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Diritto di Famiglia
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Wednesday 06 November 2013
Calcolo del TFR per l’ex coniuge: va calcolato sul solo netto versato non tenendo conto delle eventuali anticipazioni.
Divorzio – Quota del T.F.R. spettante all’ex coniuge – Modalità di calcolo – Specificazioni – In particolare: anticipazioni percepite durante il matrimonio – Rilevanza – Esclusione..
Il TFR, in forza di legge (in particolare L. n. 297 del 1982), ha assunto la natura di retribuzione accantonata o differita (tra le altre, Cass. N. 783 del 2006); l'art. 2120, comma sesto, C.C. ammette il lavoratore a richiedere in costanza di rapporto, anticipazioni sul TFR già maturato, confermando così la piena disponibilità su parti del trattamento, con l'acquisizione delle somme percepite al suo matrimonio. Pertanto, nell'applicazione dell'art. 12 bis L. 898/1970, non deve tenersi conto delle anticipazioni del TFR percepite dal coniuge durante la convivenza matrimoniale o la separazione personale, per essere quelle anticipazioni entrate nell'esclusiva disponibilità dell'avente diritto (Cass. 19427/2003; Cass. 19046/2005). L'art. 12 bis L. Divorzio, alla luce di quanto osservato, non può che interpretarsi nel senso di garantire al coniuge beneficiario la corresponsione di una quota di TFR, calcolata sulla somma che viene corrisposta al lavoratore, successivamente alla sentenza di divorzio. Ciò vuol dire che la quota spettante all’ex coniuge deve essere quantificata sulla scorta del TFR netto corrisposto all’avente diritto e non sul lordo. In caso contrario, infatti, questi sarebbe tenuto a corrispondere all’ex partner una quota in relazione ad un importo dallo stesso non percepito, siccome gravato dal carico fiscale. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 29 October 2013, n. 24421.
Thursday 14 November 2013
La nuova famiglia non esclude necessariamente l’assegno divorzile.
Assegno divorzile – Nuova famiglia costituita dall’onerato – Rilevanza – Sussiste – Valutazione della situazione della nuova compagna – Sussiste..
La costituzione di un nuovo nucleo familiare incide sulla misura dell’assegno divorzile dovuto alla ex moglie ma nel giudizio che include tale incidenza deve anche tenersi conto della situazione economica della nuova compagna dell’onerato e della misura patrimoniale con cui la stessa può contribuire alla nuova compagine familiare. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 10 October 2013, n. 23090.
Wednesday 09 October 2013
Mantenimento del figlio maggiorenne: cessa con l’autonomia, a prescindere dalle aspettative.
Mantenimento del Figlio maggiorenne – Cessazione al momento della autosufficienza economica – Rilevanza delle aspettative in ragione delle possibilità economiche del genitore – Esclusione – Rilevanza per l’eventuale domanda risarcitoria – Sussiste..
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne gravante, sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno, sul genitore non convivente, cessa all'atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno "status" di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato. Pertanto, l’attribuzione del beneficio periodico non può essere fondata su ragioni improprie quali la perdita di chances rispetto ad una migliore e più proficua formazione personale e collocazione economico sociale, guardando al livello culturale e socio economico della famiglia di origine. In tal modo, si valorizza illegittimamente il diverso aspetto della responsabilità genitoriale, avente natura squisitamente compensativa e risarcitoria, indebitamente assumendolo a funzione del mantenimento. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 03 September 2013, n. 20137.
Thursday 14 November 2013
Imposizione d'ufficio dell'obbligo di pagamento del 50% delle rate di mutuo per l'acquisto della casa coniugale.
Separazione – Provvedimento del giudice – Imposizione dell’obbligo di pagamento del 50% delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale – Decisione ex officio in assenza di domanda sul punto del coniuge – Legittimità – Sussiste..
