire alla attrice è pari ad € 541.934,25, oltre interessi legali dalla domanda al saldo così composta:

 

massimo scoperto           € 656.498,19 –

saldo contabile all’apertura del concorso    € 1.283,42 –

addebiti per commissioni ecc    € 113.280,52”


Fino qui la sentenza. Cerchiamo ora di analizzare la questione, da un punto di vista operativo.

Bisogna innanzitutto distinguere due casi, e cioè se l’addebito degli interessi e delle commissioni abbia inciso sul massimo scoperto oppure sul saldo al momento della dichiarazione di fallimento, o meglio se tale addebito sia anteriore o posteriore all’esposizione massima, o ancora quali e quanti siano tali addebiti.

Esaminiamo separatamente i due casi.

Addebito ante massimo scoperto

In questo caso il saldo del massimo scoperto tiene ovviamente già conto degli addebiti, e quindi con la revocatoria del rientro di fatto si revoca indirettamente anche quanto addebitato.

Questo probabilmente era il caso esaminato dal Tribunale di Bergamo, che opta invece per la non revocabilità di tale importo, da detrarre, considerandolo un pagamento normale. Invero la norma che esenta da revocatoria i pagamenti nei termini d’uso non riguarda esplicitamente gli interessi, come è stato già da tutti evidenziato.

 

Addebito post massimo scoperto e ante saldo finale

In questo caso, l’addebito riduce in linea teorica il saldo revocabile, aumentando l’esposizione. Ne consegue che, ai fini del calcolo del rientro, questo addebito andrà sommato al differenziale.

Ci sia consentita una semplice esemplificazione pratica:

 

a) addebito ante massimo scoperto:

Maggior esposizione del periodo                                    - 500

Preventivo addebito di interessi e commissioni

(che hanno già influito sul saldo)                                   - 50

Saldo al momento della dichiarazione del concorso        - 300

Il rientro contabile è di 200 (500-300); secondo la sentenza 150 (500-300-50). Secondo noi si revocano invece 200.

 

b) addebito post massimo scoperto

Maggior esposizione del periodo                                    - 500

Addebiti per interessi e commissioni successivi              - 50

Saldo della dichiarazione del concorso                           - 300

Il rientro contabile è sempre di 200 (500-300); secondo la nostra tesi, l’importo revocabile diventa di 250 (500-300+50).

In definitiva, nel caso di interessi che hanno già influenzato il massimo scoperto, non se ne tiene conto, mentre nel caso di interessi addebitati nel frattempo, si dovrebbero aggiungere all’importo revocabile.

 

5. Conclusioni

La nuova revocatoria si basa essenzialmente, come abbiamo visto, sul rientro di cui all’art. 70 l.f.. Tutto il resto, quanto cioè indicato dall’art. 67 l.f. (rimesse consistenti e durevoli) ha sì una importanza, ma di fatto meno quasi sempre annullato da un rientro più limitato.

Ad ogni buon conto, anche per la semplice applicazione dell’articolo 70 l.f. ci sono delle problematiche, come visto sopra, e riguardano i saldi da considerare, e in particolare come trattare interessi e spese nel frattempo addebitati.

Sul punto la dottrina non si è ancora pronunciata, e la giurisprudenza solo in un caso, tra l’altro in modo che non condividiamo. Ci auguriamo che nel proseguo ci siano gli approfondimenti che l’importanza della problematica impone.

 


[1] Articoli entrati in vigore il 17 marzo 2005; introdotti dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (in G.U. 16 marzo 2005 n. 62) convertito nella legge n. 80 del 14 maggio 2005. Nel D.L. è stato integralmente trasferito il maxiemendamento approvato dal Consiglio dei Ministri ancora il 23 dicembre 2004, Atto Senato 1243 “Modifiche urgenti al R.D. 16 marzo 1942 n. 267 recante disciplina del fallimento”. Abbiamo poi il D.Lgs n. 5 del 9 gennaio 2006, legge di riforma del fallimento, integrato dal correttivo, il D.Lgs. n. 169 del 12 settembre 2007.

[2] Secondo la tesi maggioritaria, per fallimenti dichiarati dall’1 gennaio 2008.

[3] Tribunale di Udine, 17/12/2014 (data della decisione) dott. Lorenzo Massarelli ne unijuris.it


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