Il giudice deve stabilire la misura e il modo con cui il coniuge non affidatario deve contribuire al mantenimento dei figli e può provvedervi d’ufficio a tal fine non essendo vincolato dalle domande delle parti o dagli accordi tra le stesse eventualmente intervenuti. La somma può essere versata in una unica somma di denaro o in più voci di spesa, sufficientemente determinate o determinabili, che risultino idonee a soddisfare le esigenze in vista delle quali l’assegno è stato disposto. Ne consegue il giudice può imporre al genitore l’obbligo di pagamento della rata del mutuo sulla casa coniugale, costituendo la stessa una modalità di adempimento dell’obbligo contributivo in favore dei figli. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 03 September 2013, n. 20139.
Monday 16 September 2013
Casa familiare: non costituisce una misura di natura assistenziale per il coniuge più debole. No all’assegnazione, in mancanza di figli.
Separazione dei coniugi – Assegnazione della casa familiare – Assenza di figlio minorenni o maggiorenni non autosufficienti – Esclusione – Sussiste – Questioni relative alla proprietà – Competenza del giudice della separazione – Esclusione..
L’assegnazione della casa coniugale non può costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, ma può disporsi, a favore del genitore affidatario esclusivo ovvero collocatario dei figli minori, oppure convivente con figli maggiorenni ma non autosufficienti economicamente (e ciò pur se la casa stessa sia di proprietà dell'altro genitore o di proprietà comune). Le questioni relative al diritto di proprietà e a quello di abitazione esulano, inoltre, dalla competenza funzionale del giudice della separazione o del divorzio, e possono essere esaminati in un ordinario giudizio di cognizione. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 01 August 2013, n. 18440.
Wednesday 18 September 2013
Collegamento stabile del figlio maggiorenne con la casa: riflessi sulla legittimazione ad agire nel suo interesse, da parte del genitore.
Assegnazione della casa coniugale – Legittimazione del genitore in luogo del figlio maggiorenne – Requisito della coabitazione – Collegamento stabile del figlio con la casa – Condizioni – Ritorno nei soli fine settimana – Mera ospitalità – Collegamento con la casa – Esclusione..
È pur vero che il genitore, separato o divorziato, al quale il figlio sia stato affidato durante la minore età, pur dopo che questi (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua, in assenza di un'autonoma richiesta da parte di quest'ultimo, ad essere legittimato iure proprio ad ottenere dall'altro genitore il pagamento dell'assegno per il mantenimento del figlio, sempre che tra il genitore già affidatario e il figlio persista il rapporto di coabitazione (Cass., sent. n. 11320 del 2005). Tuttavia, più recentemente, con riferimento alla tematica dell'assegnazione della casa familiare, la giurisprudenza ha precisato che la nozione di convivenza rilevante a tali effetti comporta la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità. Deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile; quest'ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell'effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese: v. Cass., sent. n. 4555 del 2012) {Nella specie, la Corte di merito, avendo preso in considerazione l'elemento del venir meno del presupposto della coabitazione del giovane R. con la madre per effetto del suo trasferimento per ragioni di studio a Milano, la cui stabilità il giudice di secondo grado ha ritenuto comprovata dalla circostanza dell'avere il ragazzo preso ivi in locazione un appartamento, correttamente ha escluso la sopravvivenza della legittimazione della madre a richiedere iure proprio all'ex coniuge il contributo per il mantenimento del figlio]. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 25 July 2013, n. 18075.
Monday 11 November 2013
Giudizio ex art. 148 c.c.: cognizione piena ed estesa alle sopravvenienze.
Separazione – Provvedimento del giudice – Imposizione dell’obbligo di pagamento del 50% delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale – Decisione ex officio in assenza di domanda sul punto del coniuge – Legittimità – Sussiste..
Il giudizio di opposizione ex art. 148 c.c. è costituito dalla cognizione piena della controversia e la relativa decisione può consistere non solo nella conferma o nella revoca del decreto, ma anche in una statuizione parzialmente modificativa. Del resto è lo stesso art. 148 c.c. che prevede la possibilità di richiedere modificazione o revoca del provvedimento. Va per di più considerata che, per ragioni di economia processuale, il giudice, stante anche la possibilità di provvedere di ufficio riguardo ai minori, può esaminare profili di novità successivi al ricorso. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 20 July 2013, n. 17831.
Thursday 18 July 2013
Se l’affectio coniugalis è già venuto meno, l’abbandono della casa coniugale è irrilevante ai fini dell’addebito.
Rapporto dei coniugi già disgregato – Abbandono del tetto coniugale – Rilevanza ai fini dell’addebito – Esclusione.
Rapporto dei coniugi già disgregato – Abbandono del tetto coniugale – Rilevanza ai fini dell’addebito – Esclusione.
Immobile in comproprietà – Occupazione da parte dell’un coniuge, in via esclusiva – Conseguenze – Indennità ex art. 1102 c.c. – Sussiste.
Assegno di mantenimento – Rapporti di credito, debito tra onerato e avente diritto – Compensabilità – Esclusione..
Va riconosciuta l'irrilevanza, ai fini dell'addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al comune sentire, in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non caratterizzata da "affectio coniugalis". Quanto alla efficacia lesiva dell'abbandono del tetto coniugale, la più recente giurisprudenza della Corte (Cass., 30 gennaio 2013, n. 2183) ha ribadito il principio secondo cui deve escludersi che esso, quando intervenga in una situazione già irrimediabilmente compromessa, anche per ragioni obiettive, che prescindono dall'addebitabilità ad uno dei coniugi (Cass., 21 marzo 2011, n. 2011; Cass., 9 ottobre 2007, n. 21099), costituisca condotta contraria ai doveri del matrimonio. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Va riconosciuta l'irrilevanza, ai fini dell'addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al comune sentire. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Il coniuge che occupi in via esclusiva l'intero appartamento di proprietà comune, deve considerarsi tenuto al pagamento di un'indennità ex art. 1102 c.c. (cfr. Cass., 30 marzo 2012, n. 5156). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
L’onerato non può compensare con propri crediti che vanti verso l’avente diritto, l’importo che deve a titolo di assegno di mantenimento (v. Cass., 10 dicembre 2008, n. 28987, cfr., Cass., 21 febbraio 2001, n. 2492; Cass., 10 ottobre 2003, n. 15164; Cass., 20 marzo 2009, n. 6864). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 27 June 2013, n. 16285.
Monday 16 September 2013
Addebito ad entrambi i coniugi? Si può.
Separazione giudiziale – Addebito – Pronuncia a carico di entrambi i coniugi – Configurabilità – Sussiste..
Vi possono essere contemporaneamente comportamenti di entrambi i coniugi valutabili come gravemente contrari ai doveri imposti dal matrimonio e che sono astrattamente idonei a produrre la rottura del rapporto coniugale. Ne consegue che è ammissibile e configurabile la pronuncia di addebito della separazione a entrambi i coniugi. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 26 June 2013, n. 16142.
Monday 24 June 2013
Definitivamente ampliate le frontiere della responsabilità civile nelle relazioni familiari: incluse quelle «di fatto».
Risarcimento del danno non patrimoniale – Art. 2059 c.c. interpretato secundum constitutionem – Risarcibilità del danno non patrimoniale anche nei casi non previsti ex ante dalla legge in ipotesi di lesioni di diritti inviolabili – Diritto Vivente.
Risarcimento del danno non patrimoniale – Nell’ambito delle relazioni familiari – Tutela risarcitoria – Ammissibilità – Comportamenti di minima efficacia lesiva – Esclusione.
Risarcimento del danno non patrimoniale – Nell’ambito delle relazioni familiari – Tutela risarcitoria – Ammissibilità – Nell’ambito delle unioni familiari di Fatto – Ammissibilità – Sussiste..
Nei due fondamentali arresti del 2003 (sentt. n. 8827 e n. 8828) si è espresso l'orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico - fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse di rango costituzionale relativo alla persona. In tale prospettiva, nell'ambito dell'art. 2059 c.c. trovano collocazione e protezione tutte quelle situazioni soggettive relative a perdite non patrimoniali subite dalla persona, per fatti illeciti determinanti un danno ingiusto e per la lesione di valori costituzionalmente protetti o specificamente tutelati da leggi speciali: ciò vale a dire che il rinvio recettizio dell'art. 2059 c.c. ai casi determinati dalla legge non riguarda le sole ipotesi del danno morale soggettivo derivante da reato, ma vale ad assicurare la tutela anche alla lesione di diritti fondamentali della persona, atteso che in forza del rilievo costituzionale di tali diritti il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla loro lesione non è soggetto alla riserva di legge posta dalla norma richiamata. Sulla base di tale impostazione, che ha ricevuto l'avallo della Corte Costituzionale con la sentenza n. 233 del 2003, e che è stata seguita dalle successive pronunce della Cassazione (v. S.U., sent. n. 26972 del 2008, e le successive Sez. Lav., sent. n. 12593 del 2010, Sez. 3, sentt. n. 450 del 2001, n. 543 del 2012), il danno non patrimoniale è risarcibile non solo nei casi individuati ex ante dalla legge ordinaria, ma anche in quelli, da selezionare caso per caso ad opera del giudice, di lesione di valori della persona costituzionalmente protetti, non potendo il legislatore ordinario rifiutare, per la forza implicita nell'inviolabilità di detti diritti, la riparazione mediante indennizzo, che costituisce la forma minima ed essenziale di tutela. E, dunque, assume rilievo essenziale, non solo in relazione alla risarcibilità del danno non patrimoniale, ma anche, e prima ancora, ai fini della esperibilità dell'azione di responsabilità, l'indagine se il diritto oggetto di lesione sia riconducibile a quelli meritevoli di tutela secondo il parametro costituzionale. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Come già sottolineato nella sentenza della Cassazione, n. 9801 del 2005 - che ha ampliato le frontiere della responsabilità civile nelle relazioni familiari -, il principio di indefettibilità della tutela risarcitoria trova spazio applicativo anche all'interno dell'istituto familiare, pur in presenza di una specifica disciplina dello stesso, configurandosi la famiglia come sede di autorealizzazione e di crescita, segnata dal reciproco rispetto ed immune da ogni distinzione di ruoli, nell'ambito della quale i singoli componenti conservano le loro essenziali connotazioni e ricevono riconoscimento e tutela, prima ancora che come coniugi, come persone, in adesione al disposto dell'art. 2 Cost., che, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, delinea un sistema pluralistico ispirato al rispetto di tutte le aggregazioni sociali nelle quali la personalità di ogni individuo si esprime e si sviluppa (v., sul punto, anche la successiva Cass., sent. n. 18853 del 2011). E pertanto il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume i connotati di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia, così come da parte del terzo, costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo chiaramente ritenersi che diritti definiti come inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i loro titolari si pongano o meno all'interno di un contesto familiare. La richiamata sentenza ha altresì precisato che non vengono qui in rilievo i comportamenti di minima efficacia lesiva, suscettibili di trovare composizione all'interno della famiglia in forza di quello spirito di comprensione e tolleranza che è parte del dovere di reciproca assistenza, ma unicamente quelle condotte che per la loro intrinseca gravità si pongano come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona. Deve pertanto escludersi che la mera violazione dei doveri matrimoniali o anche la pronuncia di addebito della separazione possano di per sé ed automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria; così come deve affermarsi la necessità che sia accertato in giudizio il danno patrimoniale e non patrimoniale subito per effetto della lesione, nonché il nesso eziologico tra il fatto aggressivo ed il danno. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
La violazione dei diritti fondamentali della persona è configurabile anche all'interno di una unione di fatto, che abbia, beninteso, caratteristiche di serietà e stabilità, avuto riguardo alla irrinunciabilità del nucleo essenziale di tali diritti, riconosciuti, ai sensi dell'art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell'individuo (v., in tal senso, Cass., sent. n. 4184 del 2012). Del resto, ferma restando la ovvia diversità dei rapporti personali e patrimoniali nascenti dalla convivenza di fatto rispetto a quelli originati dal matrimonio, è noto che la legislazione si è andata progressivamente evolvendo verso un sempre più ampio riconoscimento, in specifici settori, della rilevanza della famiglia di fatto. Siffatto percorso è stato in qualche misura indicato, e sollecitato, dalla giurisprudenza costituzionale, la quale, già nella sentenza n. 237 del 1986, ebbe ad affermare che “un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare - anche a sommaria indagine - costituzionalmente irrilevante quando si abbia riguardo al rilievo offerto al riconoscimento delle formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche”. L'affermazione secondo la quale per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, si trova poi ribadita nella sentenza n. 138 del 2010. Analoghe considerazioni sono alla base delle pronunce della Cassazione che hanno, tra l'altro, riconosciuto il diritto del convivente di soggetto deceduto a causa di un terzo al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (v. sent. n. 12278 del 2011, n. 23725 del 2008), e attribuito rilievo, ai fini della cessazione (rectius: quiescenza) del diritto all'assegno di mantenimento o divorzile, ovvero ai fini della determinazione del relativo importo, alla instaurazione, da parte del coniuge (o ex coniuge) beneficiario dello stesso, di una famiglia, ancorché di fatto (v. sentt. n. 3923 del 2012, n. 17195 del 2011). Né può, infine, sottacersi l’interpretazione dell'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, il quale tutela il diritto alla vita familiare, fornita dalla Corte EDU, che ha chiarito che la nozione di famiglia cui fa riferimento tale disposizione non è limitata alle relazioni basate sul matrimonio, e può comprendere altri legami familiari di fatto, se le parti convivono fuori dal vincolo di coniugio (v., per tutte, sentenza 24 giugno 2010, Prima Sezione, caso Schalk e Kopft contro Austria). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 20 June 2013, n. 15481.
Monday 05 August 2013
Casa concessa dal terzo in comodato alla famiglia: la Cassazione chiede alle Sezioni Unite di mutare orientamento sulla possibilità del recesso ad nutum.
Separazione dei coniugi - Assegnazione in godimento dell'immobile di proprietà di un terzo, concesso in comodato alla coppia prima della separazione - Diritto del terzo proprietario di recedere ad nutum dal contratto di comodato - Rimessione alle sezioni unite..
La Terza Sezione della Corte di cassazione, chiamata a stabilire se sia corretta la decisione di merito, la quale neghi al proprietario di un immobile, concesso in comodato al proprio figlio e da questi adibito ad abitazione familiare, di esercitare il recesso ad nutum dal contratto dopo la separazione del figlio e l’assegnazione in godimento dell’abitazione familiare alla nuora, ha ritenuto non condivisibile la soluzione adottata al riguardo dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13063 del 2004 – secondo cui il diritto del proprietario non può essere esercitato sino a che duri la “funzionalizzazione” dell’immobile al suo scopo di abitazione domestica – ed ha nuovamente sottoposto il problema alle Sezioni Unite. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 17 June 2013, n. 15113.
Wednesday 11 September 2013
Casa concessa dal terzo in comodato alla famiglia: la Cassazione chiede alle Sezioni Unite di mutare orientamento sulla possibilità del recesso ad nutum.
Separazione dei coniugi - Assegnazione in godimento dell'immobile di proprietà di un terzo, concesso in comodato alla coppia prima della separazione - Diritto del terzo proprietario di recedere ad nutum dal contratto di comodato - Rimessione alle sezioni unite..
La Terza Sezione della Corte di cassazione, chiamata a stabilire se sia corretta la decisione di merito, la quale neghi al proprietario di un immobile, concesso in comodato al proprio figlio e da questi adibito ad abitazione familiare, di esercitare il recesso ad nutum dal contratto dopo la separazione del figlio e l’assegnazione in godimento dell’abitazione familiare alla nuora, ha ritenuto non condivisibile la soluzione adottata al riguardo dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13063 del 2004 – secondo cui il diritto del proprietario non può essere esercitato sino a che duri la “funzionalizzazione” dell’immobile al suo scopo di abitazione domestica – ed ha nuovamente sottoposto il problema alle Sezioni Unite. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 17 June 2013, n. 15113.
Monday 10 June 2013
Rettificazione di sesso e divorzio “imposto ex lege”: la Cassazione sospetta l’incostituzionalità.
Rettificazione di sesso – Effetti sul matrimonio preesistente – Automatico scioglimento del matrimonio pur in mancanza di pronuncia giudiziale espressa sul punto – Divorzio cd. imposto ex lege – Questione di legittimità costituzionale (Art. 4, l. 164/1982 – oggi art. 31 d.lgs. n. 150 del 2011; art. 69, d.P.R. 396/2000)..
Per effetto dell’art. 4 della legge n. 164 del 1982, l’ordine di annotazione della rettificazione di attribuzione di sesso determina l’obbligo di aggiornare anche il registro degli atti di matrimonio, mediante annotazione dello scioglimento del matrimonio (o della cessazione dei suoi effetti civili), che ne rappresenta un effetto automatico (a prescindere dalla domanda di parte). La norma succitata esclude, tuttavia, in questo modo, il diritto del soggetto che abbia mutato la propria identità di genere a conservare il preesistente vincolo matrimoniale così ponendosi in contrasto con il sistema costituzionale, integrato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, di riconoscimento e tutela del diritto alla autodeterminazione nelle scelte relative all’identità personale, di cui la sfera sessuale esprime un carattere costitutivo; del diritto alla conservazione della preesistenza dimensione relazione; del diritto a non essere ingiustificatamente discriminati rispetto a tutte le altre coppie coniugate, alle quali è riconosciuta la possibilità in ordine al divorzio; del diritto dell’altro coniuge a scegliere se continuare la relazione coniugale. Per questi motivi va sollevata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4 legge 164/1982, 36 d.lgs 150/2011, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 29, 117 Cost., 8, 12 CEDU. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 06 June 2013, n. 14329.
Wednesday 12 June 2013
Indagini di polizia tributaria: discrezionali nel giudizio divorzile.
Divorzio – Assegno divorzile – Indagini di Polizia tributaria – Discrezionalità del giudice – Sussiste (Art. 5, legge 898/1970)..
Il giudice del merito ove ritenga "aliunde" raggiunta la prova dell'insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può procedere al rigetto dell'istanza senza disporre preventivamente accertamenti officiosi attraverso la polizia tributaria, atteso che l'esercizio di tale potere rientra nella discrezionalità del giudice, non trattandosi di un adempimento imposto dall'istanza di parte (Cass. 9861 del 2006), purché sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell'iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti (Cass. 16575 del 2008). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 06 June 2013, n. 14336.
Wednesday 25 September 2013
Omesso mantenimento del figlio maggiorenne: la Cassazione delinea i confini tra l’inadempimento che ha conseguenze penali (570 c.p.) e quello che resta mero illecito civile.
Figli maggiorenni – Obbligo del mantenimento – Omissione – Responsabilità civile e penale – Differenze – Maggiorenne portatore di handicap – Maggiorenne inabile al lavoro – Rilevanza ai fini della responsabilità penale – Sussiste..
Integra il reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli di "età minore" ovvero maggiorenni "inabili a lavoro". L'obbligo, penalmente sanzionato, di prestare i mezzi di sussistenza ha dunque un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile. Il genitore separato, infatti, è obbligato ex art. 155 quinquies c.c. a concorrere al mantenimento del figlio anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo; obbligo che perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica (Sez., I, civile, 8 febbraio 2012, n. 1773; Sez. VI, civile, 15 febbraio 2012, n. 2171). Per i figli maggiorenni, portatori handicap grave, il secondo comma del citato art. 155 quinquies prevede l'applicazione delle disposizione stabilite in favore dei figli minori. Posto che la lettera della norma fornisce "la cornice" per l'interpretazione del precetto penale e all'interno di essa va ricercato il significato della disposizione, ne discende che la "inabilità al lavoro" dei figli maggiorenni è condizione imprescindibile per la configurabilità del reato previsto dall'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p.. "Inabile al lavoro" è la persona che abbia una "totale e permanente inabilità lavorativa" ex art. 2 e 12 legge n. 118 del 1971. Mentre, la persona cui sia riscontrata una "invalidità" che comporti una riduzione permanente della "capacità lavorativa" inferiore o pari al 74% non può essere annoverata tra gli "inabili al lavoro" (artt. 2 e 13 Legge 118 del 1971 e art. 9 d.lgs. 509 del 1988. In tal caso, la violazione dell'obbligo di corrispondere al figlio maggiorenne un eventuale assegno di mantenimento integra un illecito civile. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 30 May 2013, n. 23581.
Wednesday 29 May 2013
Sui rapporti tra assegno di mantenimento ed assegni familiari.
Assegni familiari – In favore del figlio minore – In favore del coniuge – Silenzio dell’accordo dei partners o del provvedimento giudiziale – Disciplina giuridica (art. 211 l. 151/1975).
Figli nati dalla nuova unione dell’onerato – Incidenza sull’assegno di mantenimento – Rilevanza dell’apporto della nuova compagna – Sussiste (155 c.c.)..
Il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell'art. 211 della legge 19 maggio 1975 n. 151, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all'altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest'ultimo sia parte, indipendentemente dall'ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge, consensualmente o giudizialmente separato invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 cod. civ., con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti in sede di separazione consensuale (ovvero è stato stabilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersi che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata. (Sez. 1, Sentenza n. 5060 del 02/04/2003; Sez. U, Sentenza n. 5135 del 27/11/1989). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Sulla determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato e della prole, incidono gli ulteriori oneri derivanti a carico dell’onerato, in conseguenza della nascita di figli non matrimoniali nati da una successiva unione: l’incidenza, tuttavia, non conduce necessariamente ad una riduzione dell’importo dove venga preso in considerazione l’apporto economico della nuova compagna dell'obbligato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 23 May 2013, n. 12770.
Thursday 30 May 2013
Assegno di mantenimento: incidenza dei nuovi figli e dei nuovi partners.
Assegni familiari – In favore del figlio minore – In favore del coniuge – Silenzio dell’accordo dei partners o del provvedimento giudiziale – Disciplina giuridica (art. 211 l. 151/1975).
Figli nati dalla nuova unione dell’onerato – Incidenza sull’assegno di mantenimento – Rilevanza dell’apporto della nuova compagna – Sussiste (155 c.c.)..
Il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell'art. 211 della legge 19 maggio 1975 n. 151, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all'altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest'ultimo sia parte, indipendentemente dall'ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge, consensualmente o giudizialmente separato invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 cod. civ., con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti in sede di separazione consensuale (ovvero è stato stabilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersi che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata. (Sez. 1, Sentenza n. 5060 del 02/04/2003; Sez. U, Sentenza n. 5135 del 27/11/1989). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Sulla determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato e della prole, incidono gli ulteriori oneri derivanti a carico dell’onerato, in conseguenza della nascita di figli non matrimoniali nati da una successiva unione: l’incidenza, tuttavia, non conduce necessariamente ad una riduzione dell’importo dove venga preso in considerazione l’apporto economico della nuova compagna dell'obbligato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 23 May 2013, n. 12770.
Wednesday 06 November 2013
Assegno di mantenimento: incidenza dei nuovi figli e dei nuovi partners.
Assegni familiari – In favore del figlio minore – In favore del coniuge – Silenzio dell’accordo dei partners o del provvedimento giudiziale – Disciplina giuridica.
Figli nati dalla nuova unione dell’onerato – Incidenza sull’assegno di mantenimento – Rilevanza dell’apporto della nuova compagna – Sussiste..
Il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell'art. 211 della legge 19 maggio 1975 n. 151, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all'altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest'ultimo sia parte, indipendentemente dall'ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge, consensualmente o giudizialmente separato invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 cod. civ., con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti in sede di separazione consensuale (ovvero è stato stabilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersi che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata” (Sez. 1, Sentenza n. 5060 del 02/04/2003; Sez. U, Sentenza n. 5135 del 27/11/1989). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Sulla determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato e della prole, incidono gli ulteriori oneri derivanti a carico dell’onerato, in conseguenza della nascita di figli non matrimoniali nati da una successiva unione: l’incidenza, tuttavia, non conduce necessariamente ad una riduzione dell’importo dove venga preso in considerazione l’apporto economico della nuova compagna dell'obbligato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 23 May 2013, n. 12770.
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